GALEOTTO
      FU… INTERNET    
      
      
                                       
      
      
      
       La
      signorina Franca era sempre stata piena di buonsenso e aveva trascorsa una
      esistenza dedicata tutta alla scuola in cui insegnava Storia e Geografia e
      conduceva le classi assegnatele
      dalla prima elementare alla quinta. Lo aveva fatto con tanta passione fin
      da E
      già ! Per lei era proprio una missione alla quale si era votata nel
      momento della scelta adolescenziale perché sentiva prepotente il
      desiderio di stare coi bambini e che le si era inculcata ancor più
      nell'animo studiando pedagogia alle Scuole Magistrali. Per temperamento
      era portata a spiegare ed insegnare ai suoi allievi quelle nozioni
      necessarie per accostarli agli avvenimenti che avevano fatta la Storia
      politica e culturale del mondo e, alle prese con le carte geografiche, 
      sapeva dare ragguagli precisi circa le ubicazioni dei territori
      vicini e lontani affinché i giovani, attraverso le sue parole, avessero
      chiare le posizioni e le dimensioni  di
      ogni paese del globo. Brava,
      coscienziosa, attenta e molto affezionata alle sue scolaresche, dava il
      meglio di sé acquistando sempre più considerazione fra i colleghi e 
      le famiglie dei suoi allievi. Fin
      dai primi anni d'insegnamento, era stato come avere tanti figlioli perché
      tali li aveva sempre considerati e per il suo operato le erano stati dati
      anche dei significativi riconoscimenti dal Ministero che , però, non
      l’avevano inorgoglita al punto di considerarsi al di sopra dei colleghi.
      Era
      una maestra come tante, in più 
      mamma per i molti orfani che le erano capitati perché alcuni
      conservavano con lei rapporti epistolari anche dopo le classi elementari e
      per  Natale continuavano ad
      inviarle auguri affettuosi che la riempivano di gioia. diventando
      più difficili da gestire perché distratte dalle nuove tecnologie che lei
      non aveva avuto tempo e modo di approfondire pur conoscendone
      l’esistenza. Nuove fonti di conoscenza catturavano l'interesse dei
      giovanissimi che  scambiandosi,
      in classe, le nuove esperienze, la facevano sentire antica. 
      Non che fosse al di fuori del tempo, questo no, ma sentiva che la modernità
      di certi nuovi apparecchi stava sovvertendo i vecchi metodi
      d’insegnamento  e quando i ragazzi aggiungevano, nei compiti, i risultati
      delle ricerche era sempre il computer che aveva dato loro una mano. 
      Con tristezza si stava accorgendo di essere antiquata per le menti giovani
      e sveglie della nuova era. 
      Notti
      intere rimuginò questi pensieri giungendo alla conclusione che doveva
      aggiornarsi e se i  programmi
      ministeriali non prevedevano modifiche, doveva lei stessa adeguarsi e
      mettersi al passo dei tempi. Si
      accorse però che questo non sarebbe stato sufficiente 
      per  far sua l’
      Informatica. Per
      questa materia nuova doveva necessariamente provvedersi di un Computer
      giacché il solo apprendimento della teoria diventava insufficiente e,
      addirittura inutile, se non si aveva l'apparecchio specifico per mettere a
      profitto le cognizioni che andava acquisendo e che la stavano
      conquistando. "Cosa
      ha intenzione di  fare con il
      computer“? 
      Le
      prime volte, l'erudita maestra non seppe rispondere, ma con l'aiuto degli
      esperti rivenditori  fece
      l'acquisto più giusto e un apparecchio con discreta memoria , programmi
      di scrittura , grafica e svariati accessori 
      fu collocato nel suo studio casalingo e, da quel momento, si sentì
      letteralmente ringiovanita. 
      
      coi suoi ragazzi anche sulle tante nuove tecnologie che stavano invadendo
      il mercato, senza complesso d'inferiorità. Intanto
      stava dilagando la passione per la  navigazione
      Internettiana ed anche questo, ben presto, conquistò 
      la quarantenne maestra che stava diventando esperta in ogni settore
      del Web. Aveva
      dimenticato il tempo libero dei fine settimana e le sue ore scorrevano
      nella continua ricerca di cose nuove che Internet le presentava con dei
      semplicissimi clic.Il mondo le si apriva davanti in modo nuovo e impensato
      fino a qualche tempo prima e, a suo piacere, le sai presentavano itinerari 
      sconosciuti che le consentivano l'accesso nei luoghi di arte vicini
      e lontani, visionare biblioteche per capillari ricerche, aggiornarsi
      quotidianamente sugli avvenimenti del mondo e persino colloquiare con
      persone sconosciute.   Queste
      scoperte dettero nuova vita a Franca perché fra le chat e la Posta
      elettronica si sentì cittadina del mondo 
      e c’era modo di trasmettersi scritti e fotografie in un
      battibaleno. 
 S’inserì,
      facilmente in un salotto culturale di Parigi dove una volta alla settimana
      si svolgevano dibattiti  in
      italiano perché gl’interlocutori  di
      ambo i sessi erano, in maggior parte, professionisti italiani trasferitisi
      per motivi di lavoro. Fra
      questi, un certo "Eric" dalla voce baritonale, era quello che a
      “Violet“ (Franca)  fece più
      colpo, per la sua erudizione e per il franco 
      modo di esprimersi. Probabilmente l’intesa fu reciproca perché
      una sera egli le inviò una e- mail con una precisa richiesta di potersi 
      conoscere di persona  dato
      che era in procinto di partire per l'Italia. 
      Dopo
      una  comprensibile perplessità
      , Franca decise che la cosa si poteva organizzare e, quindi, presero
      accordi precisi per le prossime vacanze pasquali. 
      L’insegnante
      che non aveva mai avuto né tempo né fantasia d’intraprendere rapporti
      sentimentali, dopo una  cocente delusione subita in gioventù, non
      vide nulla d' illecito in un incontro fra adulti. Era sicura che la loro
      età li avrebbe messi al riparo da ogni insidia . Inoltre, la loro
      conoscenza sarebbe  avvenuta
      all'aperto, nel parco pubblico in una bella domenica di primavera come
      avevano convenuto. Molto
      eccitata si presentò, quindi, all’inconsueto appuntamento 
      indossando un sobrio tailleur beige con un fiore ciclamino al
      risvolto della giacca quale segno di riconoscimento. 
      L’uomo,
      in grigio che le venne incontro con un cordiale sorriso aveva un fare
      giovanile che non rivelava affatto i cinquantacinque anni che aveva.
      Inchinandosi leggermente si presento col suo vero nome, Enrico,
      mostrandosi bene impressionato:“ E’ proprio con l’avevo immaginata
      Violet, ma ora mi dica anche lei il suo vero nome”. Chiacchierarono a
      lungo passeggiando , prima di entrare nel ristornate dove lui aveva
      prenotato telefonicamente il pranzo e col passare delle ore si accorsero
      di avere gusti in comune e con la sua piacevole dialettica di avvocato
      qual’era, l’uomo fece ridere Franca, con vari aneddoti 
      finendo col dire:  Sembriamo
      due anime gemelle!.  
      Trascorsero,
      da buoni amici, quattro giorni insoliti, pieni di piacevoli novità per la
      maestra abituata ad una vita metodica
      e abitudinaria. Il suo cavaliere si rivelò un amabile accompagnatore e
      profondo conoscitore dei musei e delle gallerie d'arte che riuscirono a
      visitare in quei giorni. 
      Peccato
      soltanto che la vacanza non poté prolungarsi di più a causa dei loro
      impegni lavorativi, ma nel  lasciarsi
      si scambiarono la promessa di rivedersi quanto prima possibile. 
      Intanto
      soffriva e non riusciva più a concentrarsi sulle lezioni che fino a poco
      tempo addietro l'appagavano e la facevano sentire soddisfatta. Stentava
      a credere di essersi potuta innamorare di un uomo, sia pure attraente, ma
      del quale sapeva quel poco che lui stesso aveva raccontato.  
      Aveva
      tanto sofferto a diciotto anni per le tante bugie del suo primo amore,
      coetaneo e compagno di studi che, d'allora, aveva giurato eterna
      diffidenza alle parole  maschili
      ed ora, un uomo di età venuto da lontano, era riuscita a incastrare il
      suo gelido cuore in un desiderio di amore…e la situazione le pareva
      assurda. Non
      aveva mai voluto credere al famoso colpo di fulmine eppure in lei qualcosa
      era scattato al solo vederlo! Era pur vero che molto aveva influito il suo
      tono di voce attraverso la Rete. Era suadente e calda quella voce e, di
      sicuro, doveva esserlo anche per coloro che ascoltavano le sue arringhe. 
      Non
      riusciva più a dormire e attendeva con ansia le serate destinate ai Forum
      su Rete nella speranza di poterlo ascoltare 
      per cercare di captare qualche espressione che lei sola potesse
      capire e decifrare. 
      Ma
      Enrico l'aveva avvisata che prima di tornare a Parigi doveva recarsi a
      Monaco per perorarvi una causa e sarebbe trascorso del tempo prima che
      potesse intervenire ai dibattiti culturali su Internet. 
      Franca,
      invece, tornò a chattare bramando di ricevere almeno qualche e-mail. Ma
      nulla! Di
      Enrico nessuna notizia. C'era solo il ricordo di quattro bellissimi giorni
      e  non se ne 
      capacitava… Eppure le aveva fatta una buona impressione e lei
      stessa pensava di averne  fatta
      altrettanta. Che cosa poteva averlo dissuaso dal farsi vivo? 
      Una
      sera si fece coraggio e nello chattare nel consueto circolo, buttò là
      una frase che doveva apparire scherzosa : "Che ne è di Eric che non
      partecipa più ai nostri Forum?" 
      Un 
      certo Tom fu pronto a rispondere sullo stesso tono: "Sarà
      andato a sposarsi!" Tutti
      risero, ma Franca sentì un colpo al cuore, pensando che quel Tom forse
      conosceva  "Eric" di
      persona e parlava perché sapeva. 
      Per
      Franca non ci fu più pace e per giorni e giorni continuò a pensare a
      quella frase che le aveva messo molti dubbi nell'anima, cominciò a
      soffrire di forti emicranie e presto cadde in una depressione tale che le
      tolse volontà e iniziative.Viveva come un automa, trascurando anche le
      cose essenziali che fino a quel momento avevano costituito la sua vita.  
      In
      questo stato trascorse due mesi e giunse anche la fine dell'anno
      scolastico. La
      maestra, dimagrita ed esausta, raccolse l'invito di una collega che la
      volle seco per una settimana nella sua casa al lago convincendola che un
      po’ di dolce far niente l'avrebbe rimessa in sesto attribuendo il suo
      pallore alla noia nel seguire i suoi alunni durante gli esami di quinta
      con i quali avrebbero terminato il ciclo elementare. 
      "Ti
      esaurisci troppo dietro alla tua classe…Devi pensare anche alla tua
      salute!" Vieni con me  per
      qualche giorno al lago e vedrai come riprenderai le forze." Le
      parole premurose della sua anziana collega la riscossero dal suo torpore
      e, pur di distrarsi  Franca
      accettò di buon grado di partire con lei. 
      Dopo
      una settimana però era già di ritorno e fu molto sorpresa nel trovare
      nella sua cassetta della posta una busta con dentro una fotografia che mai
      si sarebbe aspettata di vedere:  Enrico
      con un braccio al collo che si appoggiava ad una stampella canadese. Poche
      parole sul retro della foto spiegarono molte cose: 
      Vittima di un incidente ferroviario mentre si stava recando a
      Monaco e ricoverato in condizioni gravissime in un ospedale tedesco 
      vi  rimase a lungo immobilizzato e incosciente, senza possibilità
      di dare sue notizie ad alcuno. Si
      scusava rammaricandosi dell'accaduto e immaginando quante supposizioni
      sbagliate aveva create il suo forzato silenzio, chiedeva la comprensione
      della dolce amica Franca  alla
      quale prometteva una visita non appena avesse potuto viaggiare. La
      ragazza, combattuta da mille pensieri contrastanti, decise che era suo
      dovere farsi viva con lui e, acquisito l'indirizzo inviò all' infortunato
      un telegramma per comunicargli suo dispiacere per l'accaduto, specificando
      che si sarebbe organizzata per non farle mancare la sua presenza quanto
      prima. Pervasa
      da un 'ansia febbrile si diede da fare per organizzare al più presto la
      doverosa visita  e appena 
      pronta si mise in viaggio per portare il suo conforto all'uomo che
      occupava da  tempo i suoi pensieri. 
      In
      treno non riuscì a concentrarsi nella lettura del libro che si era
      portata dietro non riuscendo a perdonarsi le brutte supposizioni fatte nei
      confronti di quel poveretto che invece era stato sul punto di morire. Non
      vedeva l'ora di rivederlo e si sorprese a sorridere mentre pensava a quel
      momento che avrebbe ristabilito i loro rapporti amichevoli . Finalmente
      giunse in terra tedesca ed era quasi sera quando giunse all'ospedale che 
      sorgeva alla periferia della città che era un edificio di vecchia
      costruzione e, alla visitatrice, non fu molto facile far capire subito
      all'anziano custode che lei doveva  andare
      a trovare un'infortunato francese che era lì da quasi due mesi e per
      meglio spiegarsi trascrisse il nome di Enrico sopra un foglietto. Il
      vecchio in un incomprensibile dialetto tedesco, le fornì allora un
      diverso indirizzo giacché il signore che stava cercando era stato
      trasferito proprio quella mattina in un Centro di riabilitazione per
      essere sottoposto alle terapie che il suo caso richiedeva. Lei
      sarebbe stata disposta a recarvisi immediatamente, ma riuscì a capire
      che, a causa della tarda ora, sarebbe stato inutile perché non avrebbe
      avuto il permesso di entrare ; il vecchio le consigliò di andarsi a
      riposare rimandando la visita la mattino successivo. Franca
      accettò il consiglio e si fece dare l'indirizzo di una pensione per
      mangiare qualcosa e passarvi la notte. Fu
      con molto disappunto che la donna rimandò la visita e con un taxi,
      raggiunse in pochi minuti la pensione ove si rinfrescò e consumò
      distrattamente una rapida cena, ma a letto nella gelida stanza , non riuscì
      a prendere sonno e all'alba era già pronta per uscire.  
      Era
      stanca, infreddolita e, pervasa da una forte emozione, cominciò ad avere
      degli strani dubbi: E se a lui non fosse stata gradita la sua visita? 
      E se, dimagrita com'era e disfatta dal viaggio e dalla notte
      insonne, non la trovasse molto attraente?
      Le
      domande che le salivano alla mente la stavano ancor più deprimendo mentre
      era sul mezzo pubblico che l'avrebbe condotta proprio dinanzi al Centro di
      riabilitazione e la  città
      sconosciuta che vedeva dal finestrino non le destò il minimo interesse,
      presa com'era dai suoi pensieri scoraggianti e fu con un sospiro di
      sollievo che scese dal  pullman.
      Fra poco avrebbe incontrato l'uomo dei suoi sogni.
       
      Franca, ebbe un attimo di smarrimento prima di pronunziare il nome
      del paziente che  cercava e lo
      pronunziò quasi balbettando, ma la premurosa infermiera che la prese in 
      consegna, capì subito di chi si trattava e, senza parlare, la
      condusse lungo un corridoio interminabile con una parete ricoperta da una
      vetrata opaca scorrevole, dietro la quale 
      scomparve facendole cenno di attendere. 
      Nell'aprire la vetrata le giunsero rumori di macchinari e comandi di voci
      varie che lasciavano capire essere quello 
      il salone della riabilitazione motoria da dove uscì la stessa
      infermiera che sospingeva una carrozzella con un paziente 
      talmente magro nel quale Franca stentò a riconoscere Enrico. Ma fu
      solo un attimo perché egli  sorridendo
      le stese la mano libera dalle bende che lei si affrettò a stringere con
      slancio affettuoso. 
 Fu
      solo questo il primo incontro dopo il lungo distacco pieno di dubbi e di
      tormenti che avevano dilaniato l'animo della povera innamorata perché la
      presenza dell'infermiera la imbarazzava frenando l'abbraccio impulsivo che
      sarebbe stata pronta a dargli. 
      L'assistente,
      infatti, non si distaccò dal suo paziente,ma con aria grave, fece subito
      capire che il colloquio non avrebbe potuto prolungarsi troppo poiché 
      lei era tenuta a condurre a termine l'ora di riabilitazione fisica e per
      il momento doveva risospingerlo nella palestra. 
      Con uno sguardo malinconico furono quindi costretti a separarsi ancora, ma
      sarebbe stato per poco e Franca attese con forzata pazienza che lui
      terminasse la sua terapia. 
      Dopo
      però, la mattinata fu lunga e appagante e la trascorsero nel parco e i
      frondosi alberi  furono testimoni di colloqui chiarificatori che 
      fecero capire alla donna quanto anche lui avesse sofferto non solo
      fisicamente. 
      Essi misero in luce l'intensità dei loro sentimenti, confermando ad
      entrambi che la forzata lontananza aveva centuplicato il desiderio di
      approfondire la loro conoscenza con la certezza che il filo misterioso che
      li aveva legati fin dall'inizio, anziché interrompersi , si era
      rafforzato e sarebbe divenuto indissolubile in un amore puro e sincero che
      sarebbe durato tutta la vita.   
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