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Sono iniziate le scuole


 

Passando vicino al Convitto Nazionale di Roma, la prima scuola dove insegnai, ho sentito la campanella e visto un gruppo di professori e studenti del liceo entrare. Allora mi sono tornati in mente gli anni passati con i ragazzi ad insegnare religione al liceo. E’ stato un periodo molto stimolante per me, perché durante le mie lezioni, sentivo l’ attenzione degli alunni e la loro voglia di farmi domande. Per una materia come la religione non era proprio una cosa ovvia. Il mio primo giorno di scuola come insegnante, una delle mie colleghe mi mise subito in guardia: ”Ti sarà un po’ difficile far scuola agli alunni del liceo, perchè hanno avuto finora un sacerdote che li portava in cortile a giocare a pallone, visto che non riusciva a fare lezione in classe.”
Quando entrai per la prima volta nella prima delle mie diciotto aule (l‘insegnante di religione segue più classi degli altri) annunciai che avrei svolto le lezioni di religione fino alla fine dell’anno scolastico sempre in classe. Ricordo come reagirono i ragazzi di quell’ultimo anno di liceo: nell’aula si sparse un mormorio di disapprovazione e un pallone comparve subito sopra un banco; quando chiesi di toglierlo, fu lanciato in cortile per sfida. Cominciai raccontando che la materia da me più studiata alla Gregoriana era stata la teologia morale; perciò ero pronta a rispondere a qualunque domanda su qualunque argomento, in qualunque momento, anche durante la ricreazione ed anche sulla sessualità.
Sapevo di aver rischiato il tutto per tutto, ma l’approccio fu accolto meglio di quanto prevedessi ed il pallone fu sostituito dalla chitarra che l’unica ragazza di quella classe si mise a suonare per calmare gli altri. Le domande si susseguivano e, nel silenzio, io potei rispondere ai loro dubbi sulla sessualità e sulla difficoltà della Chiesa Cattolica nel capire la gioventù.
Il dibattito fu molto vivace e l‘anno cominciò e finì in classe ed in armonia. Mi aveva aiutato ricordarmi dei miei anni di scuola, con i miei interrogativi ed i miei dubbi, e se sono stata capace di insegnare lo devo anche ai miei ottimi professori della Gregoriana, alcuni dei quali impostavano gli esami come un vero e proprio dialogo.
Mi ha piacevolmente sorpreso che molti alunni mi facessero addirittura pubblicità, dato che il mio insegnamento era facoltativo, invitando fratelli e amici a seguire la mia ora di religione per tutti i cinque anni del liceo, perché ne valeva la pena.
Con il tempo e l’esperienza, capire gli alunni mi diventava sempre più facile anche se avevano diversi livelli di conoscenze pregresse dovuti alla varietà degli ambienti familiari e sociali di provenienza. Oltre a spiegare, li aiutavo servendomi dei libri della biblioteca scolastica che potevano prendere in prestito, e mantenendo la promessa di rispondere alle domande anche dopo le lezioni. Fuori dall’aula, a tu per tu, lasciavo che esprimessero i loro dubbi ed anche le loro curiosità personali. In cortile, a dire la verità, ci siamo andati, ma solo per parlare a tu per tu durante la ricreazione. Dato che un insegnante a turno doveva vigilare gli alunni, durante questi momenti di pausa, i colleghi erano ben contenti che mi offrissi sempre volontaria.
Ho voluto anche spiegare ai ragazzi quale grande svolta fosse stata, per la Chiesa Cattolica, il Concilio Vaticano II, che, fra l’altro, ha favorito il dialogo con le altre religioni. Per esempio in occasione della Pasqua ebraica, data la conoscenza che mi veniva dalla partecipazione all’Amicizia ebraico/cristiana, si mangiavano i cibi che per fortuna molti negozi a Roma sono in grado di fornire. Voglio finire ricordando che una volta sul tram incontrai un ragazzo che mi chiese: “Come sta professoressa?”. Aveva ormai la barba e non lo riconobbi. Lui, allora, trasse dal portafogli un’immaginetta che avevo distribuito agli alunni, ai colleghi ed a tutto il personale della scuola prima di andare in pensione. C’era una citazione dal Libro di Geremia: “Io, il Signore, ho fatto progetti precisi su di voi. Vi assicuro: sono progetti di benessere non di sventura perché voglio darvi un futuro pieno di speranza.

Ho cercato di pregare per il mio prossimo e  mi sono venuti in mente oltre alla mia famiglia, i poveri, le consorelle, gli ebrei che ho sempre cercato di aiutare, gli omosessuali che rispetto e specialmente per il Santo Padre quando deve fare un viaggio.

 

Roma, ottobre 2010

Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli  

 

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