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Natale a casa Bitozzi

di Mimma Anello

Si avvicinava il Natale, ed il signor Bitozzi manifestò alla moglie Eufemia, il desiderio di passare quei giorni con i suoi familiari. La moglie arrendevole aveva acconsentito, anche se pensava che la casa per l'occasione, sarebbe diventata un campo di battaglia.
I parenti erano il padre ottantasettenne che abitualmente risiedeva in una casa di riposo: “Villa Gioia”. Poi c'erano due sorelle del  marito sposate, Livia con una figlia: “Giada” e l'altra “Viola” senza prole. Casa Bitozzi non era molto grande quindi la signora Eufemia aveva pensato di sistemare gli uomini, ossia i cognati con il vecchio suocero a dormire insieme in una stessa stanza, di contro le mogli nella camera del figlio Alessio, questi si sarebbe sistemato con un letto di fortuna nella camera matrimoniale dei genitori.
Organizzati così la signora Eufemia pensava che potesse andare bene, ma in verità quando fu al dunque, le varie disposizioni risultarono poco soddisfacenti. Il vecchio nonno Liberto, la notte russava forte a causa delle malmesse vie respiratorie, prima emetteva un ronfo come un aeroplano in decollo, poi un fischio come una locomotiva in arrivo. Così i due generi non poterono prendere sonno, cercarono da principio di superare l'inconveniente mettendosi dei tappi nelle orecchie, ma la cosa non funzionò; conclusero infine di alzarsi e di andare a giocare a carte. Passarono così la notte pensando di rifarsi con una lunga dormita di giorno. La vigilia di Natale decisero tutti di giocare a tombola e ciascuno si dispose pronto con la propria cartella; il vecchio nonno non volle essere da meno e desiderò anche lui di partecipare. Cominciarono a tirare a sorte i vari numeri, e qualcuno iniziò a dire: “ho fatto ambo”, altri “terno” e così via e mentre tutti erano in silenzio assoluto attentissimi con le orecchie tese a segnare, si sentì ad un tratto la voce gracchiante del nonno che gridò: “tombola” e tutti sobbalzarono e si affrettarono a dire: “verifichiamo”.
Nella costatazione si notò che molte volte il nonno aveva considerato solo le unità, non avendo distinto bene le decine, perché duro di orecchie “normale dato l'età”. Con molto garbo si cercò di spiegare che aveva segnato male, ma il nonno si sentì grandemente offeso e mormorando che i vecchi non vengono più considerati, si alzò e non volle più giocare.
A mezzanotte da sotto l'albero di Natale cominciarono i ragazzi a prendere i regali: Alessio e Giada ebbero dei computer portatili adatti per la scuola, gli uomini cose utili: dei pigiami, mentre le donne ebbero ricettari di cucina con varie diete: vegetariana, macrobiotica, associativa, dissociativa con eventuali digiuni per i giorni prima e dopo quei pasti abbondati e grassi.
Il giorno di Natale tutti decisero di andare alla messa delle undici, escluso il nonno che sarebbe rimasto con la colf.
Intanto la signora Eufemia si era attardata a preparare il pranzo e di conseguenza non era pronta e con il marito decisero di uscire per ultimi. Quando finalmente furono pronti ad andare il Bitozzi dimentico della precisione della moglie, introdusse troppo celermente le braccia nella camicia, dopo di che i bottoni dei polsini saltarono via anzi volarono. Bitozzi cercò di seguire con lo sguardo la danza ed i volteggi di questi, ma alla fine non seppe individuarne il luogo dove erano caduti. Cercò sotto il letto, la cassapanca, la toletta ma sembrava  che un folletto capriccioso l'avesse fatti sparire.
La moglie lo esortò a prendere un'altra camicia. Bitozzi ogni momento guardava l'orologio da polso e sbuffava: “affrettati, affrettati Eufemia mia, faremo tardi”, lui intanto nella foga si era messo la cravatta sopra il colletto della camicia; ma la moglie amorevolmente aggiustò tutto. Finalmente pronti uscirono e fecero appena in tempo, perché la messa era già cominciata.
Al ritorno dalla chiesa tutti si apprestarono a sedersi a tavola. L'odore di cucina permeava l'area di cannella, noce moscata ed altro. Alcuni si stropicciavano le mani un po' per il freddo, un po' pregustando i diversi piatti. Il pranzo fu vario, tra una portata e l'altra si sentivano rumori di piatti e posate che venivano cambiati, bicchieri che urtavano le bottiglie di vino ed acqua altri chiedevano il bis di una pietanza perché troppo buona: “ma poco, poco … senza abbondare”. Il tutto si concluse con vini frizzanti, brindisi scambiandosi auguri di pace serenità e tanta, tanta salute, con la promessa di rinnovare l'incontro per il successivo Natale.