Rione Pigna - IX

La Pigna è il singolare nome di questo Rione e proviene da un grosso reperto in bronzo del gigante Nembrotte ritrovato negli scavi del Tempio d’Iside e Serapide che sorgeva in questo territorio che non ha una grande ampiezza, ma vi si ritrova una massiccia parte di storia che appare quasi ammassata per la continuità di vestigia che lo ingombra.
Ora la pigna è situata nel nicchione del Belvedere nel cortile della Città del Vaticano.
Dalla Rotonda alla Chiesa del Gesù, tra Santa Maria sopra Minerva a Sant’Ignazio è un susseguirsi di costruzioni signorili che danno una certa austerità a tutta la zona schiacciando le case più modeste.
Un tempo Pigna era la VII regione augustea e nel secolo XIII figurava al nono posto col nome di Pinae et Sancti Marci e notevoli erano i Saepta, il Santuario per il culto di Iside che occupava un grande quadrilatero attorniato da Portici dove erano il Pantheon, le Terme di Agrippa e la basilica di Nettuno il cui centro era nell’attuale via dell’Arco della Ciambella.
A questo tempio si accedeva attraverso una gigantesca arcata e se ne usciva attraverso un arco rinascimentale più piccolo: Arco di Camigliano dove l’ attuale via Piè di marmo sbocca in piazza del Collegio Romano.
Una curiosità da citare è che il piede di marmo che da nome alla via proviene, da i Saepta come cinque degli obelischi che sono nelle piazze romane e come molte statue e monumenti che abbelliscono le fontane più importanti e altre inestimabili opere che sono nei Musei Vaticani e al Louvre di Parigi.
A Pigna Giuseppe Gioacchino Belli abitò nell’ultima parte della vita, rispettato e onorato come semplice cittadino, ma senza conoscere quella gloria che gli arrise a posteriori per merito di Luigi Morandi che pubblicando i 2279 Sonetti da lui lasciati, fece conoscere il suo talento.
Un altro personaggio romano spassoso e megalomane fu invece Adriano Bennicelli detto “er conte Tacchia” perché avrebbe dovuto fare il falegname, ma preferiva agghindarsi come un damerino e girare in carrozza pur essendo povero in canna cosicché è restato nella memoria di coloro che raccolgono leggende e storie amene. Fra le tradizioni scomparse ve n’è una che riguarda piazza della Minerva che il 23 di marzo era sempre in festa perché Il Pontefice arrivava in pompa magna con il suo corteo per recarsi prima alla chiesa Santa Chiara e poi a quella di Santa Maria dove, dopo una Messa solenne, distribuiva una dote di circa 35 scudi e 25 e baiocchi alle zitelle “vergini e di buona fama” offerta dall’Arciconfraternita dell’Annunziata e le ragazze che dovevano essere coperte da un velo e, per questo, venivano dette ”Le ammantate“.


ER CONTE TACCHIA

Adriano Bennicelli conte Tacchia
era pè li romani 'na gran pacchia
perché li divertiva co'prodezze
che 'gni tanto infiorava de sconcezze.

ciaveva un suo parla' che sconturbava
cor quer fraseggio ardito che spassava
bastava poco perché lui s' enfuriasse
e la caramella dall'occhio jé cascasse.

Sapeva architetta’ la sceneggiata
e poi pe’ ore se la recitava.
Portava la bombetta e er bastoncino
perché voleva assomija’ a un paino

però ciaveva l'anima da bullo
e risicava tutto p'un cavallo.
Co' la parija ar trotto e cor cocchiere
spasseggiava per Corzo a tutte l'ore

e si vedeva poi ‘n’ antro cavallo
er traffico bloccava senza fallo:
cominciava a parlaje a tu per tu
e, a quer punto, gnente esisteva più.

 

Sempre a piazza della Minerva sulla facciata della stessa Chiesa vi sono anche le lapidi che riportano le date e i segni degli allagamenti accaduti quando il Tevere non aveva i muraglioni.
Nella piazzetta di San Marco a piazza Venezia, si svolgeva, invece, “ il Ballo dei guitti “ e vi partecipavano gli spiantati, i ridicoli,gli storpi e i buffoni, dove dinanzi alla statua di Madama Lucrezia inghirlandata di agli e cipolle, gareggiavano in danze oscene e lazzi pungenti. Una leggenda riguarda il fossato attorno al Panteon che si dice essersi formato quando il negromante Pietro Baialardo vi fu sprofondato dal demonio a cui aveva promessa l’anima senza mantenere il patto.
Al riparo delle sguaiate allegrie rionali, nei loro palazzi imponenti, titolati e nobili hanno vissuto esistenze invidiate, senza mostrare le loro debolezze, e senza intaccare il lustro dei loro blasoni e, i loro nomi, vengono meglio visti se accostati soltanto a ciò che hanno lasciato di storico e di artistico. La delimitazione di Pigna : piazza Venezia, via del Corso, via del Carovita, piazza S.Ignazio, via del Seminario, piazza e via della Rotonda, piazza Santa Chiara, via e Largo di Torre Argentina, largo Arenula, via Florida, via Botteghe Oscure, via e piazza S. Marco.


 

APPROFONDIMENTI

Il Rione Pigna è celebre perché essendo stato sempre il più centrale di Roma ha un tessuto di storie e leggende che abbraccia più secoli ed è stato sempre il preferito dalla nobiltà e dal clero vi fece erigere le proprie dimore . furono perciò sempre questi illustri personaggi a far poi costruire anche Chiese e Cappelle  accanto ai loro fastosi palazzi. Fra quelle sparite, sostituite e ancora presenti ben trentacinque sono sono state strettamente legate alle sorti  di questa zona romana. Ed  è facile ad un eventuale turista individuarne prestamente l’ubicazione  perché l’attrributo della Pigna segue invariabilmente il nome del Santo a cui la chiesa è dedicata. Di ogni palazzo e strada e chiesa, sarebbe interessante ricostruirne la storia e le vicissitudini , ma in questo breve approfondimento citeremo le molte chiese che recano questo attributo. San Cosma e Damiano da Pinea, San Giovanni da Pinea in cui si celebravano funzioni per i carcerati, Sant’Anastasio da Pinea, San Giuseppe della Pigna, San Lorenzo de Pinea,  San Niccolò de Pinea, detta poi del piano e Santo Stefano de Pinea  che è quella più centrale e fu detta poi Del Cacco  a causa di un Cinocefalo  egizio di granito , rappresentante un genio adorante il sole che, ritrovato nei pressi,fu creduto dal popolo un simulacro della scimmia macacco. Da qui il diminutivo.