Dal libro: LE
DUE STAGIONI
IL GATTO
Parliamo un po' del gatto questo animale strano del quale è certo il fatto che
siamese o soriano col suo comportamento sa dare insegnamento.
Questa bestiola infatti È un tipo raffinato che per dar caccia ai ratti non
vuol esser comandato. Ama la vita placida e se ne sta appartato. Amico
dell'igiene fedele al suo rifugio ha dei valori atavici per vivere a suo agio.
Non sa cosè lavoro vuol solo riposare e a sua sola discrezione pretende di
giocare.
E' nato dittatore! Vorrebbe comandare! Però non lo può fare perché non può…parlare.
PURE UN CANE
VUOL MORIRE
Scorre il fiume l'acqua è chiara sopra l'argine c'è un cane.
Solo triste ed affamato guarda l'acqua e scuote il capo.
Qual pensiero lo trafigge? Che cos'è che lo sconvolge?
Non può dirlo ma nel fiume vuol gettar la fedeltà.
Mugolando resta immoto lungo l'argine del fiume…
Là il padrone l'ha lasciato lui è deluso e vuol morire.
Dal libro Le
DUE STAGIONI
DONARE
Sovente nel
mondo si prende
assai più di quanto si doni.
Si dona perché si puo fare?
oppure per bella figura?
Sono validi entrambi i motivi
purché chi ha bisogno riceva.
Ma quando si
da con piacere qualcosa che sta proprio in noi
sia il sangue o le reni
siano gli occhi od il cuore
Il gesto avrà immenso valore.
Comunque a
trapianto avvenuto s'instaura un legame fraterno
fra quello che ha avuto e chi ha dato. Ma il grazie di chi ha ricevuto giammai
non l'udrà il Donatore.
LA SUORA E I
PAPPAGALLINI
Sul davanzale inondato di sole Cantano in gabbia i pappagallini. Sono gli amici
di Suora gioconda Che con pazienza li custodisce. Col loro canto riempiono casa
E par che dicano: Grazie di cuore Per quelle cure che sempre ci prodighi E per
il mangime che mai non ci lesini. E Suor Gioconda attiva e serena
Ascolta sempre
mentre lavora
I piccoli amici ingenui e felici
E al loro canto si unisce a
pregare.
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Dal libro: BIMBI
E ANIMALI
IL PESCE E IL
GATTO
Un pesce dentro un vaso di cristallo sta lì in salotto in cima a uno sgabello
sognando il mare aperto e ossigenato maledicendo chi l' ha confinato. Guarda
tremante il gatto accoccolato che aspetta il momento più appropriato per
esibirsi in qualche acrobazia così che il pesce rosso… schizzi via. La preda
intanto tremante di paura sta in fondo al vaso e d'altro non si cura e solo
quando il gatto se n'è andato con un preciso guizzo è riassommato e ricomincia
il nuoto…
sempre quello pure se s'è stufato del cristallo e invidia quel
felino soddisfatto che ha tanta libertà… ma è nato gatto.
Dal libro:
Bimbi e animali
SENZA AMICI
C'era una volta il figlio d'un signore
che camminava sempre con sussiego mai non giocava con gli altri bambini
e disprezzava tutto il vicinato.
Per questo però triste rimaneva
E s'annoiava a morte giorni interi. s'accorse col passare della vita
che solo e senza amici era restato. Meglio capì quand'era tardi ormai
che l'Amicizia è un dono assai prezioso: è un fiore che bisogna coltivare
semplicemente, così, da pari a pari senz'arroganza né da superiori.
Allor se giungeranno giorni neri
quando che in pianto l'anima si scioglie la mano d'un Amico la raccoglie.
E guarda
anche:
Disegnando...
digitando
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LA MARIONETTA
C' era una volta
un pezzo di stoffa e non "un pezzo di legno" come inizia il libro di
Pinocchio.
La stoffa di colore rosa fu scelta da un artista per creare una marionetta che
doveva agire da protagonista in uno spettacolino per bambini che stava
preparando. E non fu una scelta a caso perché quel rosa rispecchiava
l'incarnato dei bimbi e, il burattinaio, intendeva fare un pupazzo simile al
vero. L'uomo che aveva subito il grande dolore di perdere un suo figlioletto,
voleva riprodurne le sembianze in quella marionetta e farlo agire come fosse
vivo. Lavorando a quella
sua creazione si ritrovò spesso con gli occhi pieni di lacrime e non si dava
pace per quel piccolo tesoro che aveva perduto. Applicandogli
i legacci che gli avrebbero permesso di essere snodabile, presagiva
l'ammirazione che avrebbe riscossa da parte dei piccoli spettatori a cui il
programma era destinato.
Alla fine, il povero padre, non seppe frenare le lacrime che scesero su quel
corpicino imbottito di cotone che aveva costruito con tanto amore.
Come un tocco magico, il pupazzo, assunse proprio quella espressione umana che
l'artista aveva perseguita e la rassomiglianza con suo figlio risultò perfetta.
I suoi spettacoli per
l'infanzia presero l'avvio ed ogni volta che la bella Marionetta entrava in
scena riscuoteva un successo strepitoso. La
sua recitazione era talmente veritiera che i piccoli spettatori volevano
toccarlo per accertarsi che non fosse veramente
un bambino in carne e ossa. Il
papà burattinaio le dava la sua voce e sembrava che veramente fosse la
marionetta a parlare e nessuno immaginava quante fitte al cuore sentiva il
povero padre ogni volta che s'immedesimava in quella finzione.
Fu tanta la sofferenza che il povero burattinaio, morì di crepacuore stringendo
al petto la marionetta vestita da paggio.
La vasta produzione di marionette fu messa all'asta e andò a ruba e la gara per
accaparrarsi il bellissimo paggio fu veramente serrata, ma la vittoria arrise ad
una signora collezionista di bambole e pupazzi originali che sborsò per averla
un'altissima cifra.
A lei piacque soprattutto l'abbigliamento lussuoso di quella marionetta anche se
non aveva mai assistito alle sue recite, perché viaggiava in continuazione,
riportando da ogni viaggio una bambola.
Ne aveva riempito una grande vetrina che ricopriva la parete più vasta del suo
salone di ricevimento.
Stanca dell'ultimo viaggio, depose il suo ultimo acquisto frettolosamente fra le
altre bambole e, ogni tanto, vi gettava uno sguardo distratto.
La marionetta, invece, dal suo posto di osservazione capì di trovarsi in una
casa signorile, molto silenziosa e triste come la sua bella padrona che non
vedeva mai ridere. Avrebbe
voluto recitare per lei e divertirla come aveva fatto in precedenza coi suoi
spettatori. Coi suoi
compagni di vetrina non aveva stabilito alcun rapporto, preso com'era dalla
simpatia per la sua signora.
Fu proprio quando lei decise di riordinare la vetrina che ebbe modo di starle in
grembo, godendo delle sue attenzioni. Per
mancanza di tempo aveva trascurato di farlo ed ora nello spolverare con garbo la
maschera da paggio ebbe un fremito . Sentì d'improvviso che non era una
qualunque marionetta . Comprese che l'attrazione istintiva che l'aveva spinta ad
acquistarla le era venuta, oltre che dalle sembianze aggraziate e dalla foggia
del vestiario, anche dall' espressione che aveva qualcosa di umano. I
suoi occhi non avevano la fissità delle altre bambole, ma uno sguardo
"consapevole" che la inteneriva. Sembrava
che avesse capito il dramma che da anni la tormentava: il non potere avere
figli. Proprio questo il
motivo principale per cui si era circondata di bambole e questo bel paggio
vestito di velluto nero, col bavero di candido merletto , il giustacuore
ricamato d'argento , la spavalda piuma bianca sul cappello e le scarpine di
vernice con la fibbia d'argento sulle calze di seta, rappresentava il figlio che
non aveva mai avuto. Proprio così lo avrebbe voluto! Così
pensando , l'amabile signora, destinò alla marionetta un posto d'onore nella
sua vetrina in modo da renderlo visibile da qualunque punto del salone. Ne
avrebbe avuti consensi da tutti i suoi conoscenti e, lei stessa, prese
l'abitudine di andarlo a salutare ogni mattina come spinta da una forza occulta.
A volte le sembrava che
egli seguisse i suoi movimenti anche quando suonava al pianoforte e che volesse
consolarla nei momenti più tristi.
Un giorno che più forte sentì l'infelicità di non essere madre, prese
il suo paggio fra le braccia parlandogli come se potesse ascoltarla: Perché non
sei veramente mio figlio? Gli
occhi del pupazzo sembrarono rispondere al suo appello disperato ed ella captò
quanto anch'egli fosse infelice per non avere una madre. Inconsciamente
strinse al petto l'orfano immaginario con la stessa tenerezza di una madre vera.
"Da questo momento, tu
sarai il mio bimbo ed io la tua mamma" sussurrò la signora e sentì
placarsi la sua ansia di maternità. La
marionetta non poté mai dirle, purtroppo, la sua altrettanto grande felicità.
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