EUGENIO
MONTALE
Voglio
ricordare un grande poeta, EUGENIO MONTALE, nato a Genova il 12 ottobre
1896 e vissuto tra la sua città natale e Monterosso fino al 1926.
Nel
1967 è stato nominato senatore a vita, ha ricevuto il premio Nobel per la
letteratura nel 1975 ed ha avuto
molte altre onorificenze . E’ morto a Milano il 12 settembre
1981; con lui la storia
letteraria ligure arriva al suo momento di maggior pienezza.
L'opera di Montale ha nella
letteratura del novecento un posto centrale, è stata tradotta in diverse
lingue, anche in cinese ed in romeno, ed ancora la stanno traducendo.
Leggendo le sue poesie ho capito che
era una persona che ha sofferto e lo sento molto vicino.
Fu un uomo angosciato e per
esternare il tormento
scrisse episodi della sua vita, mettendo così al servizio
dell’umanità il proprio talento.
Il grande dolore si manifesta nei versi
in cui si rivolge alla
moglie morta, Drusilla Tanzi, che chiama mosca e nell’ultima poesia della raccolta XENIA
fa una commossa rivendicazione della sofferenza.
I versi scritti da Eugenio Montale durante
la sua gioventù rievocano la
Liguria di Levante. In essi si è interrogato di fronte ai fenomeni della
natura ligure in cui sente un legame
biografico, che lo lega al paesaggio familiare delle Cinque Terre,
ai semplici sentimenti umani e agli oggetti.
Il suo mondo poetico, la sua certezza esteriore è proprio il paesaggio
natio che egli
trasforma in emozioni. Viene da lui esaminato
con la stessa attenzione di
chi spia,
nella speranza che esso possa tradire il suo segreto e lo riveli
attraverso un miracolo. Lo
osserva, si riconosce nella natura ed in essa legge la sua storia, insieme
al suo destino.
Nel libro OSSI DI SEPPIA le poesie sono quadretti descrittivi di colore,
ma c'è sovente un arcano senso di tristezza e di pessimismo. La speranza però, sopravvive e si fa più evidente nei versi
dedicati al mare, visto come
termine positivo.
Il paesaggio esteriore diventa per il
poeta, innamorato delle Cinque Terre, lo
specchio di quello interiore.
Egli fa uso di termini dialettali e
le descrizioni paesaggistiche colgono
l'ambiente ligure
nella sua asprezza.
Dalla raccolta MEDITERRANEO
scaturisce una forza di potenza naturale. IL paesaggio tormentato
dalle onde, i risucchi e le
risacche dell'acqua gli sono
familiari.
Scrivendo sul mare, egli intravede la propria storia personale, i
propri orgogli giovanili e sente una
corrispondenza simbolica con il Mediterraneo.
Il poeta è
nato sulle sue rive , si è bagnato nei suoi flutti ed ha negli
orecchi il suo rumore con cui s'intende, tanto da
diventare per lui
un canto continuo, ed infine ha la possibilità di mettere in moto
la sua ispirazione.
Il mare è il poeta
stesso, non come personificazione, ma come corrispondenza simbolica con il
Mediterraneo.
I versi aspri e secchi, quando
descrive gli oggetti ed il mondo poetico esteriore,
parlano in OSSI DI
SEPPIA della Riviera di Levante.
Il titolo fu preso quasi come simbolo di uno
stato di malessere morale, diventando un nuovo genere letterario:
qualcosa di scarnito fino all’osso.
Il pietroso paesaggio delle Cinque Terre riflette il sentimento di Eugenio
Montale, quel “male di vivere”, quella coscienza della sconfitta
dell'uomo irrimediabilmente prigioniero di un mondo di
cui gli sfuggono le premesse e le conseguenze.
La natura della Liguria non
è solo un serbatoio di similitudini,
di metafore, ma è anche un problema.
Breve, sassosa e tormentata riguardo la terra,
infinita e uniforme riguardo al mare.
C’è una perfetta concordanza tra quegli scogli, quelle ripe
spaccate e quel mare fermo e mutevole.
Molti di questi temi, dopo aver lasciato Genova, saranno presenti
nelle opere successive di Eugenio Montale.
Ho
scelto alcune poesie tratte dalla
raccolta: OSSI DI SEPPIA che raffigurano
la Liguria di Levante tanto amata dal poeta. Scriverò solo
i titoli e farò una mia breve presentazione.
XXXXXXX
I LIMONI
(Per
Eugenio Montale i limoni sono la ricchezza del paesaggio ligure; il loro
profumo avvolge i segreti della natura ed il sole
riesce a sciogliere in un canto la tristezza del cuore. Nel
silenzio in cui le cose sembrano tradire il loro segreto, egli cerca di
scoprire in uno sbaglio di Natura, nell'anello che non tiene, il senso
della Natura trascendente).
CORNO
INGLESE
(Il
vento suona gli strumenti degli alberi ed il mare la tromba, il poeta
vorrebbe che il vento suonasse lo
strumento del suo cuore)
MERIGGIARE
PALLIDO E ASSORTO
(In
questa lirica, il paesaggio assolato e aspro della Riviera di Levante
diviene per Montale una allegoria della difficoltà
di vivere; anche il suono dei versi è scabro e sillabato)
PORTAMI
IL GIRASOLE
(Il
girasole è un fiore che riesce a vivere nei terreni arsi dalla salsedine
ed il poeta vuole piantarlo perchè ha bisogno della luce di cui questo
fiore è il simbolo)
LA’
FUORESCE IL TRITONE
(In
questi versi parla di Portovenere, ed immagina che una divinità antica
esca dal mare presso la chiesa di san Pietro. Qui egli sta vivendo
la gioventù, ma dovrà andar via perchè deve costruirsi un futuro)
SUL
MURO GRAFITO
(Per il
poeta il muro e le banchine sono come una barriera, una stasi che frena il
movimento nella vita ed il futuro gli appare stagnante.)
FINE
DELL’INFANZIA
(In
questi versi descrive i ricordi di quando era ragazzo a
Monterosso: la sua casa, il cortile, la natura stretta tra i monti ed il mare, i suoi
giochi infantili. L'illusione della fanciullezza è però finita ed aspettare il futuro lo spaventa
come l'attesa del vento dopo
la bonaccia)
RIVIERE
(insieme
a MERIGGIARE, Eugenio Montale racconta quanto in precedenza era stato
oggetto di rappresentazione distaccata o di riflessione e sugella il
libro, pur stando cronologicamente all'origine
di questa raccolta poetica) |