Benedetto XV fu eletto papa poche settimane dopo l'inizio
della prima guerra mondiale. L'elezione a papa di un
cardinale nominato da soli tre mesi fu un evento
eccezionale. Consapevole della gravità del momento, decise
che l'incoronazione si tenesse non nella Basilica di San
Pietro ma, più modestamente, nella Cappella Sistina. Durante
la prima guerra mondiale elaborò diverse proposte di pace.
Nella sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum
principis, pubblicata già il 1 0 novembre 1914, si
appellò ai governanti delle nazioni per far tacere le armi e
mettere fine allo spargimento di tanto sangue umano. Con
l'entrata in guerra anche del Regno d'Italia il 24 maggio
1915, la Santa Sede, chiusa e «prigioniera» in Vaticano,
rimase ulteriormente isolata con la dipartita degli
ambasciatori degli Stati esteri. Egli non poté far altro che
constatare amaramente l'ulteriore allargamento del conflitto
internazionale, la cui causa ultima era — a suo dire, e
secondo un'interpretazione largamente diffusa all'interno
della curia — la diffusione dell'individualismo liberale e
quel processo di secolarizzazione che vedeva l'abbandono da
parte delle società contemporanee delle linee guida della
Chiesa cattolica.
Durante
tutto il conflitto non smise di inviare proclami per la pace
e per una risoluzione diplomatica della guerra, oltre a
fornire aiuti concreti alle popolazioni civili colpite, tra
cui servizi di soccorso per i feriti, i rifugiati e gli
orfani di guerra. Tra tali aiuti — il cui costo portò il
Vaticano sull'orlo della bancarotta — va ricordata anche
l'apertura di un ufficio in Vaticano, l'Opera dei
prigionieri, finalizzato alle comunicazioni e al
ricongiungimento dei prigionieri di guerra con i loro
familiari. In campo diplomatico, nell'aprile e nel maggio
1915, cercò di operare come intermediario tra l'Austria-Ungheria
e l'Italia per evitare che la seconda dichiarasse guerra
alla prima; tra fine 1916 e inizio 1917 si adoperò come
tramite fra alcune potenze dell'Intesa e il nuovo
imperatore, il beato Carlo I d'Austria (del quale egualmente
quest'anno ricorre il centenario della morte) e nella
primavera del 1917 si appellò al presidente degli Stati
Uniti Woodrow Wilson nel tentativo di prevenire l'entrata in
guerra dell'America. Il suo tentativo più audace per fermare
il conflitto e indurre i capi delle potenze belligeranti a
riunirsi intorno a un tavolo di pace è tuttavia la Nota del
1 0 agosto 1917, una lettera comunemente ricordata per aver
definito la guerra come «inutile strage». Va a lui
attribuita anche l'espressione, sempre al riguardo dello
stesso argomento, della guerra come «suicidio dell 'Europa
civile». Tuttavia, va detto, la risposta delle nazioni
belligeranti fu negativa. Il pontefice fu profondamente
deluso dal fallimento della sua missiva di pace e dalle
reazioni pubbliche negative che otterme. Volta al
ristabilimento della concordia internazionale e all'«amore
per il nemico» fu la promozione, da parte di Benedetto XV,
del culto al Cuore di Gesù. La preghiera al Sacro Cuore fu
da lui personalmente composta nel 1915. Al termine del
conflitto il Papa si adoperò per riorganizzare la Chiesa nel
nuovo contesto mondiale. Riallacciò le relazioni
diplomatiche con la Francia — con cui i rapporti si erano
drasticamente deteriorati a causa della Legge di separazione
tra Stato e Chiesa (1905) —, anche grazie all'apprezzato
gesto simbolico della canonizzazione di Giovanna d'Arco, e
con altre nazioni. Se all'inizio del papato Benedetto XV
poteva contare su relazioni diplomatiche con 17 stati, sette
anni dopo questi erano saliti a 27. Secondo il Papa, per
realizzare la riconciliazione c'è bisogno della fede: «A
risanar le ferite del genere umano, è necessario che vi
appresti la sua mano Gesù Cristo, di cui il samaritano era
la figura e I 'immagine». Durante il suo pontificato,
nell'impero ottomano si verificarono tragici massacri di
cittadini cristiani e Benedetto XV cercò di sostenere in
tutti i modi questi perseguitati, con la parola, con
l'azione caritatevole e con quella diplomatica. Cercò in
particolare di evitare, soprattutto tramite il suo
segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, il genocidio
degli armeni in Anatolia nel 1915 e giunse a rivolgersi
direttamente al Sultano nel tentativo di fermare il
genocidio. Questo non impedì che a Istanbul, nel 1919, fosse
eretta in suo onore una statua di sette metri con la scritta
«Al grande Pontefice della tragedia mondiale, Benedetto XV,
benefattore dei popoli, senza distinzione di nazionalità o
religione, in segno di riconoscenza, Benedetto XV nel suo
studio l'Oriente». Ciò fu probabilmente dovuto all'attività
di soccorso dei feriti e dei rifugiati durante la guerra,
che valse al Vaticano il soprannome di "Seconda Croce
Rossa". Benedetto XV è all'origine della rifondazione
dell'attività missionaria della Chiesa dell' inizio del
novecento. Nel 1915 istituì la Giornata mondiale del
Migrante e del Rifugiato. La lettera apostolica Maximum
illud del 1919 favorì un nuovo impulso alle missioni, con un
preciso orientamento volto alla comunicazione del Vangelo e
al distacco dagli interessi politici delle potenze. Si
ricollega a questa visione il tentativo di aprire una
nunziatura a Pechino, a fronte della politica delle potenze
europee in quell' area, che rappresentava un forte
impedimento all'evangelizzazione. Il Papa riuscì a stabilire
una delegazione in Cina, la quale avviò il rinnovamento del
cattolicesimo locale. Sulla stessa linea s'impegnò per
l'Oriente cattolico e fondò nel 1917 la Congregazione per le
Chiese orientali, volta a difendere i diritti, finanche
l'esistenza stessa, dei rami orientali della Chiesa
cattolica. Benedetto XV, in generale, si mosse con grande
rispetto per i diversi popoli a cui la Chiesa si rivolgeva.
Per lui il missionario non era portatore di interessi di
parte, ma del Vangelo: «E necessario che chi predica il
Vangelo sia uomo di Dio»
Nel 1917 promulgò la prima edizione del Codice di diritto
canonico, che rafforzò l' autorità del papato e della curia
romana sulla Chiesa, e che rimarrà in vigore fino alla
riforma del 1983. Curò lo sviluppo degli studi
ecclesiastici, e in tal senso decretò l'istituzione della
Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Progettò un
catechismo universale, volto a superare le divisioni
esistenti tra le varie chiese nazionali, che non sarà però
pubblicato fino al 1993. Nel 1920 proclamò santa Giovanna
d'Arco. Il 28 luglio dello stesso anno scelse sant'Antonio
da Padova quale patrono della Custodia di Terra Santa.
Durante il suo pontificato, inoltre, si sbloccò la causa di
beatificazione del cardinale Bellarmino. Nelle relazioni con
il Regno d'Italia s' impegnò ad allentare l' intransigente
boicottaggio nei suoi confronti; per quanto riguarda la
politica interna italiana non soltanto levò in pratica il
"non expedit", ma supportò la formazione di un partito con
ispirazione cristiana, il Partito Popolare Italiano. Rifiutò
teoria e pratica della lotta di classe considerando il
socialismo «nemico» della Chiesa, e sembra che prima della
morte stesse preparando un'enciclica su tale tema. Gli
ultimi anni del pontificato furono, infatti, in lui segnati
dall'inquietudine verso la minaccia rivoluzionaria, resa
possibile dalla miseria causata dalla guerra e dalla durezza
dei trattati di pace nei confronti delle nazioni sconfitte.
Riconobbe comunque il legittimo diritto dei lavoratori a
organizzarsi in sindacati, pur non sistematizzando una vera
e propria dottrina sociale cattolica, come aveva fatto Leone
XIII.
Una mattina di gennaio papa Benedetto XV uscì molto presto
per recarsi nella basilica vaticana e attese l'apertura
della stessa, esponendosi al freddo. Questa è ritenuta da
molti la causa della broncopolmonite di cui il Pontefice
morì il 22 gennaio 1922 all'età di sessantasette anni. Il 6
febbraio dello stesso anno papa Pio XI ne divenne il
successore. |