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         Presentazione
        del libro UNA VITA di Lea Mina Ralli: 
        ho trovato tra le mie carte un fascicoletto verde di due pagine piegate
        in due. Cosa poteva mai essere? Guardo e vedo che l'autrice è Lea Mina
        Ralli, il titolo "Una vita" (Roma - 1993).  
        Siccome mi picco di possedere tutti o quasi tutti gli scritti della mia
        amica Lea (detto tra noi sarebbe vanagloria pensare di possederli
        tutti!) vedo che invece questo, che dormiva tra le mie carte da chissà
        quando, non lo avevo mai letto. Lo apro e, sotto al titolo un'immagine
        festosa, luminosa, la facciata seminascosta dagli alberi e piena di
        promesse di una piccola casa che di sé offre il meglio. Passo alla
        seconda pagina e lì, sulla facciata destra trovo tutto il contenuto del
        "libro" con tanto di parola fine.  
        Lo leggo e rimango senza fiato come quando ci si trova davanti a
        qualcosa di completo, di assoluto, di cosmico direi.  
        La storia di una vita raccontata in tre righe. 
        Giro pagina e, quasi a conclusione,  trovo solo l'immagine di una
        finestra, questa, vista dall'interno. Quella finestra sembra quasi un
        collage per la sua posizione, i colori, la combinazione dei vari pezzi
        che la compongono. 
        In questa finestra c'è tutta la storia dell'autrice, il significato
        angosciante di quelle  tre righe di scritto che fanno questo libro.
        Da un muro colorato, metafisico, emerge prepotente questa finestra che a
        prima vista potrebbe sembrare un quadro per quanto è irreale. E se
        fosse un quadro si direbbe "sembra vera". Ma a guardarla bene
        si vede che quella in effetti non è una finestra. Sembra come se
        qualcuno avesse sfondato la cornice per riuscire a vedere oltre. Oltre
        il quadro, oltre il muro di quella casa incombente che non mantiene più
        le promesse della facciata. 
        E quello che appare ormai è solo un sogno. E' la vista sull'irreale
        quando il  reale ci fa soffrire. E' la fuga, l'evasione, la
        salvezza. Non occorre varcare i confini di quello spazio delimitato
        dalla pesante cornice di legno per tuffarsi nell'orizzonte pieno di
        promesse. L'appagamento è nella vista interiore, nella speranza, nella
        consapevolezza delle risorse personali che trasportano al disopra della
        grigia quotidianità.  
        E perciò, anche se le parole sono definitive e il racconto sembra voler
        concludere e chiudere il cerchio, pure un varco c'è. Quell'infinito che
        alcuni esseri portano dentro di sé. 
        mariafelice 
         
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