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IN SALA IL FILM DI ANDREA PORPORATI
"IL DOLCE E L'AMARO"
MAFIA, ILLUSIONE E REALTÀ
di Giuseppe Trabace


 

(scheda)


 


 

Film sulla mafia di impianto tradizionale, non per nulla il regista Andrea Porporati è un collaudato sceneggiatore (fu tra gli sceneggiatori della “ Piovra “ televisiva).. Nella prima parte, sicuramente la più incisiva, il film offre scene brevi ma efficaci, per tutte il coinvolgente incontro tra l’adolescente Saro ed il padre detenuto ribelle. La seconda parte è più scontata con il prevedibile pentimento del giovane malavitoso e con alcune scene un po’ troppo lunghe che ricalcano i ritmi ed i contenuti delle fiction televisive. La storia è più credibile nella parte finale, allorché il protagonista ride amaramente per la sua vita sbagliata, forse senza sbocchi. La fotografia di Alessandro Pesci ci mostra una Sicilia assolata e splendida in contrasto con la cupa tristezza di quegli uomini avidi e senza scrupoli. Attenta la direzione degli attori. Protagonista è il palermitano Luigi Lo Cascio. Quest’attore, che forse non avrebbe il fisico giusto per la parte di Saro, ci mette tanto impegno per disegnare le false sicurezze e poi la sconsolata consapevolezza per gli errori commessi del suo personaggio, da meritare la lode. Intensa Donatella Finocchiaro nel tratteggiare il personaggio un poco monocorde di Ada Da segnalare la spontanea recitazione del giovane Gaetano Bruno che dà vita al personaggio di Mimmo, il pavido ed ambiguo figlio di Gaetano Butera. Renato Carpentieri dà forte rilievo al potente mafioso in carcere che mostra tutta la sua doppiezza nell’incastrare il protagonista. Un cammeo di classe si riserva Fabrizio Gifuni , uno fra i migliori attori del nostro cinema, che offre in poche scene con spontanea sicurezza il profilo di un giudice in prima linea, pienamente consapevole dei rischi connessi al suo difficile lavoro.

Accolto con qualche riserva al recente Festival del Cinema di Venezia, il film, che rientra nel filone del cinema civile, ha delle inadeguatezze ma in complesso rivela una sua dignità che va riconosciuta

 

 

 

 

Saro, un ragazzo adolescente, è di fronte al padre, mafioso di spicco che è a capo di una rivolta di detenuti all’interno di un carcere. Il giovane, dietro pressioni del direttore del carcere, tenta ingenuamente di convincere il padre ad arrendersi ma questi neppure l’ascolta, cerca piuttosto di far comprendere al figlio il legame forte che lo lega alla sua famiglia e, nel lasciarlo, pronuncia un frase che per lui è una regola di vita "Nella vita c’è il dolce e l’amaro , e bisogna prenderli entrambi". Il film di Andrea Porporati inizia così, con quella frase con cui il padre, nell’ avviare il figlio ad una futura carriera di "uomo d’onore", non gli nasconde che accanto ai vantaggi, alla bella vita provenienti dall’attività malavitosa vi saranno pure le pene inevitabili, quali il carcere, le fughe, infine una vita precaria.
Quel ragazzo, orfano del padre ucciso nel corso della rivolta, cresce convinto che il suo percorso di vita mafiosa è tracciato, in ciò sapientemente "aiutato" dal padrino Gaetano Butera, già amico del genitore. Inizia nella natia Palermo la sua scuola di piccolo malavitoso, il denaro non gli manca ma ecco che l’amaro gli si pone davanti. Ada, la donna a cui è legato da una intensa passione amorosa, rifiuta di sposarlo proprio per la triste vita che conduce. La sua reazione è violenta verso Ada e verso i suoi corteggiatori proprio perché lui ritiene che la via che sta percorrendo sia la migliore e trovi il suo apice nella sua”promozione” da parte dei capi di cosa nostra a uomo d’onore. Saro inizia con le rapine alle banche, poi il salto di qualità l’assassinio di un uomo ed ecco finalmente riconosciuta da personaggi che contano le sue qualità di “ picciotto leale e fedele “. Butera gli trova pure moglie e lui obbedisce, mette al mondo due figli ma è sempre infelice per Ada, ormai fuggita nel nord Italia. Quest’uomo, forse non è del tutto perduto, comincia a sentire il peso di tutte le brutture di cui è testimone. I capi non perdonano chi sgarra, si giunge al punto di trucidare due adolescenti colpevoli di aver scippato la madre di uno di loro. Ad un tratto, uno dei potenti di cosa nostra, detenuto da molti anni , confida a Saro che Butera avrebbe tradito anni prima e avrebbe in un certo senso permesso l’uccisione del padre. Saro, ormai frastornato, prepara la trappola e dirige, servendosi di due sicari, un’operazione criminale che porta all’ammazzamento di Bufera. E’una trappola, in realtà cosa nostra ha “usato” Saro per uccidere un Butera innocente ma che certamente ha sgarrato verso i suoi compari. A quel punto Saro, ormai condannato anch’egli a morte, si rende conto in quale abisso è caduto, fugge nel nord e trova rifugio da Ada. Ormai è braccato, afflitto, nonostante la vicinanza amorosa della sua donna, da profondi sensi di colpa. Su invito di un coetaneo del suo quartiere divenuto giudice antimafia sceglie il difficile ruolo di testimone a carico della mafia. La sua vità è cambiata, ora vive nel nord in un piccolo paese con la sua Ada, coperto da un programma di protezione.
Pare che la vita di Saro sia ad una svolta positiva, ma giunge la notizia che il suo amico giudice è stato trucidato dalla mafia. E’ giunta l’ora di Saro? Il film non lo dice ma l’ombra della mafia incombe minacciosa, l’amaro per Saro non è terminato.

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