COME
NACQUE UNA POESIA
Mi ero alzata
all’alba perché avrei dovuto attraversare mezza Roma per giungere al
Liceo Tasso all’orario stabilito. Era la prima volta che mi s’invitava
per essere intervistata come Autrice letteraria e più precisamente come
poetessa.
Aveva fatto da tramite una studentessa del Primo Corso di Ragioneria
dell’ Istituto Torquato Tasso, che aveva dato da leggere alla sua
Professoressa d’italiano due miei libri. I miei scritti avevano
suscitato interesse nella Docente che mi avrebbe voluto ospite durante
la sua ora di lezione.
L’invito mi era stato fatto telefonicamente da Antonella che avevo
conosciuta cinque mesi addietro nella clinica dove avevo subito
l’intervento di alluce valgo a entrambi i piedi, all’età di 49 anni,
quando ero già nonna. Antonella aveva occupato il letto accanto a me
nella stanza del reparto di Chirurgia
dove io, ero stata appena operata di alluce valgo ad entrambi i piedi.
La giovanetta che dimostrava meno dei suoi quindici anni, vi restò per
tre soli giorni
tanto bastava per la sua tonsillectomia d’urgenza. Ma non era stata
preparata all’intervento e, fin dal suo arrivo, mi avvidi che era
terrorizzata. Specialmente quando la madre, doveva lasciarla dopo l’ora
di visita, la sua agitazione si accentuava e la notte non dormiva al
pari di me che pativo per le mie dolenti estremità.
Provai subito tenerezza per lei vedendo che era la prima volta che
entrava in un nosocomio ed io, pensando alla mia nipotina che di recente
aveva subita la medesima dolorosa esperienza, mi compenetravo per quanto
passava nella sua testolina,
Cercavo di tranquillizzarla in molti modi minimizzando il guaio che le
era capitato, dicendole che quei pochi giorni di dolore li avrebbe
presto dimenticati e non sarebbe
stata più soggetta a febbricole e tonsilliti.
Impossibilitata a muovermi perché ero stata operata da sole ventiquattro
ore, feci del mio meglio per consolarla, parlandole come una nonna e per
distrarla le passai i miei libri di poesia che avevo presso di me. Notai
che si elettrizzò nel sapere che io ero l’autrice di quanto andava
leggendo.
Come stabilito,dopo tre giorni fu dimessa e nel salutarmi mi promise che
sarebbe venuta a farmi visita, visto che la mia degenza si sarebbe
prolungata.
Fin quando non sarebbero stati pronti i calzari su misura che erano
stati ordinati non avrei potuto lasciare la clinica quindi lei sapeva
che ancora per dieci giorni sarei rimasta ricoverata.
Non avevo preso molto sul serio la promessa di visita che mi aveva fatta
e fui sorpresa dopo pochi giorni di vederla approssimarsi al mio letto
serena e contenta.
Mi abbracciò recandomi un mazzolino di fiori da parte di sua madre e mi
disse subito che le era rimasto il desiderio di leggere i miei libri e
aveva intenzione di acquistarli.
Acconsentii e, tenendo conto della sua giovane età, le chiesi un prezzo
simbolico che non copriva neppure il costo di una fotocopia e lei ne fu
entusiasta e se li portò via come un trofeo, commossa per le amichevoli
dediche che vi avevo apposte.
Abitando non molto lontano, ritornò ancora due volte esternandomi la
gioia che aveva provata nel leggere sia i versi in lingua del libro “Tre
rose”che quelli in vernacolo di “ Coriandoli a la rinfusa”.
Nell’andarsene si annotò il mio indirizzo telefonico e, confessandomi
che anche lei si dilettava a scrivere qualcosa, mi lasciò alcune copie
dei suoi pensierini , affinché ne dessi un giudizio e s’informò circa la
data del mio ritorno a casa.
Dopo una ventina di giorni, giunse precisa la sua telefonata.
Naturalmente la incoraggiai a scrivere , sottolineando che questa è
sempre una vocazione da non sottovalutare poiché fa bene all’anima
fermare sulla carta pensieri e riflessioni e spesso introduce a carriere
soddisfacenti.
Tornata a casa avevo ripreso la mia vita di madre di famiglia e pian
piano stavo riabilitando la mia deambulazione, lenta e faticosa a causa
delle impegnative incombenze familiari giacché, il lavoro giornaliero
non era poco e lo spazio da dedicare ai miei piedi era insufficiente.
pertanto la mia andatura era ancora zoppicante e solo alzandomi un’ora
prima del consueto facevo i pediluvi e i massaggi che il chirurgo mi
aveva prescritti, ma sempre molto rapidi…
Dopo qualche tempo, la giovanile voce di Antonella , mi giunse una
mattina inaspettata. Seppi così che frequentava il primo anno di
ragioneria nel prestigioso Liceo romano e che la sua Professoressa di
letteratura avendo letto i miei libri, m’invitava per una dissertazione
sulla poesia romana in una delle sue prossime ore di lezione.
La sua euforia, mi lasciò capire quanto ella fosse ansiosa di
convincermi e avrebbe desiderato una pronta risposta per fissare il
giorno dell’appuntamento e mi enunciò
gli orari settimanali delle lezioni fra cui avrei potuto scegliere e si
raccomandò caldamente di accettare l’invito .
Sul momento rimasi perplessa e, per la risposta, le chiesi di
richiamarmi .
Difatti, avrei dovuto organizzarmi perché questa ospitata culturale
scolastica avrebbe scombinate le mie abitudini mattutine dedicate al
riordino della casa, alla spesa e alla preparazione del desinare sempre
invitante e laborioso per l’ appetito dei miei che sembrava insaziabile
e ogni giorno le ore da passare in cucina erano interminabili.
Inoltre la Scuola, rimaneva molto distante dalla nostra abitazione ed
io ancora non camminavo speditamente.
Avrei dovuto preparare un menù di rapida preparazione e allo stesso
tempo sostanzioso, ché abituati a trovare tavola apparecchiata e pranzo
pronto, nessuno sarebbe stato disposto ad aspettarmi nel caso fossi
rientrata tardi e neppure osavo sperare nel loro aiuto anche perché non
volevo far pesare a nessuno questa mia uscita estemporanea.
Superate tutte queste perplessità decisi di andare.
Trovai Antonella che mi aspettava sul portone del Liceo per
accompagnarmi al secondo piano dov’erano le classi miste di Ragioneria e
dove già gli allievi stavano prendendo posto e notai che quasi tutti ,
specialmente i maschi, mi lanciavano sguardi curiosi ed ironici, incerti
se riconoscere davvero in me l’Autrice che era attesa.
Giunta che fu l’Insegnante, ci presentammo ed entrammo in classe e nel
mentre lei si assideva alla cattedra mi presentava ai suoi studenti come
scrittrice e soprattutto poetessa romana che aveva acquisito diversi
premi e che si sarebbe prestata a leggere qualcosa dei libri che aveva
portati spiegando anche il suo amore per la poesia.
Lo spunto per iniziare mi fu dato proprio da alcuni sorriseti ironici
che avevo captato nel corridoio e senza molti preamboli dissi a quegli
adolescenti che tutti possono diventare scrittori se hanno facilità di
esporre i propri pensieri correttamente, con semplicità e immediatezza
, ma il talento vero si riconosce quando ciò che si descrive, riesce a
far breccia nell’animo di chi legge e, spesso è l’umiltà di un autore
che trapela e conquista.
Dopo questo preambolo, la classe si fece più attenta e silenziosa e fu
allora che la Professoressa cominciò a sfogliare i miei libri facendomi
le domande comuni di ogni intervista.
Con uno scroscio di applausi si stabilì una gradevole intesa e la
docente invitò i giovani a farmi le domande che volevano e, per alzata
di mano, se preferivano ascoltare la declamazione di poesie in lingua o
in dialetto .
Fu accolta la scelta della maggioranza che preferì il dialetto e insieme
si scelsero i titoli dal libro in romanesco.
È risaputo che la poesia romana è arguta e giocosa e nella battuta
finale rivela spesso la sua morale che può essere drammatica o
ridanciana ed è proprio questo che attira l’uditorio.
Lessi cinque o sei poesie di cui dovetti spiegare l’ispirazione e la
composizione e ad ogni risposta la loro attenzione diveniva più acuta e
consapevole mostrando quanto l’audizione fosse gradita.
Gli adolescenti non si aspettavano forse che io scrivessi in quel modo
tanto da divenire euforici e anche la professoressa, volle
gratificarmi cedendomi il suo posto in cattedra mentre qualche ragazzo
mi sfidava a poetare a braccio .
Le richieste erano maggiormente sportive indirizzate alle squadre di
calcio preferite, ma siccome nella Capitale il tifo è pressoché in egual
misura sia per la Squadra della Lazio che per quella della Roma e
dovendo creare la composizione in un tempo ristrettissimo, decisi di
accomunare le due passioni componendone una sulla partita del Derby,
dettandola ad alta voce mentre uno dei giovani l’avrebbe scritta col
gesso sulla lavagna affinché gli altri potessero copiarla subito.
Fu così che nacque la seguente poesia pensata e scritta in fretta
poiché stava esaurendosi il tempo concesso a questa insolita lezione:
REGAZZI ROMANI
La gioventù de Roma
È tutt'affratellata
tutti se senteno fij
de 'sta città affatata.
'sta Roma ch'è vecchiotta
ma sempre tanto bella
brilla pé loro come
la più lucente stella.
Li serci su cui viveno
so'carichi de storia
l'orgojo che l'infiamma
nun è fatta de boria.
Ce sta però un momento
che tutti li fa freme
è quanno su li spalti
s' aritroveno assieme.
Fra strilli: Roma … Lazio
fanno 'na gran caciara
provocanno er subbujo.
Er Derby j'empie l'anima
e succede er miscujo.
Nun pareno li stessi
Fra tanta confusione
nun ce so'più fratelli…
Ma è solo sopra er Campo
cor tifo e la passione
che presto s' aritorna
a la giusta dimenzione.
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In quel
trambusto, io non ebbi l’atmosfera adatta alla concentrazione
per creare dei versi perfetti, ma feci del mio meglio e, sono
molto sincera nel dire di aver soddisfatte in pieno le
aspettative sia dei giovani che della loro insegnante. Alla
fine, mentre gli studenti si accalcavano attorno alla cattedra
per avere l’autografo su ogni copia , ricevetti dalla cara
Antonella un bacio di riconoscenza per averle permesso di
presentarsi come mia prima Fans.
Sono state numerose le interviste che ho avute e le mie poesie
le ho declamate in molte altre scolaresche di Roma, instaurando
sempre un feeling immediato coi giovani, ma l’emozione di
quella prima volta non la dimenticherò mai.
In seguito, la cara Antonella, divenuta ragioniera, poi sposa e
madre mi ha sempre partecipato gli avvenimenti della sua vita e
ha sempre continuato a leggere gli altri numerosi libri cui ho
dato vita. |
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