Giovanni Paolo
II
nella sua lettera enciclica Veritatis Splendor del 6 giugno 1993 si
rivolge ai vescovi, ma anche ai teologi moralisti. “Il servizio che
nell’ora attuale i teologi moralisti sono chiamati a dare è di primaria
importanza non solo per la vita e la missione della Chiesa, ma anche per
la società e la cultura umana” (111). Infatti come teologa moralista
debbo “esercitare un accurato discernimento nel contesto dell’odierna
cultura prevalentemente scientifica e tecnica, esposta ai pericoli del
relativismo, del pragmatismo e del positivismo”(112)
L’enciclica tratta più ampiamente e profondamente le questioni
riguardanti i fondamenti stessi della teologia morale.
C’è infatti nelle persone una continua ricerca sul senso della vita, la
cui risposta può venire dalla verità di Gesù e del suo Vangelo. Alle
domande: che cosa dobbiamo fare? come facciamo a discernere il bene dal
male?
Il Papa risponde che è possibile solo grazie allo splendore della verità
che rifulge nell’intimo dello spirito umano (cf Sal 4,7) ed è proprio
sulla strada della vita morale che è aperta a tutti la via della
salvezza( cf Lumen Gentium16).
Con la sua libertà l’uomo può decidere della propria vita pro o contro
il bene, pro o contro la Verità ed in ultima istanza pro o contro Dio.
Sono scelte che danno forma a tutta la vita morale.
La teologia morale cristiana, nelle sue radici bibliche, riconosce la
specifica importanza di una opzione fondamentale che qualifica la vita
morale ed impegna la libertà a livello radicale di fronte al Signore. Si
tratta per il cristiano della scelta e dell’obbedienza alla fede con le
quali opera mediante la carità liberamente attraverso l’intelletto e la
volontà (cf Rm 16,26).
La morale del Nuovo Testamento è dominata dall’appello fondamentale e
radicale di seguire Gesù: “Chi vorrà salvare la propria vita, la
perderà: ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la
salverà” (Mc 8,35). Il Papa prosegue scrivendo: ”anche la morale della
Nuova Alleanza è dominata dall’appello fondamentale di Gesù alla sua
sequela...a tale appello il discepolo risponde con una decisione e
scelta radicale....L’appello di Gesù... segna la massima esaltazione
possibile della libertà dell’uomo e, nello stesso tempo, attesta la
verità e l’obbligazione di atti di fede e di decisione che si possono
dire di opzione fondamentale”(66). Essa è “come una vera e propria
scelta della libertà e si collega con gli atti particolari. Mediante
tale scelta l’uomo è capace di orientare la sua vita e di tendere, con
l’aiuto della grazia, verso il proprio fine, seguendo l’appello divino.
Ma questa capacità si esercita nello scegliere atti determinati
attraverso i quali la persona si conforma alla volontà ed alla legge di
Dio. Va pertanto affermato che la cosiddetta opzione fondamentale nella
misura in cui si differenzia da un’intenzione generica e quindi non
ancora determinatasi in una forma impegnativa della libertà in cui si
attua sempre mediante scelte consapevoli e libere. Proprio per questo
viene revocata quando l’uomo impegna la sua libertà in scelte
consapevoli di senso contrario, relative a materia morale grave.”(67)
Per Giovanni Paolo II la separazione dell’opzione fondamentale dai
comportamenti concreti contraddice l’integrità sostanziale o l’unità
personale del cattolico nel suo corpo e nella sua anima. La moralità
degli atti umani viene definita dal rapporto della libertà della persona
con il bene autentico, il quale è stabilito come legge eterna di Dio che
ordina ogni essere al suo fine. E’ anche conosciuta attraverso la
ragione ed in modo integrale e perfetto attraverso la rivelazione di
Dio.
L’agire è moralmente buono quando le scelte della libertà sono conformi
al vero bene dell’uomo.
La persona può perdersi non solo per l’infedeltà all’opzione
fondamentale, mediante la quale si è consegnata tutta al Signore, ma
anche con il peccato mortale commesso deliberatamente. Infatti si è resa
colpevole verso tutta la legge ed anche se si conserva nella fede, perde
la grazia santificante, la carità e la beatitudine eterna.
Giovanni Paolo II termina l’enciclica affidando “le sofferenze e le
gioie della nostra esistenza, la vita morale dei credenti e degli uomini
di buona volontà, le ricerche degli studiosi di morale a Maria, Madre di
Dio e Madre di misericordia.”(118)
Ho ritrovato una immaginetta in cui Gesù dice a Santa Margherita Maria
Alacoque: “Tu almeno amami!“.
Nel lato opposto io scrissi:
“O Signore fate che come Santa Margherita io vi ami con un amore puro,
come la figlia ama la mamma. Fate Signore che in questa dura vita vi ami
sempre più. E’ questa la preghiera che oggi 16 gennaio 1946
nell’istituto del Sacro Cuore a Genova io vi faccio, è questa la
preghiera che un’anima meschina fa a un Signore che è mille volte più
grande di lei. Quando non vi amerò più (e che non sia mai) venite a
raccogliermi e illuminatemi finché io possa riamarvi MCC”.
A 12 anni nel Collegio del Sacro Cuore di Genova dove studiavo, ho fatto
una scelta importante (una opzione fondamentale?).
Ho evidenziato le
virtù della fede e della speranza, ma specialmente della carità (Rm
12-13; 1 Co 13).
Ho fatto la scelta dell’amore perché non riuscivo a dilatare in tutta la
mia personalità e negli spazi più remoti del mio agire la forza del mio
orientamento profondo.
Ho in seguito privilegiato Dio in Gesù ed il bene morale, un tutt’uno
inscindibile.
Durante la mia vita ho cercato di agire nel contesto della
vocazione cristiana, dovendo continuamente rivedere la mia esistenza e
con l’aiuto di Dio accettare le prove, convinta della Sua presenza.
Si deve decidere di cercare se stessi al di fuori di sé, in un ideale
che ci sovrasta ed al quale ci si dona totalmente, di rinunciare
all’egocentrismo e di aprirsi all’amore, per collocarci sulla via di
Gesù. Quando mi preparavo alla licenza in teologia morale alla
Gregoriana ho seguito con interesse le lezioni del professor K.Demmer.
Mi ha fatto capire l’importanza dell’ opzione fondamentale, un
riferimento per l’analisi approfondita dell’atto morale, segnalato come
un mutuo rapporto che si instaura tra la persona ed il suo atto, tra il
soggetto agente ed il susseguirsi delle sue singole scelte nelle varie
situazioni.
Il professore presentava l’iniziativa salvifica di Dio come condizione
di possibilità, di una potenzialità ricettiva nella persona, che si
attua attraverso l’opzione fondamentale una autodeterminazione globale
che coinvolge l’indirizzo nella sua interezza, in essa si è costituita
la mia identità vissuta dinanzi a Gesù e conseguentemente verso gli
altri. Demmer la presentava come una grandezza prefissata, che plasmava
l’identità dalla soggettività trascendentale e ne dava una in veste
operativa.
La soggettività è esente da qualunque soggettivismo, è invece valutata
dalla conoscenza e conseguentemente dalla verità. Perciò ogni singola
decisione, per essere adeguatamente compresa e stimata, deve rifarsi
all’opzione fondamentale, che coinvolge l’esistenza umana nella sua
totalità, segnala l’orientamento della libertà verso il bene e come tale
è la condizione di possibilità per la scelta dei singoli beni
particolari. Mi sono accostata, durante la mia esistenza, alle varie
situazioni da affrontare in forza della dinamica connessa all’ opzione
fondamentale. Essa ha segnato le susseguenti scelte ed ha confermato il
principio iniziale secondo cui le azioni buone sono derivate da essa.
L’opzione fondamentale ha per me un carattere di stabilità, ha
rappresentato il nucleo decisionale ed operativo rivolto verso le mete
create dal mio progetto di vita. E’ stato sempre presente ed operante
nelle scelte particolari ed ha comunicato un legame unificante
esistenziale in quanto ha partecipato, senza mai esaurirne la piena
potenzialità di inizio delle singole decisioni. Essa ha fatto nascere
una conseguente strategia nell’agire che ha comportato un progressivo
adattamento delle motivazioni, delle intenzioni, dei pensieri e delle
opere, in tutte quelle circostanze in cui io sono venuta a trovarmi,
tanto da conferire alla mia esistenza una impronta ben precisa. Perciò i
singoli obiettivi da conseguire ed i mezzi adeguati da applicare sono
necessariamente passati attraverso il suo filtro. Questa scelta
preferenziale l’ho fatta e rifatta per garantire la massima efficacia al
mio progetto di vita, investendo tutte le mie forze in maniera sensata.
Il bene morale come tale, in quanto oggetto proprio dell’opzione
fondamentale, si apre ai singoli valori morali, per poi essere concepito
come punto di riferimento e origine delle virtù. Esse vengono
considerate il luogo di mediazione tra l’opzione fondamentale e le
scelte particolari. L’opzione è operativa perché si aggancia alla vita
pratica e fa sì che le scelte siano un suo prolungamento.
Durante la mia vita ho compreso, interpretato ed ordinato le vicende
temporali imprimendo loro un progetto. Sono così diventata arbitra della
mia storia. L’opzione fondamentale, in quanto molla e forza propulsiva
del mio esistere, si è distinta per una dinamica ben diversa da quella
delle scelte particolari. Essa mi ha segnalato un orientamento basilare,
mentre le scelte sono rimaste soggette alla mutevolezza della
temporalità. E’ sempre stata il filo conduttore della mia vita e sono
contenta di averla seguita. Presente ed operante come motivazione, mi ha
fatto capire il significato profondo dei valori morali, perché è animata
dalla grazia di Dio nella linea di un orientamento preciso
precostituito.
L’antropologia cattolica mi ha sempre fornito le linee essenziali del
mio progetto di vita, la cui attuazione si sta svolgendo tramite
ulteriori concretizzazioni e preferenze strategiche. Uno spazio
particolare della mia esistenza la dedico a chi soffre sia
psicologicamente che fisicamente, ai poveri ed alle persone tribolate,
così do una risposta a Gesù.
Questa vocazione l’ho sempre avuta ed il punto di riferimento
primordiale imperscrutabile e privilegiato è la mia coscienza in quanto
sede della soggettività trascendentale.
In essa i principi morali basilari si coniugano con le virtù teologali,
i carismi cristiani e le virtù morali. La sequela di Cristo ha avuto in
me, con il tempo, un rapporto profondo e mi ha aiutato nelle mie scelte
di vita irrevocabili . Mi ricordo di aver fatto l’opzione fondamentale
dopo aver saputo dal medico che mio marito aveva la sclerosi multipla,
una malattia inguaribile. Il Signore ha capito la mia scelta e mi ha
aiutato, così sono riuscita a stare vicino a Pietro fino alla sua morte.
Valeva poco per me fare molte cose buone , senza realizzarmi in
un’opzione fondamentale che mi orientasse verso l’infinito di Dio.
Il Signore mi è venuto incontro ed io L’ho accolto. Ho rinnovato
l’opzione fondamentale quando ho dovuto accettare la mia esistenza da
disabile, un cambiamento tremendo. Riesco a vivere questo tipo di
esistenza senza disperarmi, perché voglio dare molto a Gesù ed agli
altri. Con queste scelte irrevocabili ho raggiunto il culmine nella
disposizione definitiva del mio tempo e sono diventata la padrona della
mia storia. La decisione presa, sono sicura di poterla mantenere con
l’aiuto di Dio fino in fondo, in un progressivo compimento ed in termini
di felicità . Voglio coltivarla attraverso una costante maturazione ed
uno sforzo continuo, eliminando gli elementi inadeguati.
Cerco di capire il vero significato delle norme di condotta per
procedere con il bene morale e con il progetto umano che ne consegue. La
mia vita si sta compiendo nell’opzione fondamentale con la quale mi
plasmo e nel libero rapporto di amore che ho per Gesù. Sono veramente me
stessa, quando decido ciò che voglio essere.
La fede mi fa dire: ”Non son più io che vivo: è Cristo che vive in me.
La vita che ora vivo in questo mondo la vivo per la fede nel Figlio di
Dio che mi ha amato e volle morire per me.” (Ga 2, 20)
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
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