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All’epoca
della schiavitù in Egitto le levatrici, a rischio della propria vita, si
rifiutarono di uccidere i figli maschi degli ebrei (Es 1,15-21) e Myriam
salvò suo fratello Mosé appena venuto al mondo, facendolo adottare dalla
figlia del faraone (Es 2,1-10).
La storia della salvezza fa vedere come Dio, a poco a poco, aiuta la
donna a riappropriarsi del suo vero ruolo, della sua vera fisionomia,
così malgrado tutte le difficoltà, è riuscita ad essere Sua immagine
risolvendo gratuitamente situazioni difficili e testimoniando, con il
suo agire salvifico, di aver ricevuto le benedizioni del Signore. E’
protagonista, responsabile, impegnata attivamente nella storia della
salvezza, artefice del suo svolgimento, vigilando con ardore, con
intelligenza ed anche con astuzia al compimento della promessa, sia come
madre, sorella, figlia, e compagna .
Le eroine nella Bibbia trovano solo in Dio la forza di compiere azioni
di salvezza per Israele ed il valore che vien loro riconosciuto non sta
più nella maternità, ma nell’essere donne. Le qualità prettamente
femminili di bellezza, fragilità e di dolcezza, diventano, al momento
del bisogno, potenti strumenti di salvezza. Con l’aiuto di Dio queste
donne riescono a superare i loro limiti, a trasformarli in capacità
straordinarie per mezzo della saggezza, a servirsi del loro fascino e
della capacità di convincere e di sedurre per un unico scopo: aiutare
Israele. Voglio portare ad
esempio
Ester, la sposa del re Serse, che per salvare il suo popolo, riuscì a
superare la paura. La sua storia è narrata nel libro omonimo. Conscia
della sua debolezza, sola tra stranieri, osò infrangere la legge per cui
nessuno, neanche lei come moglie, poteva presentarsi senza essere stata
chiamata presso il trono del re, pena la morte. Per riuscire nel suo
intento per tre giorni digiunò e pregò il Signore: “Vieni in aiuto a me
che sono sola e non ho altro soccorso se non te, perchè un grande
pericolo mi sovrasta” (Est 4,17). Dopo di ciò si fece bella e si
presentò al re: “Appariva rosea nello splendore della sua bellezza e il
suo viso era gioioso, come pervaso d’amore, ma il suo cuore era stretto
di paura”(Est 5,1), infatti riuscì a parlare al marito e poi svenne, ma
questa ebrea salvò il suo popolo dallo sterminio di Aman!
Altra figura indimenticabile è la madre dei sette fratelli Maccabeì (2
Mac 7). Ella sostenne, con la sua forza d’animo, i figli nel loro
martirio unendo alla tenerezza materna, un coraggio virile. Riuscì a
superare qualsiasi attaccamento viscerale nei confronti dei propri figli
per instaurare con loro un rapporto da pari a pari. Il re, voleva fare
della sua maternità e del suo amore uno strumento per la
propria
sovranità e un’arma di ricatto per ottenere il tradimento verso il Dio
di Israele, ma lei lo contrastò, sostenendo i figli nella loro
decisione. Morirono tutti dopo atroci torture ed infine lei pure,
dicendo: “il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci
risusciterà a vita nuova ed eterna” (2 Mac 7, 9). In queste figure
femminili si ritrovano alcune fondamentali caratteristiche della
personalità femminile: la fragilità e la tenerezza materna, unite alla
fortezza d’animo e al coraggio, per essere fedeli ai propri principi.
L’emotività e i sentimenti più intimi e profondi non hanno fatto loro
perdere la capacità di capire qual era il vero bene.
Le donne sagge venivano tenute in considerazione e rispettate, spesso
interpellate riguardo ad importanti argomenti. Pur non partecipando ai
culti, avevano su di loro lo Spirito di Dio e parlavano in Suo nome,
come le profetesse, mostrando così che l’essere femmina non costituiva
un ostacolo. Hulda profetizzò durante il regno di Giosia e veniva
consultata su importanti questioni politiche in cui si dovevano prendere
delle decisioni (2 Re 22,14-20).
Alcune
donne furono le guide spirituali degli uomini. Quando si trattò di
mandar via Agar con Ismaele, Dio disse ad Abramo di fare “quel che
diceva Sarah” (Gn 21,12). Anche Giacobbe prima di lasciare il suocero Labano volle sapere il parere delle mogli: Lea e Rachele. In molte
figure femminili spicca la saggezza insieme all’intelligenza e alla
devozione, come nelle spose dei patriarchi: Sara, Rebecca, Lea e Rachele
, nella prostituta Raab e nelle mogli di David: Michol e Abigail. Raab
nascose le due spie mandate da Giosuè e le fece fuggire dalla città, ma
chiese in cambio “un segno certo” quando Gerico sarebbe stata
conquistata. Ricevette la cordicella rossa, la mise alla finestra ed i
suoi furono tutti salvi Gs 2;6). Michol calò suo“marito David dalla
finestra, per impedire di farlo uccidere dagli inviati di Saul e,
mostrando il letto, disse loro che era malato. Aveva messo sotto la
coperta i terafim ( immagini di divinità domestiche quasi di dimensioni
umane) e il tessuto di pelo di capra, ingannandoli (1 Sam 19,11-17).
Abigail, per salvare suo marito Nabal dalle ire di David, andò incontro
al re con le provviste, si autoaccusò delle sue colpe e gli chiese
perdono come se le avesse commesse lei. Dopo l’improvvisa morte di Nabal,
David la prese in moglie, essendo una donna “attraente e assennata” (1
Sam 25, 14-42).
Queste
donne sono realizzate e sicure, in qualunque condizione esistenziale si
trovino, più difficilmente vedranno nell’altra una rivale, sia sul piano
affettivo che operativo. Hanno superato i sentimenti di invidia, di
sfida e di competitività e sono giunte all’aiuto reciproco, un
atteggiamento necessario per realizzare grandi progetti. Il rapporto tra
alcune figure femminili non è basato sull’emotività, ma
sull’intelligenza. Per aiutarsi a raggiungere una meta usano, oltre alla
comprensione ed alla razionalità, l’umiltà ed uno sforzo di volontà. Nel
periodo in cui in Israele governavano i Giudici, fra il 1200 e il 1000
aC (avanti l’era volgare, secondo gli ebrei) i si svolgono le storie di
Deborah e Giaele e poi di Ruth e Noemi. La prima vicenda è narrata nei
capitoli 4 e 5 del libro dei Giudici. Erano 12 uomini saggi e severi,
investiti, per grazia divina, di una particolare autorità militare e
spirituale, sempre al servizio della comunità, vi erano sia comandanti
militari pronti a lottare contro l’aggressione straniera, che capi
pacifici, sia un nazireo di nome Sansone, che la profetessa Debora ,
giudice d’Israele e moglie di Lappidot (4,4) . Dice un midrash: “Io
chiamo a miei testimoni il cielo e la terra (cioè io dichiaro
solennemente), che sia pagano o ebreo, uomo o donna, schiavo o schiava,
su tutti , in virtù delle proprie opere, può posarsi lo Spirito di Dio”.
Il midrash è un commento dei rabbini alla Bibbia, per chiarirne il
significato. Di questa attività esegetica già parla il libro di Esdra,
quando dice: “Esdra si dedicò a indagare la legge del Signore”(7,10). E‘
una parte della Torah orale redatta a partire dal II secolo d.C. fino al
XII, inizialmente precettistica, in seguito più narrativa. Attraverso i
midrashim, la Bibbia diventa uno stimolo a riscoprire le basi
dell’esperienza quotidiana, ma anche un mezzo per creare tradizioni, per
far sì che la quotidianità in cui noi viviamo esca dall’ordinario e si
santifichi ricordando il passato. I rabbini scrutavano la volontà di Dio
nella Bibbia e la insegnavano agli uomini, anche se qualche volta vi era
una apparente distorsione del significato letterale del testo. Il passo
midrashico precedente è importante perchè dimostra come già prima del
cristianesimo si avesse chiara in Israele la coscienza della sostanziale
uguaglianza tra uomini e donne. Il marito di Deborah si chiama Lappidot
(lucignolo) perchè la moglie gli preparava per il
Santuario
di Shilo dei grossi lucignoli, che servivano per accendere il candelabro
(menorah) e lui li portava. Allora, dice un altro midrash, “il Santo,
benedetto Egli sia, che esaminava i cuori e le segrete intenzioni degli
uomini, le disse: Deborah, come tu hai voluto accrescere la mia luce,
così io accrescerò la tua, al cospetto delle dodici tribù”. Infatti ella
godette di grande autorità e la sua qualità di profetessa richiamava
gente da lontani paesi, per ottenere responsi ispirati. Giudicava seduta
sotto la palma, perciò all’aperto, questo per mettere in risalto, come
non stesse in casa, per evitare di trovarsi sola con un uomo (Talmud
Megillà 14a). Viene presentata mentre esercita la sua attività in modo
solenne: stava seduta per amministrare la giustizia, per governare e
regolare i conflitti dei popoli! Era un periodo molto duro per gli ebrei
perchè già da 20 anni vivevano oppressi dal re di Canaan, Iabin e dal
capo dell’ esercito, Sisara. Per liberarli Deborah mandò a chiamare
Barak , anch’egli giudice, e gli disse: "Il Signore Dio d’Israele ti dà
quest’ordine: va, marcia sul monte Tabor....Io attirerò verso di te al
torrente Kison Sisara... e lo metterò nelle tue mani” (4,6-8). Nel
cantico di Deborah (5,21) si verrà a sapere come un nubifragio trasformò
il Kison in un“ torrente impetuoso”portando così morte e distruzione
nell’esercito nemico. Barak si rifiutò di andare da solo, Deborah
sarebbe dovuta andare con lui ed ella accettò, ma con una precisazione,
che la gloria non sarebbe stata di Barak , perché il Signore metterà
Sisara nelle mani di una donna.”(4,9) Qui si intravede la presenza di
Giaele. Sisara con i suoi uomini si avvicinò e la profetessa diede
l’ordine di attaccare battaglia (5,9), l’esercito nemico fu distrutto ed
il comandante cercò rifugio presso la“,moglie di Eber il Keniota, perchè
c’era pace tra Iabin, re di Cazor, e la casa di Eber” (4,17). L’uomo
sconfitto ebbe come unica preoccupazione quella di salvarsi, perciò
abbandonò il suo esercito, scese dal carro, scappò a piedi e andò a
nascondersi nella tenda di Giaele, con la convinzione di trovare
protezione. Lei lo accolse con sollecitudine, lo rassicurò, lo nascose
sotto una coperta e invece di dargli l’acqua richiesta gli offrì il
latte e quando lo vide addormentato, prese un martello e gli conficcò un
picchetto della tenda nella tempia. Ella lo uccise perchè si era
ricordata di essere israelita e dalla parte di Dio, mentre quell’uomo
era dall’altra parte. Quest’atto fu una violazione dell’ospitalità,
infatti l’ospite, se accettato, era sacro e doveva essere protetto da
ogni pericolo, ma ella lo ammazzò, per non essere sopraffatta. Diventò,
così, una criminale per i nemici, mentre per gli ebrei fu una eroina, ai
cui piedi morì un nemico di Israele, e per questo episodio entrò nella
storia della salvezza. Deborah innalzò un cantico al Signore e raccontò
il gesto di Giaele, visto come contributo alla vittoria e la lodò,
riconoscendola “benedetta fra le donne”(5,20). Lei invece si auto definì
“madre di Israele”, come le mogli dei patriarchi, un titolo onorifico,
perchè non ebbe figli. Ella era conscia del suo valore infatti precisa:
“Era cessata ogni autorità di governo, era cessata in Israele, fin
quando sorsi io, Deborah, sorsi come madre in Israele”(Gdc 5,7).
“Sorgere” è il verbo utilizzato per parlare dell’alba, perciò alla sua
persona viene attribuita l’origine del popolo ebraico. Il cantico è
considerato la composizione ebraica più antica e più bella e ricorda
quello di un’altra profetessa, Myriam, sorella di Mosè ed Aronne. Ella
lo compose , lo cantò e ballò con le ebree, dopo il passaggio del mar
Rosso, per lodare il Signore (Es 15,20) !
Questa vicenda biblica dimostra come non sempre i personaggi più
importanti, siano gli uomini, ma le donne , che unite vincono!
Sisara,
il comandante nemico, quando capì di aver perduto, pensò solo a salvarsi
e si mise in mani femminili come un bambino. Barak fu indeciso e debole.
Avrebbe dovuto affrontare il nemico a capo di 10.000 uomini e non ebbe
il coraggio di prendere questa responsabilità da solo, volle vicino a sè
Deborah, anche se lei gli aveva profetizzato che avrebbe vinto. Infatti
vinse la battaglia e corse dietro a Sisara nella certezza di farlo
prigioniero, per coronare il suo trionfo, invece lo trovò morto per mano
di Giaele, una donna, come gli era stato predetto. Deborah è soprattutto
una profetessa e il suo stesso ruolo di giudice è determinato dal suo
carisma e dalla sua virtù profetica. Infatti la sua arma, la sua forza ,
la sua concretezza stanno nella sua parola, che è allo stesso tempo
Parola di Dio. Ella fa profezie, amministra la giustizia, infonde
coraggio ai codardi e riesce anche a comporre e cantare un inno alla
vittoria, che non è opera sua, ma della Parola di Dio che si è compiuta.
Il Signore, attraverso lei, ha rivelato il Suo volere, è entrato nella
storia, ha agito, salvando così Israele! Tutto ciò manifesta come le
donne possono intervenire nella politica e nella storia con buoni
risultati. Nessuno perciò dovrà mettere degli ostacoli alle loro parole
ed alle loro azioni, proprio perchè nemmeno Dio lo fece, anzi affidò a
Deborah e a Giaele il destino del Suo popolo, riconoscendo loro le
capacità personali, di ascoltare la Parola di Dio e di metterla in
pratica.
segue>>>
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
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