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SUCCESSO PER IL FILM DI
A. KECHICHE
"COUS COUS"
Sogno di un maghrebino
di Giuseppe Trabace


 

(scheda)

I temi trattati sono tanti dal precariato nel lavoro, al razzismo strisciante, alla rivendicazione dell’identità franco-araba, al tema della famiglia- ufficiale e non – che interviene per salvare la sua stessa sopravvivenza. Quello che risalta nella visione del film è quella macchina da presa puntata sui volti dei protagonisti. L’intento del regista è  di scandagliare fino all’estremo nei pensieri, nelle rabbie, nelle gioie, nelle tensioni amorose di quei personaggi. Ne consegue uno studio psicologico non sempre raffinato ma tutto sommato efficace nel mostrarci quel tipo di realtà sociale senza peraltro trascurare l’aspetto etnico. Il film non è esemplare. Talvolta quei dialoghi serrati tra i protagonisti dello script appaiono troppo tirati in lungo o i  concetti espressi sono eccessivamente urlati fino a provocare insofferenza nello spettatore. Difetti originati dalla giovane età del regista? Forse, non mancherà all’ambizioso Kechiche l’occasione di dimostrare in futuro progressi nel suo modo di fare cinema.
Gli attori, quasi tutti non professionisti, sono scelti con accuratezza sempre seguendo l ‘intento fortemente realistico sposato dal regista. Recitazione con toni alti – talvolta eccessivi- cui quasi tutti gli attori aderiscono con sincera partecipazione. Spicca il volto della bravissima Hefsia Herzi nel ruolo d i Rym. Con spontaneità tratteggia un tipo di giovane donna che sente nel suo intimo il diritto di avere, purchessia, un padre. Nella parte finale del film gioca con incredibile virtuosismo la carta della danza del ventre. Non sarà facile dimenticare, nel corso della sua esibizione, le  movenze sinuose che sprizzano sensualità senza indulgere a gratuite volgarità. Alla Mostra del Cinema di Venezia 2007 la Herzi è stata insignita  del premio "Mastroianni" quale migliore attrice esordiente.
 

Cos’è il cous cous ? E’ quel notissimo piatto della tradizione araba composto dai grani, dalla muggine e da svariati tipi di pesce. Questa è la risposta ovvia ma Abdellatif  Kechiche, regista del film  “Cous cous “, ce ne dà una spiegazione singolare chiarendo che questo cibo "è la rappresentazione di un’identità, quella della famiglia francese,di origine maghrebina, non solo un piatto ma piuttosto qualcosa che unisce e non divide". Il contesto in cui si svolge la trama del film è la descrizione realistica, mai astratta, della vita in territorio francese di immigrati del Maghreb che tutto sommato, pur attraversati da tante difficoltà, ce l’hanno fatta ma non possono dimenticare le loro origini che possono essere rappresentate dal cibo,dai costumi, dal sesso e via continuando.
Beij, un arabo di sessant’anni, vive da molto tempo a Sete nei pressi di Marsiglia e, dopo tanti anni di duro lavoro nel cantiere navale del porto, viene licenziato come un ferro vecchio. L’uomo, taciturno ma dotato della sensibilità degli umili, non vuole desistere  perché, anche se divorziato da molti anni, non vuole allontanarsi dai figli ormai grandi. Il suo rifugio è una misera stanza in un alberguccio la cui proprietaria è la sua fedele amante. La persona che gli è più vicina e che lo ama come un padre è Rym la figlia giovanissima della sua amante. I figli lo apprezzano, lo difendono dalle critiche della ex moglie ma hanno i loro problemi esistenziali e non gli sono abbastanza vicini. Beij si rifugia in un sogno che lui vuole fermamente trasformare in realtà. E’ sua intenzione aprire un ristorante a conduzione familiare sul porto utilizzando un vecchio peschereccio in disuso. I soldi della sua liquidazione sono scarsi, comincia il suo calvario tra banche e uffici pubblici per reperire fondi ed ottenere le tante autorizzazioni necessarie. E’aiutato dalla dolce e determinata Rym ma non ce la può fare. Come ultima chance, dopo avere ristrutturato con il convinto aiuto materiale dei figli maschi, il peschereccio, Beij  decide di invitare le persone importanti di Sete per offrire loro un pranzo in cui troneggerà il famoso piatto arabo del cous cous, di cui la moglie divorziata è maestra nella sua preparazione. E un modo per convincere quelle persone a finanziarlo ma è anche la prova che i suoi parenti gli sono vicini anche nella prospettiva di una vita migliore per tutti loro. Dopo una preparazione febbrile giunge la sera del pranzo e gli invitati arrivano in massa. Essi sono ammirati dall’ambiente così ben rifinito e apprezzano le prime pietanze – tutte rigorosamente arabe - che vengono loro servite. D’un tratto l’imprevisto. Proprio il cous cous, già preparato presso la sua abitazione dalla ex moglie, non viene più trovato per la sventatezza di uno dei figli. Beij si vede cadere il mondo addosso anche perché gli invitati iniziano a lamentarsi per il forte ritardo nel servire il cous cous. Il pover’uomo corre disperato a casa della moglie divorziata nella speranza che la donna possa preparare nuovamente la pietanza sparita. La donna è fuori casa, l’uomo crolla.
La via di uscita da quella brutta situazione la trova Rym che, per trattenere l’ira degli invitati, improvvisa una eccitante danza del ventre che riesce a distrarre le persone. Nel frattempo l’amante di Beij, a fronte del forte ritardo di quest’ultimo, corre al suo albergo e prepara il cous cous. Forse la serata è salvata e l’ex portuale realizzerà il suo sogno.
Storia, di forte impatto realistico, sospesa tra drammatico e grottesco scritta e diretta con vigore ed intensa partecipazione emotiva, dall’emergente regista tunisino-francese Abdellatif Kechike.
Un film da vedere

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