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L’EBRAISMO: UN INCONTRO
conferenza
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
15 ottobre 2003

Prima di tutto ringrazio le consorelle della confraternita della Madonna della Misericordia che mi hanno chiesto di preparare queste conferenze in cui parlerò alternandomi con due mie amiche ebree: Lea Sestieri e Lilli Spizzichino.
Sono contenta di avere organizzato le riunioni e di trovarmi tra voi per comunicarvi le mie emozioni nell’affrontare quest’incontro con l’ebraismo!
L’argomento è variegato ed io cercherò di indicare alcuni punti, per poi svilupparli in base ai vostri interventi. Il mio sarà un discorso propedeutico per cercare di delineare questo approccio come un momento di chiarimento di tanti dubbi e di una reciproca riflessione sull’ebraismo.
Inizierò con un passo del Talmud (TB shabat 31a) .
Un giorno, un non-ebreo si rivolge al rabbino del Talmud, Shammai, la cui scuola del I secolo a.C., era molto rigorosa, e gli chiede:“Senti, Shammai, io vorrei conoscere l’ebraismo nel tempo in cui posso stare su un piede solo”. Il maestro lo caccia dalla sua stanza dicendogli: “lascia perdere.”
Allora il non-ebreo va all’altra scuola molto più aperta e pone la stessa domanda a Hillel, che non lo caccia, ma gli dice: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Questo è il principio fondamentale dell’ebraismo, il resto è soltanto commento; va e studia”.
Hillel è  riuscito a condensare in questa frase il messaggio dell’ebraismo ( “la regola d’oro”): cioè “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”; ma egli non si limita a questo, aggiunge: “il resto è  soltanto commento, va e studia”, perchè “ il resto” è  parte integrante di quanto detto prima; infatti “il commento” è  la trasmissione indispensabile per “il principio fondamentale dell’ebraismo”, così come “lo studio”.
E’interessante conoscere in quale modo si realizza, anche oggi, per gli ebrei il rapporto con Dio. Prima di tutto attraverso la lettura della Bibbia accompagnata poi dallo studio. I rabbini dicono che è bene dividere la giornata in 3 parti: 8 ore dedicate al sonno, 8 all’attività lavorativa ed 8 alla lettura ed allo studio. Inoltre consigliano di stabilire dei tempi fissi in cui si studia la Torah. Infatti è meglio non lasciare al caso i momenti di spiritualità e di studio, ma stabilire giorno per giorno periodi fissi in cui approfondire, leggere e studiare argomenti legati alla Torah, all’ebraismo, alla religione, alla vita ebraica. E’ un arricchimento personale e serve per essere pronti a tramandare gli insegnamenti alle generazioni future, ma specialmente ai figli.
Gli ebrei studiano molto la Torah ed il Talmud, per poi dialogare tra di loro, e confrontarsi.
La Torah (legge/insegnamento)ed in greco Pentateuco, è formata dai primi 5 libri della Bibbia e per estensione, designa tutta La Bibbia ebraica.
Il Talmud ( studio) è il nome di 2 raccolte di opinioni e discussioni rabbiniche sull’insieme della legge ebraica. Il Talmud di Gerusalemme è anteriore al 400 ed il Talmud di Babilonia, fu scritto tra il 200 ed il 500. Quest’ultimo è il più vasto ed il più importante, un gigantesco commento della legge ebraica.
Ebrei sono tutti coloro che nascono da madre ebrea o che si sono convertiti.
Nella Bibbia sono designati come i discendenti di Eber, pronipote di Sem (Gn 10,21). Abramo è definito “l’ebreo” (Gn14,13). In seguito il nome viene usato come sinonimo di israeliti, figli di Israele. Nome dato a Giacobbe dopo la sua lotta con il misterioso aggressore notturno (Gn 32,29). Oggi si chiamano Israeliani solo gli ebrei, i cristiani ed i mussulmani che vivono ed hanno la cittadinanza di Israele.
Giudei (in ebraico yehudi); questo nome non viene più usato in Italia, perchè  ha conservato una connotazione dispregiativa a causa di Giuda che denunciò Gesù e gli ebrei non vogliono più sentirsi chiamare così.
Lungo la loro storia essi hanno rivelato fino ai nostri giorni una meravigliosa forza di autoconservazione, coltivata nelle condizioni più difficili. Si considerano il popolo liberato dal Signore. "Popolo di Dio" è il termine con cui più frequentemente le tribù israelitiche designavano se stesse e nella logica di questa esperienza gli ebrei si valutano "il popolo eletto". Non per un’autoelezione, ma unicamente per un’azione di Dio. Essi devono diventare una benedizione per gli altri popoli ed accettare l’obbligo di un obbediente adempimento alle condizioni dell’alleanza. Infatti l’idea che sia il popolo scelto da Dio si basa sull’Alleanza stretta fra Dio ed Abramo (Gn 15) e rinnovata al monte Sinai con Mosè.
Purtroppo Israele ha mancato alcune volte nei confronti della sua chiamata e dei suoi impegni, ma Dio lo ha sempre preservato dalla rovina e dall’estinzione.
Faccio parte da molti anni dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Roma ed ho molti amici e conoscenti ebrei da cui ho avuto gli insegnamenti attraverso le conferenze ed i colloqui personali durante i quali chiedevo spiegazioni.
Da anni questa associazione lavora perchè  le due religioni s’incontrino ed i cristiani riscoprano il mistero di Israele riconoscendo i valori umani, spirituali e religiosi del popolo ebraico.
E’ essenziale studiare l’ebraismo, perchè  così si può beneficiare dei contributi preziosi della radice ebraica (cf Rm 11,16-18). Dialogare, tenendo conto degli elementi comuni e delle differenze, permette ai cristiani di porsi in una linea di continuità-diversità riguardo all’interpretazione ebraica delle Scritture. Uno scambio con gli ebrei è importante perchè  aiuta a comprenderli. Leggere i loro libri sacri, incontrarli per parlare del passato, dei propri sentimenti e delle proprie speranze serve ad una conoscenza reciproca e ad essere in relazione con loro, perchè  noi cristiani facciamo parte dello stesso popolo di Dio.
Il Concilio Vaticano II nella “Nostra Aetate”al n.4 afferma: “Scrutando il mistero della Chiesa, il Concilio ricorda il legame che unisce spiritualmente il popolo del Nuovo Testamento con la discendenza di Abramo”.
Il Cristo, Sua madre, Suo padre, gli apostoli erano ebrei e praticavano la religione ebraica.
Gesù, dopo 8 giorni dalla nascita, ha ricevuto (Lc 2,21) la "milah" ( circoncisione) e durante la cerimonia gli è stato imposto il nome con cui l’angelo Gabriele l’aveva chiamato prima di essere concepito (Lc 1,26-31). A tutt’oggi, ogni maschio ebreo viene circonciso nell’ottavo giorno dalla nascita. Da quel momento in poi avrà sulla sua pelle il segno del patto stabilito fra Dio e la discendenza di Abramo (Gn 17,11-12) e farà parte del popolo d’Israele.
Nel IV mistero gaudioso del rosario: “la presentazione di Gesù al Tempio”: Maria e Giuseppe, seguendo la legge ebraica, portano Gesù a Gerusalemme, offrendolo a Dio come è scritto in Esodo13,2: “Il Signore disse a Mosè:<consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliani ...... esso appartiene a me>”.
Nel V mistero gaudioso:“ il ritrovamento di Gesù nel Tempio”. Egli andò a 12 anni con i genitori in pellegrinaggio a Gerusalemme per festeggiare Pesach (Pasqua ebraica) . Al ritorno vi rimase senza che Maria e Giuseppe se ne accorgessero.Lo ritrovarono nel Tempio mentre ascoltava ed interrogava i dottori della legge . Da questo racconto di Luca (cf Lc 2,41-50) si capisce che Gesù, a 12 anni, con una cerimonia era diventato "Bar mitzwah" (figlio del precetto). Il termine indica il conseguimento della maturità giuridica e religiosa e al tempo stesso è una celebrazione che segna questo momento della vita. Da ora in poi il ragazzo osserva i precetti ed in sinagoga viene chiamato alla lettura di un passo della Torah. Anche oggi, il ragazzo ebreo a 13 anni diventa "Bar mitzwah"!
Nel V mistero luminoso: “Gesù istituisce l’Eucarestia” il Maestro ed i suoi discepoli stanno tutti insieme a tavola, per il pranzo tradizionale ebraico di "Pesach," durante il quale “Cristo si fa nutrimento con il suo Corpo ed il suo Sangue sotto i segni del pane e del vino”(Rosarium Virginis Mariae n.21).
Prima di morire <Verso le tre, Gesù gridò a gran voce:“Eli, Eli, lemà sabactàni?” che significa “Dio mio, Dio mio perchè  mi hai abbandonato?”(Mt 27,46)>. Il Cristo, prima di morire, ha voluto recitare in aramaico il salmo 22. Per gli ebrei basta che inizino un salmo perchè  sia detto tutto. Perciò Egli, morendo, ha detto anche: “Ma tu Signore non stare lontano,/mia forza, accorri in mio aiuto./...Lodate il Signore...perchè  egli non ha disprezzato/nè  sdegnato l’afflizione del misero,/non gli ha nascosto il suo volto,/ma al suo grido di aiuto lo ha esaudito.” (Sal 22,20;24-25)
Sono stata ad Auschwitz e nello smisurato silenzio vicino alle camere a gas mi sono messa a pregare, mentre le lacrime mi cadevano dagli occhi All’ingresso del Memoriale degli italiani ho letto le parole di Primo Levi:
“Visitatore, osserva le vestigie di questo campo e medita. Da qualunque parte tu venga, tu non sei un estraneo. Fa’ che il tuo viaggio non sia inutile, che non sia inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento. Fa’ che il frutto orrendo dell’odio di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme nè  domani nè  mai”. Queste parole mi hanno turbata!
La visita al campo di sterminio e le testimonianze dalla viva voce di alcuni ebrei reduci da questi campi mi hanno spinto a combattere il razzismo, ma in particolare l’antisemitismo perchè  è un crimine contro Dio e contro l’uomo che non sarà mai abbastanza deprecato.
Essere contro l’antisemitismo non basta, bisogna piuttosto essere in maniera conseguente e programmatica,“per” il popolo ebraico, per la sua cultura, per i suoi valori, per la sua ricchezza umana e spirituale, per la sua storia e per la sua straordinaria testimonianza religiosa. Perciò dobbiamo studiare i loro libri, divulgarli, farli conoscere nel loro fascino. Solo in questo modo verranno superati i pregiudizi dettati dall’ignoranza. Si è“ contro” quando non si conosce e quando non si ha la possibilità di apprezzare e di amare, così ha sempre detto e scritto il Cardinale Carlo Maria Martini.
Stiamo allargandoci come europei e dobbiamo purificarci interiormente nei confronti del popolo ebraico. Non basta combattere i pregiudizi: occorre superarli attraverso la stima e la conoscenza dei grandi valori della tradizione ebraica. Bisogna considerare con profondo dolore il rifiuto verso gli ebrei da parte dell’Europa che ha portato alla Shoah (sterminio): vertice terribile dell’antisemitismo. Quello che è accaduto graverà per sempre sulla coscienza europea.
E’ sbagliato dire o scrivere: “olocausto”, perchè  questo termine designava in origine il sacrificio di animali offerti dagli ebrei a Dio nel Tempio ed interamente bruciati dal fuoco. Per non assegnare a questa immane tragedia un significato di ordine teologico, è preferibile usare o il termine ebraico shoah o la parola “sterminio”
Un grande esempio ci è stato dato da Giovanni Paolo II quando ha riconosciuto le nostre colpe ed ha chiesto perdono agli ebrei in San Pietro durante il Giubileo. Io ero presente profondamente commossa e nello stesso tempo felice di quel gesto.
Quando questo Papa è andato in Israele ha voluto recarsi a Gerusalemme al Muro occidentale (o del pianto, perchè  è quanto è  rimasto del Tempio) per pregare e mettere, tra una pietra e l’altra, il foglietto dov’era scritta la domanda di perdono.
Vorrei suggerirvi di andare in Israele, appena ci sarà la pace, ma specialmente a Gerusalemme. E’ importante visitare anche Jad Wa-Shem, il museo della Shoah costruito sul Monte Herzl. Ci sono stata e la sala della memoria l’ho visitata in un religioso silenzio, ma quello che mi ha impressionato è il memoriale dei bambini (1 milione e mezzo) morti nei campi di concentramento. In una stanza buia una piramide di vetro riflette 3 luci facendole diventare tante e nel silenzio si sentono continuamente ripetere ad alta voce i nomi dei bambini nella lingua del loro paese. Infine ho percorso il viale dei Gentili-giusti. Sotto ogni albero c’è una targa con scritto il nome della persona che ha salvato uno o più ebrei durante l’ultima guerra. Sono stata contenta di leggere molti cognomi italiani!
Sulla strada tra Gerusalemme e Tel Aviv c'è un gruppo di case: "Nevè Shalom/Waat as Salaam”(oasi di pace) dove vivono insieme musulmani, ebrei e cristiani-israeliani. E’ nato dall’impegno e dalla fede nel dialogo di padre Bruno Hussar, un domenicano, che aveva fatto un“ sogno” ...e si è avverato nel 1969 con la nascita del villaggio il cui nome è preso da un versetto del libro di Isaia (32,18)“ il mio popolo abiterà un’oasi di pace”.
Ho conosciuto a Roma padre Bruno, sono stata a Nevè  Shalom ed ho potuto constatare come il suo “sogno vivente di pace” è una meravigliosa realtà.
Ho visitato “La scuola per la pace, iniziata nel 1979, alle cui lezioni possono partecipare tutti, ma specialmente i musulmani e gli ebrei. I professori insegnano ad ascoltare l’altro per poi accettarlo, non come vorremmo che fosse, ma come realmente è ed iniziare, appena ritornati a casa, la via della pace. Questo Villaggio viene anche aiutato finanziariamente dall’associazione degli “Amici di Nevè Shalom/Waat as Salaam”, di cui faccio parte dal 1989.
Sulla collina vicino alle abitazioni vi è un luogo molto speciale. E’ quello riservato al silenzio, dove è stata costruita una cupola bianca, con una finestra ed una porta nel cui interno vi sono tappeti e cuscini per sedersi. Si chiama “Dumia” (il Silenzio profondo), il simbolo della pienezza e dell’unità. Si tace in un atteggiamento di attesa e di fiducia e ci si sente uniti al di là delle separazioni ideologiche e religiose. Infatti, come diceva Padre Bruno: “qui ogni fede si trova a suo agio, perchè  il Silenzio è lo spazio dell’uomo universale”. In ebraico “Dumia” è quel silenzio profondo nel quale il profeta Elia sul monte Oreb riconosce la presenza di Dio (1 Re 19,12) e di cui parla anche il salmo 65 al versetto 2: “Per te,o Dio, il silenzio (dumia) è la lode, o Dio, in Sion”. Questo dovrà avvenire per tutti gli abitanti: ebrei,cristiani e mussulmani in Gerusalemme.
La preghiera fondamentale dell’ebraismo, essenziale per capire la tradizione ebraica è ”Shemah”, e si legge in Deuteronomio 6,4: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore”.
Per l’ebreo, ogni momento ed ogni condizione di vita sono delle possibilità per adorare il Signore e dire una Benedizione. La "berakhah" è una forma di ringraziamento e di lode usata nella preghiera tanto collettiva quanto individuale. Dicono i maestri che una persona dovrebbe recitare 100 benedizioni al giorno, in occasione di ogni piccolo o grande momento della sua vita!
Noi dovremmo conoscere le preghiere, la spiritualità dell’ ebreo ed il valore della sua conversione del cuore ( "tesuvah"). E’ una preparazione spirituale in cui l’ebreo è obbligato: prima a riconciliarsi con il prossimo e poi a fare un’introspezione spirituale, ma anche morale, perchè  deve comprendere bene quali sono stati i suoi rapporti con gli altri, a cui deve chiedere scusa per i comportamenti non adeguati che ha avuto verso di loro. Solo dopo si può riconciliare con Dio.
Fare "tesuvah" è  pentirsi, è un ritornare ad una spiritualità che si deve rivalutare ogni anno a "Yom Kippur "(giorno dell’espiazione), è  un giorno solenne di digiuno, l’ultimo dei 10 giorni penitenziali, che iniziano dopo "Rosh ha-Shannah" il capodanno ebraico. E’ un requisito essenziale per ottenere il perdono divino ed indica il percorso spirituale a ritroso, un ripensamento dei propri atti. Il pentimento è una nozione centrale nella Bibbia ebraica e la sua pratica, sia nei confronti di Dio, sia nei confronti del prossimo, è un’occasione di progresso morale.
Purtroppo ci furono dei periodi di antisemitismo tra i cristiani, ma con il Concilio Vaticano II la situazione è molto cambiata nella Chiesa cattolica. C’è stato il ripudio dell’accusa di“deicidio” e“dell’insegnamento del disprezzo” nei riguardi degli ebrei, sottolineando, al contrario, il grande patrimonio comune di fede nel mistero del piano salvifico voluto da Dio (cf Nostra Aetate n 4).
E’ stata tolta da Giovanni XXIII, all’inizio del Concilio Vaticano II, la maledizione verso “i perfidi ebrei” nella liturgia del venerdì santo.
Gli ultimi Papi hanno dato e danno segni tangibili di grande apertura. Ne voglio ricordare alcuni: la visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma, l’aver costituito in Vaticano la Commissione per le relazioni religiose con l’ebraismo, la grande preghiera per la pace di Assisi, l’aver accettato le credenziali dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede il 30 dicembre 1993 ed il suo viaggio in Israele durante il Giubileo del 2000.
La Conferenza episcopale Italiana ha deciso che il 17 gennaio di ogni anno sia una giorno in cui si approfondisca e si sviluppi il dialogo tra cattolici ed ebrei per una conoscenza reciproca. Scopo della giornata è quello di sensibilizzare i cattolici al rispetto, all’ascolto quando si dialoga ed infine alla conoscenza della tradizione ebraica.
Il rabbino capo di Roma insieme al Cardinale rappresentante del Papa a Roma, scelgono un brano dell’Antico Testamento, che viene poi commentato durante la giornata, in diverse conferenze, sia dagli ebrei che dai cattolici.
I documenti dei Papi, delle conferenze episcopali e delle chiese locali concordemente ribadiscono che la Chiesa cattolica ed il popolo ebreo sono legati da un profondo vincolo a livello della propria identità religiosa, che valorizza le due comunità ed i singoli membri nelle loro specifiche differenze e nei loro valori comuni.
Come cristiani dobbiamo approfondire meglio e di più la conoscenza dell’intrinseco rapporto che ci lega alla fede ebraica e raggiungere una vera fraternità nella riconciliazione, nel rispetto reciproco e nella piena realizzazione dei disegni di Dio.
A coloro che desiderano iniziare un dialogo con gli ebrei chiedo di non nominare mai il nome di Dio (JHWH) il tetragramma, nè  quando lo si incontra scritto, nella Bibbia ebraica 6.800 volte, nè  quando si parla di Lui. Infatti il Suo nome “proprio” è impronunziabile, perchè  nel Suo nome Egli è presente. Bisogna dire Adonai, o Signore, oppure Dio.
La prima volta “il nome” fu udito da Mosè davanti al roveto ardente. “Mosè disse a Dio:<Ecco io arrivo dagli israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: come si chiama? E io che cosa risponderò loro?> Dio disse a Mosè:< Io sono colui che sono>. Poi disse: <Dirai agli israeliti:< Io-Sono mi ha mandato a voi >...... Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione”(Es 3,13-15). Per Martin Buber,un grande studioso ebreo, la traduzione del tetragramma è: “Io ci sarò, come colui che sarò”.
Può assumere un grande significato per il futuro religioso e civile dell’Europa e promuovere quella tanto desiderata pace tra gli israeliani ed i palestinesi, la collaborazione tra ebrei e cristiani in tutti i campi dell’azione sociale e umanitaria, nel rispetto della diversità.
Associazioni in tutto il mondo si battono da anni per creare occasioni di dialogo basate sulla convinzione che sia i cristiani che gli ebrei debbono esprimere i loro punti di vista.
La cultura ebraica è crocevia obbligata dei grandi cammini umani, è un luogo che permette specialmente agli ebrei, ai cristiani ed ai musulmani di confrontarsi e riscoprire le loro radici.
Il cristianesimo non può capirsi senza un attento studio, un sincero amore verso le tradizioni ebraiche e senza un contatto cordiale ed aperto nei confronti degli ebrei.
Che cosa hanno in comune gli ebrei ed i cristiani? Il libro : la Bibbia ebraica: l’Antico Testamento e l’attesa: per gli ebrei della prima venuta del Signore, per i cristiani il ritorno di Gesù (Parusia).
Insieme attendiamo la venuta di Dio in terra e prepariamo la via per il Suo arrivo.