La
parola “volontario” viene da “volontà” e
richiama il valore della spontaneità. Seguire la persona, soprattutto se
anziana e malata, è una delle missioni a cui i volontari si dedicano con
grandissima cura. A colui che soffre portano un momento di serenità e di
compagnia perché s’interessano di lui e condividono le
apprensioni per il suo stato. Pensano al suo bene oggettivo e soggettivo
in un atto di benevolenza, hanno la gioia di donare e ricevere che sfocia
in una reciproca crescita e maturazione.
Quando agiscono lo fanno spontaneamente, senza essere costretti, nè
retribuiti. Coloro che conosco, lo compiono per loro iniziativa, senza
essere collegati con gruppi o associazioni, mettendo a disposizione
periodicamente il loro tempo per tener compagnia. Lo realizzano nelle ore
libere dalle proprie occupazioni professionali o familiari. Si dedicano
al sostegno delle persone, nel periodo in cui sono malate sia all’
ospedale che in casa, per libera scelta.
Essi portano nella società una maggior umanizzazione e introducano tra le
persone i valori più importanti del servizio materialmente
reso. Con gesti concreti trasmettono una provocazione e una sfida alle
logiche dominanti del nostro tempo. Si fanno carico dei disabili e
li stimolano ad uscire dall’isolamento privatistico e dal
disimpegno, si responsabilizzano di fronte alle sofferenze degli altri,
assicurando così un contributo che ognuno è in grado di dare. C’è
una condivisione gratuita del proprio tempo e ciò costituisce un germe di
rivoluzione culturale rispetto alla logica imperante del profitto e
alla frenesia dell’accumulo. Pongono come punto focale della loro vita
l’essere invece dell’avere, il rapporto umano rispetto al possesso
delle cose.
Chinandosi verso il debole, evidenziano il valore originario dell’uomo
a prescindere dalla salute e dalla potenzialità produttiva. Hanno
la disponibilità non tanto a realizzare dei servizi, quanto a porsi in
ascolto per conoscere di che cosa l’infermo ha bisogno e come vuol
essere aiutato. Modificano il loro impegno adattandosi alle necessità
dell’altro.
I volontari lavorano con la persona, più che per la persona,
diventando umili davanti agli handicappati, ricevendo così più di quello
che hanno dato.
Certamente gli infermi non sono migliori degli altri solo perché malati,
ma la condizione di sofferenza ha consentito loro di avere dei valori che
il clima della società del benessere ha cancellato.
I volontari sia cristiani che non credenti hanno in comune l’attenzione
verso il debole, l’impegno preferenziale per chi soffre ed il
senso della solidarietà reciproca.Questo obbligo è oggi tanto più
rilevante, in quanto è finalizzato a contribuire al superamento di quella
condizione di emarginazione e di solitudine, in cui gli ammalati sono
collocati dalla società dell'efficienza.
I volontari cristiani trovano il fondamento e le motivazioni ultime del
loro impegno nella fede della presenza di Dio in ogni uomo.Credere in
questo fornisce la motivazione sostanziale sia alla corresponsabilità
reciproca, sia alla certezza che ogni persona è portatore di
valori. Inoltre essi sono sostenuti dalla preghiera ed hanno nella
carità il loro segno di riconoscimento. Da Gesù hanno imparato:
“ Vi ho dato infatti l’esempio, perchè come ho fatto io, facciate
anche voi”(Gv 13,15).
Dio semina il bene e chiunque lo può compiere. C’è un senso di gratuità
che ha caratterizzato l’amore di Dio per l’uomo nella persona di Gesù:“Dio
non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perchè il
mondo si salvi per mezzo di lui”(Gv 3,17). E’ l’amore che
costituisce per il credente e per la comunità il necessario punto di
riferimento.
I volontari possono aiutare gli altri cristiani con la testimonianza di
quello che fanno condividendo la sofferenza del malato, realizzando in
termini concreti la scelta prioritaria dell’assistenza al sofferente.
La coscientizzazione sociale consiste per loro nel farsi carico
della situazione di difficoltà dei disabili e degli anziani sviluppando
così una rete di fratellanza. La loro solidarietà richiama soprattutto
l’idea dell’unità operosa nel condividere le situazioni, nel
progettare e realizzare un aiuto efficace e perseverante. Se c’è
un handicappato che sta male per la sua limitazione fisica, i volontari
hanno il preciso dovere di intervenire in tutti i modi perché quella
sofferenza sia diminuita ed egli non venga mai emarginato a causa
del suo stato. Quando lottano contro la cultura che rifiuta il
“diverso”, hanno un ruolo profetico in quanto segnalano
alla società il suo sbaglio.
Essi, sono al servizio del malato e si donano a lui in completa
gratuità, ma proprio per questo sono stati erroneamente considerati
come persone che lavorano senza essere pagate, alle quali volentieri
l’ente pubblico delega la realizzazione di alcuni suoi doveri. Faccio un
esempio: nel reparto dell’ospedale dove sono stata ricoverata, per 48
pazienti c’erano, in alcuni giorni, 2 infermieri e se non ci fossero
stati i volontari (parenti e amici degli ammalati) i disabili sarebbero
restati a letto tutto il giorno.
Non deve succedere che nell’incontro gli handicappati, gli anziani i
volontari siano attenti alle persone, dialoghino con loro, siano
servizievoli e poi nella vita familiare siano scontrosi, autoritari,
intolleranti. Così facendo essi mostrerebbero nei fatti di non
credere ai valori che vanno dichiarando e ostentando. Il cambiamento più
sicuro deve essere quello che essi realizzano in loro stessi , nella
propria vita, nei propri rapporti, trasferendo nell’attività ordinaria
i valori umani che sperimentano nell’azione volontaristica.
Vorrei terminare con le parole scritte ai genovesi dall’Arcivescovo
eletto di Genova Mons.Tarcisio Bertone che ho avuto il piacere di
conoscere: “Agli anziani, agli ammalati ed a tutti i sofferenti
nell’anima e nel corpo tendo affettuosamente la mano, ben sapendo che
essi sono la porzione eletta del popolo di Dio che è in Genova, e che la
loro preghiera, avvalorata dalla partecipazione al sacrificio di Cristo,
ha un’efficacia singolare, alla quale vorrò sempre attingere.<Proprio
a voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza
per la Chiesa e per la società> (Giovanni Paolo II)”.
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