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L’OLIVER TWIST DI POLANSKI SUGLI SCHERMI ROMANI
L’INFANZIA IGNORATA

 

di Giuseppe Trabace
Olivier, l’orfano di circa 10 anni, percorre a piedi 50 miglia per raggiungere Londra, attraversa la brumosa e umida campagna inglese, dorme nei fienili, mangia avanzi di ogni specie ma prosegue motivato da una voglia di sopravvivenza  contro tutto e contro tutti. Questa una delle sequenze iniziali significative del film di Roman Polanski “ Oliver Twist “ tratto dall’omonimo romanzo di Charles Dickens. Il regista polacco  sente sulla pelle la pesante esperienza personale sofferta da ragazzo durante la seconda guerra mondiale nei lager nazisti da piccolo ebreo perseguitato, con la propria famiglia quasi sterminata e lui che fugge da quella tragica prigione pressappoco all’età del protagonista del romanzo di Dickens. In una recente intervista sugli elementi autobiografici immessi nel film Polanski ha detto “ La Polonia in cui vagabondavo da bambino durante l’ultima guerra aveva molte cose in comune con la Londra di Dickens. So bene che cosa significhi camminare senza calze dentro scarpe che ti feriscono i piedi. So che cosa vuol dire ritrovarsi soli a quell’età , senza genitori né un letto. “

Il regista segue abbastanza fedelmente la trama del romanzo. In breve, siamo nel milleottocento in Inghilterra. Oliver ,orfano senza mezzi fin dalla nascita, cresce in sordidi istituti assistenziali pubblici. Dorme in umide e inospitali camerate con tanti compagni di sventura, la fame gli attanaglia le budella ed al minimo segnale di protesta seguono dure punizioni corporali Inutile il suo affidamento a famiglie che intendono solo sfruttare le sue deboli braccia quando non giungono ad umiliarlo. Fugge da quei luoghi con l’intento di raggiungere la mitica Londra. Vi giunge e gli si presenta una metropoli dai due volti. Una città opulenta popolata da nobili e ricchi borghesi e una città poverissima, piena di gente che cerca ad ogni costo, spesso ricorrendo a furti e persino ad omicidi, di sopravvivere. Il ragazzino viene travolto da questa umanità diseredata impietosa. Finisce nelle grinfie di una banda formata da giovanissimi ladri guidati , con mano ferrea frammista ad un’ambiguo senso di protezione, dall’incallito delinquente Dawkins detto Artful dodger (in italiano abile furbacchione ). Quest’uomo si dedica ad istruire Oliver per farlo divenire un abile ladro. Alla prima uscita Oliver fallisce l’impresa, viene imprigionato ma poco dopo è liberato per l’intervento di un anziano nobile che comprende l’innocenza naturale di quel ragazzo. Lo porta nella sua casa, è già sul punto di adottarlo ma  Dawkins  ha come compagno di nefandezze il violento Bill Sikes. I due malfattori temono entrambi che Oliver possa denunciarli alle autorità di polizia. Bill ,aiutato dalla sua donna Nancy, rapisce Oliver e lo riporta nel tugurio di Dawkins. Il ragazzo è sequestrato ma dopo pochi giorni è trascinato da Sikes nella elegante casa del suo protettore ove si intende attuare una rapina. Il colpo fallisce perché Oliver si ribella. Ora Sikes  è deciso ad assassinare Oliver perché ormai sa troppe cose. Nancy, donna perduta ma affezionata al ragazzo, decide di rivolgersi al protettore di Oliver per farlo liberare e salvargli la vita. Sikes, che di lei già sospetta, scopre l’inganno di Nancy e la uccide con crudele spietatezza. Ormai la polizia è sulle tracce della banda. I ladruncoli e Dawkins vengono catturati mentre il perfido Sikes , nel tentare di fuggire, precipita dall’alto di un tetto e muore. Ora Oliver finalmente rientra sotto le ali del suo affezionato protettore e può trascorrere un’esistenza normale. Un’ultimo trauma lo attende. Dawkins ‘è stato condannato all’impiccagione per i suoi crimini.  Oliver, memore che in certi momenti difficili quell’uomo ha mostrato per lui dell’umanità, vuole salutarlo un’ultima volta. Troverà una persona distrutta , semi incosciente che lo implorerà di salvarlo dalla forca. Oliver nulla può fare e la storia si chiude.

  Scritto nel 1837 da Dickens il romanzo ebbe un forte impatto per la cruda descrizione delle sofferenze di ragazzi senza famiglia e di una società in larga parte indifferente a tali problematiche. Oggi la situazione, sia pure in un contesto differente, non è molto cambiata e storie, non eguali, ma simili sono sotto i nostri occhi. Polanski ha colpito nel segno coinvolgendo gli spettatori nelle amare vicende in cui si dibatte Oliver Twist, ed il finale consolatorio dirada solo in parte la drammaticità degli avvenimenti...La Londra dell’epoca è stata ricostruita negli studi di Praga senza badare al risparmio,  la scenografia è accurata, in particolar modo quando la macchina da presa si sofferma sui vicoli maleodoranti della Londra periferica, il modo in cui la metropoli è fotografata nelle sue cupe notti  colpisce lo spettatore. E’ un film non originalissimo  ma ben fatto. Certamente il  raffinato regista inglese David Lean, che portò sullo schermo  lo stesso romanzo nel 1947, approfondì  con maggiore incisività i diversi personaggi che innervano la storia avvalendosi, tra l’altro, di uno stupendo ironico Alec Guinnes nel complesso ruolo di Dawkins. Polanski, infine,  non riesce a dare la stessa forza emotiva ai protagonisti della storia. Gli attori sono corretti, talvolta bravi, ma tutto sommato non volano alto. Spicca, nella parte di Dawkins, Ben Kingsley che riesce a dare al personaggio, pur negativo, una sofferente umanità. e sa muoversi con istrionica naturalezza.        

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