All’inizio della malattia ho chiesto l’aiuto di Dio e l’ho avuto!
Sono stata illuminata dalla parola di Gesù ed ho
sentito molto vicino lo Spirito Santo, una cosa sola con il Padre ed il
Figlio. Il Paraclito é il principio della carità, la più specifica delle
virtù cristiane e questo amore si é riversato nel mio cuore per mezzo di
Lui (Rm 5,5) perché io manifesti il mio ”amore nello Spirito” (Col
1,8). Mi sono fatta “guidare dallo Spirito” ed anche vivo e cammino con
Lui che mi dà i suoi frutti per espanderli verso gli altri (cf
Gal 5,13-24).
E’ la persona della Trinità presente nel mondo
ed operante nella società attraverso di noi. Infatti”nessuno può
dire:<Gesù è Signore>se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Co
12,3b).
Cristo ha detto: “è bene per voi che io me ne
vada, perché se non me ne vado non verrà il Paraclito; ma quando me ne
sarò andato, ve lo manderò” (Gv16,7). Gesù parla della Sua morte come
un ritorno al Padre (Gv 12,29) per il bene degli uomini a cui apre il
cammino che conduce a Dio, ma soprattutto provoca l’invio dello Spirito
Santo (Gv 16, 4-15). Egli resterà in terra per ammaestrarli,
consigliarli, richiamare alla loro mente quanto il Cristo ha detto e
fatto. Li convincerà della verità facendola comprendere più a fondo. L’
Ascesa di Gesù verso il Padre è seguita dalla venuta dello Spirito
Santo sugli Apostoli e su coloro che “erano assidui e concordi nella
preghiera insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù (At
1,12).
Erano infatti riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo,
al compiersi del cinquantesimo giorno, in cui cade la ricorrenza
ebraica di Shavu’ot la “festa delle settimane” che
commemora la teofania sulla vetta del monte Sinai dove il Signore
pronunciò le “parole” (Es 20,1 ss) e fece un’altra Alleanza con il Suo
popolo, dicendo:”Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione
santa”(Es 19,6). Questa definizione rappresenta anche nel NT la
comunità cristiana (1Pt 2,9 Ap 5,10) santificata, consacrata dallo
Spirito Santo nella Nuova Alleanza e destinata ad essere testimone della
salvezza in mezzo a tutti i popoli della terra. Si intuisce così una
ideale continuità tra il popolo d’Israele riunito ai piedi del Sinai per
l’Alleanza e la Chiesa radunata da Cristo per l’Alleanza dello Spirito
Santo.
Shavu’ot
ricorda agli ebrei il dono della Legge al Sinai in un impressionante
spettacolo della natura, che ha ispirato la messa in scena di Luca per
la Pentecoste. Il vento è il respiro del Signore e così lo Spirito
diventa un agente di potere ed è il comando creativo di Dio (Sl 33,6).
La discesa delle “lingue che si sarebbero dette
di fuoco”(At 2,3), la cui forma è messa in relazione al miracolo, per i
presenti, di udire annunziare le grandi opere di Dio nei loro idiomi e
da persone che inizialmente erano timorose. Questo li stupiva e li
rendeva perplessi (At 2,7-8;12-13). Luca vede, nell’esprimersi in tutte
le lingue del mondo, la restaurazione perduta a Babele (Gn 11,1-9). La
famosa narrazione della torre di Babele, simbolo dell’oppressione
idolatrica ed imperialistica di tutta la terra, è stata scelta in
contrapposizione al racconto della Pentecoste(At 2) dove il Paraclito
attua il progetto divino di unire tutti i popoli della terra in un’unica
comunità armoniosa e pacifica.
Nella Bibbia Shavu’ot è soprattutto la
festa del raccolto (Es 23, 16) ed è chiamata anche Pentecoste
(cinquantesimo <giorno>) perché cade alla fine del periodo delle 7
settimane dopo l’Omer (covone), nel cinquantesimo giorno
dall’inizio del computo. Durante questa ricorrenza gli ebrei
offrivano al Tempio di Gerusalemme, il secondo giorno di Pesach
, il primo covone del raccolto (Lv 23,9-14).
Pesach,”passare
oltre” dalla radice pasach commemora l’esodo degli israeliti
dall’Egitto e come Dio passò oltre le case dei figli di Israele nella
notte in cui colpì gli egiziani con la piaga della morte dei primogeniti
(cf Es12,1-28). E’ detta anche “festa delle azzime”
(Es23,14 -19) perché si consuma il pane azzimo (matzah) in
ricordo della fuga precipitosa degli ebrei dall’Egitto, in cui le donne
non poterono fare il pane con il lievito.
Ruah ha
qodesh
per gli
ebrei è lo Spirto divino (Is 63,10 -11; Sl 51,13), il principio della
vita e dell’alito vitale (Gn 6,7 - 22 ; Sap 15,11- 16).
Nell’AT la parola ruah viene usata per
dire: alito, un movimento dell’aria come di vento e come tale è
spirito, quindi è il messaggero di Dio (Sl 104, 1 -4) ed e’ la forza creatrice del
Signore (Gn 1,2; Gb 33,4). In origine è concepita come una divina entità
dinamica e carismatica con la quale Dio realizza i suoi fini. E’ è una
potenza creativa e profetica. Rimane comunque impersonale, infatti è il
vento di cui non si può scoprire l’origine, né il corso e quindi ad
esso sono attribuiti gli effetti che agli uomini appaiano misteriosi.
Negli scritti del giudaismo lo spirito non
acquista un carattere personale, mentre per i cristiani sì, è la terza
persona della Trinità.
Nel NT la parola ruah si traduce:
pneuma il cui significato viene ricercato nel suo uso. La
concezione di spirito come potenza di Dio presenta delle novità nel NT,
completamente sviluppate da Giovanni e Paolo.
Nel Vangelo Luca racconta tutto quello che Gesù
fece ed insegnò durante la sua vita terrena e negli Atti continua la
storia dell’opera di Cristo dopo l’ascensione portata avanti dalla
potenza dello Spirito Santo. La venuta del Paraclito, evidenziata dalla
trasformazione interiore e dai segni visibili ed udibili da tutti, pone
fine all’attesa. Gli Apostoli insieme a Maria, ai discepoli ed alle
donne diventano Chiesa.
Lo Spirito si presenta esternamente in fenomeni
quali il dono delle lingue e della profezia, manifestazioni che
testimoniano la presenza di Dio nella Chiesa, come una potenza
dall’alto. C’è anche un’affinità: la medesima parola greca pneuma
significa sia il vento che lo Spirito Santo.
Pietro, dopo averLo ricevuto si rivolge agli
ebrei, ripetendo quello che il profeta Gioele aveva annunciato: la
venuta del Giorno del Signore, quando Dio avrebbe riscattato il popolo
ebraico dalla cattività e punito i sui nemici nella valle di Giosafat
(Gl 3, 1-5).
L’Apostolo attesta nel discorso che Gesù ,“ dopo
aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha
effuso” (At 2, 33 -36). Inizia così la missione universale dei
cristiani, la nuova era della storia della salvezza.
Il giorno dei funerali di Giovanni Paolo II,
all’uscita dei cardinali dalla Basilica, il vento su piazza San Pietro
soffiava avvolgendoli e sfogliava il libro sulla sua bara. Guardando la
cerimonia ho sentito la presenza dello Spirito Santo, infatti ”soffia
dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così
è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8). In quei giorni stavo
pregando perché illuminasse le menti di coloro che dovevano eleggere il
nuovo papa. Ho potuto constatare che era presente nella cappella Sistina
perché ci ha dato un degno successore di Giovanni Paolo II: Benedetto
XVI.
Questo Papa, nell’omelia della Messa al termine
del Congresso eucaristico nazionale di Bari, ha ribadito la sua volontà
“di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le
energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i
seguaci di Cristo” e di farlo “con gesti concreti” portando avanti la
“grande lezione del perdono”. Ha poi chiesto a tutti noi di “prendere
con decisione la strada dell’ecumenismo spirituale,che con la preghiera
apre le porte allo Spirito Santo, che solo può creare l’unità”.
Queste presa di posizione di Benedetto XVI mi ha
favorevolmente colpita, perchè da molti anni mi occupo di ecumenismo nel
SAE (Segretariato Attività Ecumeniche).
Un mistico orientale definisce l’Eucarestia: la
Pentecoste eucaristica, esprimendo così l’unione fra la sensibilità
dell’Oriente cristiano verso lo Spirito Santo e quella dei cristiani
d’Occidente verso la persona di Gesù. La Pentecoste diventa allora per
noi cristiani d’occidente il recupero della persona dello Spirito Santo
nella nostra spiritualità e nella celebrazione eucaristica; dove si
invoca la potenza dello Spirito Santo sul pane e sul vino che diventano
corpo e sangue di Cristo; c’è poi l’invocazione allo Spirito Santo
perché l’Eucarestia crei comunione tra i fratelli.
In questo spirito vivo la Pentecoste in una
prospettiva ecumenica e nella speranza di avere un mondo a misura
d’uomo ed una Chiesa in cui l’unione dei cristiani si realizzi nella
verità e nella carità.
San Paolo nella sua lettera ai romani scrive:“Vi
esorto dunque fratelli per la misericordia di Dio,ad offrire i vostri
corpi come sacrificio vivente,santo e gradito a Dio; è questo il vostro
culto spirituale...amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno,
gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate
invece ferventi nello spirito(Rm 12, 1-2 ; 10-11).
Ho messo in pratica l’esortazione dell’Apostolo
ed oltre alle cure, l’unico modo per fronteggiare la mia malattia, sono
il coraggio, la speranza, una coerenza di vita degna del cristianesimo
per camminare nello Spirito Santo. Egli mi guida (cf Rm 8,14 -17) ed
io diventerò una Sua testimone (cf Gv 3,27-28)).Lo invoco con cuore
sincero ed Egli infatti sa quello di cui ho bisogno prima che glielo
chieda. Perciò non mi preoccupo della debolezza (cf Rm 8,26-27), che mi fa disperare, perché so
che il Paraclito non solo mi dà le forze necessarie per compiere la mia
missione, ma mi ispira anche azioni che sono al di sopra di quanto mi
aspetterei.
Il Paraclito (parakletos) è colui che mi
aiuta, è il Consolatore mandato da Gesù al mio fianco quando devo
testimoniare (cf Gv15,26-27).
Il mio compito è quello di far fluire i doni
ricevuti ed operanti in me agli altri. Sono molto grata allo Spirito
per le grandi cose che sta compiendo: mi dà il coraggio e la
franchezza della verità per poter capire la Sua opera e trasmetterla
agli altri “Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello
Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi”(Rm 8, 9).
Il Consolatore mi ha fatto capire che devo
soffrire insieme a Gesù e rendergli testimonianza ora dopo ora, perché
possa così aiutare il prossimo “Se pertanto viviamo dello Spirito,
camminiamo anche secondo lo Spirito” (Gal 5,25).
Mi affido molto a Lui, sicura di essere aiutata
nel momento opportuno e non mi preoccupa scrivere perché sono assistita
da Lui che parla in me(cf Mt 10,20). Sto continuando questo cammino di
fede sempre in ascolto e pregando. Cerco di vivere soccorrendo i
sofferenti, gli immigranti, i disabili, aiutando i bambini poveri del
Tamil Nadu e gli scampati dal tsunami in India.
“Vi esorto dunque fratelli per la misericordia di
Dio,ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a
Dio; è questo il vostro culto spirituale...... amatevi gli uni gli altri
con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate
pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito(Rm 12, 1 ; 10-11)
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