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Corrispondenze dal Computer

Ho un'amica CHE...

Sì d'accordo, non è poi argomento da scriverci un articolo. Dell'amicizia hanno già scritto penne ben più capaci e aguzze della mia anche perchè io non scrivo con la fatidica penna ma semplicemente digito al computer.
Qui ti volevo. E' proprio il computer l'argomento che riguarda questa mia amicizia. Tanto per fare un nome dirò che si chiama Amalia. Non il computer, la mia amica.
Non è un'amicizia qualsiasi la nostra. E' quasi un sodalizio, un sentire reciproco, un condividere e capirsi. Un chiamarsi nei momenti difficili e un gioire assieme per tutto il resto. Un lasciarci in pace quando abbiamo bisogno di stare sole. Per il resto ci scriviamo due o tre volte al giorno - via internet, si capisce. Ci telefoniamo anche ma più di rado per non intralciare le reciproche attività del momento. La e-mail invece ti cala sul Desktop quando lo decidi tu. Quando hai tempo di collegarti. Quando non stai parlando con qualcuno o guardando un programma importante in tv. Quando non hai la callista che ti titilla i piedi o quando non viene a trovarti il figlio o la figlia che non vedevi da settimane. Quando non stai fuori casa e le persone che ti chiamano devono sorbirsi la tiritera della segreteria.
Insomma la e-mail è più "pulita", meno scomoda, puoi scrivere due parole o un letterone, a seconda del momento, dell'umore, della necessità. E non devi uscire per imbucare. Basta un clic sulla parolina "Invia" e quella parte e ci puoi giurare che dopo pochi secondi è già là dove l'hai mandata.

Insomma veniamo al dunque di questa amicizia. 
Ogni tanto, abbandono il mio computer, prendo il treno e vado a trovare la mia amica. Grandi feste, baci, abbracci, succhi di frutta freschi sul terrazzo inframmezzati da merendine e da chiacchiere a non finire. Ad un tratto come solleticata e sollecitata da qualcosa, mi alzo, rientro nel tinello, mi siedo al suo computer e osservo. Lo sento sbuffare poverino perchè non ce la fa più. Non solo causa la vecchiaia (e sarebbe ora di cambiarlo), c'è dell'altro. E' stracarico di oggetti pesanti, inutili che occupano spazio prezioso e mandano in crisi il sistema operativo, la ram, il disco rigido, i programmi e tutto quello che serve per... servire chi ha un computer.

Inizio col buttare alcuni "oggetti" evidentemente inutili sul desktop: sento un primo lamento alla mia destra, è lei, l'Amalia, che mi si è seduta accanto in fretta per vedere quello che sto facendo. Tutto sommato non è che le dispiaccia troppo il mio senso di pulizia informatica. No, è che teme per il suo amato cestino. Voi forse non sapete nemmeno cos'è un cestino informatico, scoppiante lì sul desktop, traboccante di oggetti in attesa di essere eliminati: ma è per quello che uno ha il cestino santa pace! Trova un file che non gli serve più e lo butta nel cestino in attesa di accumularne diversi altri e dare poi il fatidico e tanto gustoso ordine "Svuota cestino"! Che senso di sollievo accompagnato però sempre da un barlume di apprensione: non avrò buttato via anche qualcosa di utile?

Invece sapete cosa fa lei, l'Amalia del mio cuore? A parte il fatto che non svuota mai il cestino (e la ragione ve la svelerò  poi), dirotta il mio interesse da quel coso e mi fa: "guarda piuttosto nei programmi e butta qualcosa da lì, mio figlio, ogni volta che viene a trovarmi carica sul mio Pc tutti i CD-Rom che trova allegati alle varie riviste. Saranno quelli a pesare."

Effettivamente pesano e anche tanto. C'è tutta la serie dei dizionari, c'è l'enciclopedia della musica, ci sono tutti i Cd che il buon figlio porta a mammina dai suoi settimanali viaggi quà e là per il mondo. Sfilate di paesaggi meravigliosi, incantati viaggi nei mari del sud, monti e mari visti dall'alto. Non si finisce più. Guardo la mia amica e le chiedo: posso? Lei rassegnata ma anche rassicurata che così non toccherò il cestino mi dice di sì, mi dà il permesso di buttare, buttare tutto.
A pulizia fatta vado a tastare il polso all'Hard disk che poco fa aveva sì e no 200 kb di spazio libero (che vuol dire praticamente al collasso). Ora si è liberato un bel po' di spazio, siamo arrivati a 540 kb, che è come dire: non morirà oggi ma tra qualche giorno, quando il figlio tornerà da uno dei suoi viaggi e caricherà un'altro Cd cultural-paesaggistico.
La guardo e lei mi risponde terrorizzata: no, il cestino no.

Siamo arrivati dunque alla delucidazione, alla spiegazione estrema, alla scoperta  di sè stessi. Volete la verità?
Amalia scrive, Amalia è scrittrice, poetessa, improvvisatrice, vernacolista e quant'altro. Scrive tutti i giorni, tutto il giorno e quando non scrive pensa a cosa scriverà. Tutto è spunto per lei. Persino il gatto della sorella che oggi ha deciso di curarsi da solo, dopo lunga e incomprensibile malattia, leccando l'olio extravergine d'oliva dal piattino dove ne era sgocciolato un po'. Gli argomenti Amalia non li cerca nemmeno, le volano incontro e lei deve solo districarsi tra questa miriade di cosiddette ispirazioni (mi fa ridere il vocabolo che per Amalia proprio non è azzeccato). Ma quale ispirazione! E' lei l'ispirazione delle ispirazioni, potrebbe aprire un banco come quelli di frutta e verdura e scriverci a matita sopra un cartello di cartone ondulato: ISPIRAZIONI VENDONSI. Allora sì che la mia amica Amalia diventerebbe ricca e comincerebbe a vedere qualche soldino! Lei fa parte di varie Associazioni di scrittori ma sono tutti soldi che escono e non che entrano nelle vuote tasche di Amalia. Il suo sogno sarebbe quello di farsi pubblicare uno dei centomila libri che ha scritto, almeno uno!
La gente di oggi non si rende conto che a volte cammina accanto alla genialità e passa oltre senza accorgersene. Non sanno vedere, non possono avvistare, distinguere, discernere tra la massa di carta scritta che viene loro propinata. Nella metro leggono tutti il giornaletto gratuito che poi buttano in terra negli affumicati background. L'avranno letto veramente? Avranno recepito qualcosa di quei pochi flash di agenzia? Ma siccome è gratuito allora si butta. Questo è capito da pochi. Se costasse 5 centesimi forse lo acquisterebbero comunque, certamente non lo getterebbero via, se lo porterebbero a casa.

Per farla breve, Amalia non ha editori. Ogni tanto nel corso della sua lunga vita ha messo mano al borsellino pagandosi profumatamente un tipografo che le ha consegnato poi cinquecento preziose copie del libro, capolavoro della sua vita, dove c'è la storia, i personaggi, la vita vissuta, l'amata città, la famiglia, i dolori (tanti) e le gioie (quante?) di una vita di madre, di figlia, di moglie sofferente, di nonna, di bisnonna, di vicina di casa, di amica, di cittadina. Un capolavoro che ha sistemato a pacchi così come glielo aveva consegnato il tipografo, sotto la credenza del tinello, in attesa di vendere. Non so se ha mai recuperato i soldi spesi, di certo non ha guadagnato nulla.
Eccoci al dunque. Amalia scrive, non solo, presenta le sue poesie augurali (ai centomila tra figli, nipoti, pronipoti, bisnipoti, amici e quant'altro) in forma elegante con cornici colorate e raffiguranti fregi corinzi ornati da arabeschi meravigliosi che lei trova nella ricca cartella delle ClipArt e poi combina da sè intorno e sotto allo scritto. Consuma ettolitri di inchiostro a colori (ai tempi nostri costa più l'inchiostro che la stampante...) per stampare questi piccoli capolavori in cui lei profonde tutto l'amore per la persona, tutta l'arte che possiede dentro e tutta quella genialità multiforme che beato chi la possiede. Allora tornando a... fagiolo, Amalia possiede file e file e file (lo sapete cosa sono, vero?) di suoi lavori. Cose preziose, irripetibili perchè un vero scrittore non si ripete mai e perciò guai a perdere tutta questa messe coltivata in anni e anni di duro lavoro, di battaglie con il computer che ogni tanto si blocca, dove ogni tanto si perde la barra degli strumenti o quella delle applicazioni sul desktop, dove tutto sembra così minacciato dalla casualità da far tremare anche uno scrittore prolifico come la nostra anzi la mia Amalia. E allora, per salvaguardare nella più sicura delle maniere il suo preziosissimo operato, l'Amalia che ti fa? Non salva i suoi file dentro una cartella da nascondere magari in qualche posto sicuro del sistema operativo, lontano da mani indiscrete o anche imprudenti che inavvertitamente possano danneggiarli. No. Lei "salva" i suoi preziosi lavori, sapete dove? Nel cestino.

L'ho scoperto per puro caso quel giorno di qualche mese fa quando appunto, desiderosa di fare un po' di pulizia sul suo desktop mi azzardai ad aprire il cestino per vedere cosa c'era dentro e dare quindi il famoso ordine di "svuota tutto". La sua mano si poggiò quasi tremante sul mio braccio destro che tenevo poggiato sul mouse. Lo sai, mi disse, nel cestino tengo tutti i miei lavori perchè il desktop è troppo affollato e lì stanno al sicuro. Al sicuro finchè non ci sono io - pensai.
Da quel giorno non toccai più il cestino di Amalia. Ora, quando salgo a trovarla e mi siedo davanti al suo computer, guardo il cestino con un senso di rispetto e di timore. Non vorrei che la mia mano, così abituata com'è, deviasse a sinistra verso quel cestino così prezioso e sconvolgesse in un batter d'occhio il lavoro di una vita - l'archivio della più cara delle mie amiche. l'Amalia.

maffi


 

Rimanere a casa?
Il motore di ricerca come pedagogia del reale

Guardando fuori della finestra il bel sole in arrivo dopo tanta pioggia mi è venuta in mente l'estate che forse arriverà nonostante tutto. Un sospiro di sollievo liberatorio ma poi ho pensato che sarebbe stato bello anche rimanere, visto che quest'anno ho il mare a due passi. 
Potrei partire e andare in vacanza da qualche parte, sempre al mare che amo tanto. Tuttavia si è insinuato nei miei pensieri anche quello di rimanere e godermi un'estate diversa. Casalinga da una parte e dall'altra marinara con le mattinate sulla sabbia sotto l'ombrellone e i cinque minuti di strada che mi dividono da tutto ciò. Ma anche un bel viaggetto...
I dubbi non fanno bene all'anima. Le certezze sono quelle che ci vogliono ed io non ho più avuto pace. Rimanere a casa? Andare in vacanza? In tanta incertezza mi è venuta un'idea folgorante: vado a chiederglielo a lui, al motore di ricerca. Al più famoso, naturalmente.
La mia domanda era: rimanere a casa? Non potevo mica porgli due domande alla volta, è pur sempre un motore. 
Che risate mentre digitavo in quello spazietto rettangolare la mia perplessità! Il motore di ricerca non sa mica cosa ho io nei miei pensieri. Quello è cybernetico, matematico, si basa su leggi così esatte da fare paura a un Copernico, algoritmi precisi e schematici cui nulla sfugge, io invece, semplice umana, posso spaziare molto più in basso ma anche molto più "orizzontalmente" del... motore.
La domanda poi, una alla volta, deve essere posta nei termini esatti, senza omettere e senza eccedere, eventualmente con un segno più a collegare quelle due o tre parole che la compongono. 
Io chiedo e lui risponde e risponde anche con molta abbondanza come sempre.

Bene, dalle risposte che ho ricevuto scaturisce questa mia piccola inchiesta.
Una premessa è necessaria. La mia domanda coinvolgeva vari temi a prescindere da quello che volevo e, siccome non avevo esplicitato nulla, il motore poteva estendere le sue ricerche con uno screening di vasta dimensione ed esattezza. Rimaneva la variabile "rimanere" che offriva tutte le possibilità del mondo. Come paletto fisso di scomoda interferenza, c'era però la parola "casa". Quella no, non era una variabile, stava lì corporea, concreta, indicava qualcosa di estremamente reale che, anche se presa in termine di casa dell'essere è pur sempre un luogo dove o materialmente o spiritualmente si abita, si vive, si è. La casa è il baricentro della nostra esistenza; si tratti, nel senso più materiale, di abitazione, di culto, di incontro; oppure un luogo non-luogo dove ci riconosciamo, dove eleviamo i nostri pensieri, dove deponiamo le nostre ricchezze filosofiche, dove ci incontriamo con i nostri stessi pensieri per confrontarli con quelli incontrati da un'altro-da-me, nella speranza di imitarli o
comunque di sceverarli anatomicamente lontano da qualsiasi alienazione. E' comunque il nostro habitat, mentale o materiale. La casa dunque, la non-variabile dell'esistenza. Il simbolo di qualcosa che ci protegge, ci preserva, ci offre riparo. Un tetto che non ci abbandona quasi mai. Ancor prima della nascita il ventre materno e, oltrepassata la soglia della vita, l'urna che ci contiene. 

Il motore di ricerca poteva quindi scegliere tra molte possibilità e non mancarne nemmeno una. Lì per lì formulo delle ipotesi che mi vengono  in mente e mi pongo al posto del "motore". Lo voglio proprio sfidare, paragonare le sue pantagrueliche capacità con le mie esperienze acquisite in anni x di vita e contenute in una mente sola, umana, svantaggiata. Forse perderò la sfida.
Vado per analogie.

Ad esempio potrei essere un'anziana e chiedere consiglio (sempre al suddetto motore di ricerca) se continuare a rimanere in casa a vivere da sola (se sono ancora in grado di farlo), oppure se andare dai figli (se questi sono d'accordo e se l'idea non dovesse dispiacermi troppo), oppure decidermi per una casa di riposo (se ho una pensione che basti a sopperire le spese), un istituto geriatrico (ma anche qui ci vuole un contributo per quanto minimo sia) o comunque una casa di accoglienza o una comunità di anziani che si sostengono a vicenda come ne ho viste alcune che mi hanno colpito per la loro novità e sfida provocatoria. 

Potrei essere un bambino/a giovinetta/o (ormai telefonano al Telefono Azzurro e scrivono ai settimanali, figuriamoci se non navigano in Internet!) che, dopo una litigata con i familiari, un voto brutto preso a scuola, una delusione amorosa non sa se rimanere in casa o scappare lontano, alla chetichella per farsi poi cercare per tutto il paese dalle forze dell'ordine e dai genitori disperati. Ma come domanda potrebbe essere valida. I giovani, oltre che al computer, navigano spesso nell'incertezza, è un'età quella che necessita sostegno, comprensione, pazienza, lungimiranza, vigilanza.È un'età difficile, la più fragile di tutte direi. Un bimbo appena nato cerca il seno materno e lì trova tutto quello di cui ha bisogno: è forte. Un bambinetto di cinque-sei anni strilla e vuole affermare la sua personalità dicendo sempre di NO a tutto e a tutti ma è felice (è forte) se le condizioni intorno a lui sono quelle di una famiglia unita e serena. Verso i dieci undici anni iniziano i pensieri corroborati da quelli degli amici, dei compagni di scuola, pensieri che non sono veramente pensieri. E' come se fosse cambiato qualcosa di dentro. Gli affetti sembrano meno stabili e non raggiungono quei picchi che denotavano l'appartenenza al nucleo familiare di qualche anno fa.  Inizia l'era, sebbene appena agli albori, dell'insoddisfazione, dell'incertezza, quando ti senti brutto, inadeguato, troppo magro o troppo grasso, scarso a scuola, incompreso a casa, a volte sfuggito dai compagni. 
Che fare, dove nascondersi, dove scappare per cambiare tutto? I quindicenni, direi, sono quella soglia di massima all'erta, che va aiutata senza paternalismi, capita senza intrusioni, con delicatezza, dolcezza, attenzione. Entrare nell'ordine di idee che non sono più quei bambinetti che i genitori guidavano per mano ancora qualche anno fa. E' un vero abisso quello che divide genitori e figli in quel periodo ed è fatto di scarsa comprensione da una parte e di provocazione dall'altra. 
I giovani si confidano con tutti meno che con chi sta loro vicino, ed è comprensibile la ragione se non vi è quel dialogo che deve scaturire dalla nascita per non finire più. Avrei chiesto al loro posto "rimanere a casa o+andarmene". E quel segno matematico "più" starebbe a indicare tutta la mia incertezza, la propensione anche a rimanere, la voglia di tentare l'ignoto, la paura ma anche la speranza che il motore diventi ad un tratto una voce che mi sussurri nell'orecchio tutte quelle risposte che non trovo mai, che non so a chi chiedere e che mi dicano mi insegnino cosa fare dove andare; che mi dia soluzioni alle tante mie domande che, se potessi inserirle tutte in una casella del motore di ricerca, quello andrebbe sicuramente in tilt. Ecco cosa penserebbe un/a giovane. E andrebbe a finire che le risposte se le darebbe da sé. Ma sarebbero quelle giuste?

Potrei essere una donna disperata, ferita, sola, in cerca di consiglio. Una moglie tradita che non sa se rimanere e continuare a subire angherie varie o prendere il coraggio a quattro mani e ricominciare tutto daccapo. Il divorzio non alletta mai una donna. E spesso la paura delle ritorsioni ma anche dell'incerto futuro la fa desistere, per non parlare del problema figli. Ed allora, in un pomeriggio qualsiasi, lasciata sola in casa, ecco che il famoso motore di ricerca diventa umano, amico, non una voce ma una risposta alle domande che affluiscono alla mente. Basta inserire la domanda giusta, magari usando la "ricerca avanzata", quella che ti permette di scegliere più possibilità, un campo più vasto anche in... tutto il Web. Rimanere a casa?

Ecco che poteva essere anche una di queste domande, la mia, al motore di ricerca invece dell'informazione per una banale vacanza. Ma attenzione! La mia domanda nascondeva un trabocchetto e il motore ci è cascato dritto dritto per timore di sbagliare non per mancanza di informazione. Mi ha dato tutte le risposte ai quesiti sopra citati, mi ha consigliata a vasto raggio, mi ha sussurrato nell'orecchio le risposte giuste, mi ha consolata, mi ha fornito indirizzi e non si è fossilizzato come avrebbe fatto forse un... umano. Un motore, sapete, è senza cuore, ma al posto della mente sapete cos' ha? Ha... un motore, appunto.
La variabile per il motore è diventata costante ed immutabile mentre invece la costante, la casa, è diventata la vera variabile: di volta in volta un "rifugio", una "proprietà" da condividere, una "comunità" dove un anziano possa trovare calore, la "casa" dove aspettare il futuro nascituro, "l'asilo" per chi cerca sostegno e aiuto, la possibilità per un anziano di "rimanere a casa" e non cercare oltre un ospizio, la casa-comunità cui avevamo già accennato. In senso politico ho avuto altre risposte perchè anche lì c'è bisogno di "una casa comune" dove, da pochi, diventare molti. Mi ha dato indirizzi e informazioni contenuti in varie pagine ma per quanto cercassi un'agenzia di viaggi con notizie allettanti per farmi decidere se restare a casa o partire, ebbene, nemmeno mezza.
A questo punto potreste dirmi che bastava inserire nel motore la parolina "viaggi+vacanze" e di soluzioni me ne avrebbe trovate a iosa, e che non è il caso di inserire parole che lasciano adito a doppie, triple, quadruple interpretazioni. Già, è vero, lo sapevo ma l'ho fatto apposta. Volevo provocare questo famosissimo e velocissimo motore di ricerca con una domanda banalissima ma prismatica e lui di questo prisma si è fatto beffe o non aveva gli occhiali per sopportarne il bagliore. Ha tenuto conto solo di alcune sfaccettature, quelle più ovvie, più evidenti, più banali. Se ci fosse un'anima lì dietro con la quale dialogare veramente potrei dirgli, magari via e-mail, guarda che hai toppato. Io non sono una che parla male di computer e informatica, anzi! Vi amo e vi capisco e faccio in modo anche di spiegarvi agli altri ma questa volta, in questo caso non siete stati all'altezza. Pensate un pò se la domanda ve l'avesse fatta una che non conosce la vostra estrema e matematica precisione. Una che inserisce le parole nel motore con timore per paura di sbagliare lei e non voi che le rispondete poi fischi per fiaschi.
Scusa tanto, motore mio. Questa volta andrò proprio in vacanza e non... rimarrò a casa.

mfr