È
l’estate del 2004: sono a Roma, il mio quartiere è
diventato improvvisamente silenzioso ed io ne sono contenta. Nella
tranquillità e nella calma sono libera di pensare, di concentrarmi, di
pregare e di riflettere. Riesco anche a percepire la voce di Dio dentro di
me. Sono nel silenzio, un bene sempre più raro, e la serenità mi
avvolge. Cerco di elaborare questa mia situazione e farne tesoro. Il caos
che mi circondava quest’inverno mi aveva tolto lo spazio per il
raccoglimento, impedendomi di gustare la pace.
Le parole dette dal Papa l’ 11 luglio in valle
d’Aosta mi hanno aiutato a meditare. Mi sento legata a Giovanni Paolo II
sia spiritualmente che concretamente, perché anche lui deve accettare di
muoversi con la poltrona a rotelle ed è vicino ai sofferenti. Prima
dell’Angelus li ha nominati dicendo:“con speciale affetto penso ai
malati e a coloro che si trovano in maggior difficoltà e disagi ”. Di
fronte al meraviglioso spettacolo delle montagna, in quell’oasi di
quiete ha parlato del silenzio, “un bene sempre più raro”. Ha poi
ricordato che“le molteplici opportunità di relazione e di informazione
che offre la società moderna rischiano talora di togliere spazio al raccoglimento, sino a rendere le
persone incapaci di riflessione e di preghiera. In realtà solo nel
silenzio l’uomo riesce ad ascoltare nell’intimo della coscienza la
voce di Dio che veramente lo rende libero”. E’ infatti essenziale
“riscoprire e coltivare questa indispensabile dimensione interiore
dell’esistenza umana.”
Sto vivendo ora il silenzio come un momento di serenità, di riflessione,
di ascesi spirituale, un tempo prezioso in cui riesco ad approfondire i veri valori della spiritualità.
A Roma, ma penso anche in altre città, siamo prigionieri dei rumori
incessanti ed è forse perciò che a Les Combes Giovanni Paolo II ha
potuto elogiare il silenzio come unica condizione per ascoltare ancora la
Parola di Dio.
Sono legata al mio stato reale di handicappata e non mi piace nasconderlo,
anzi lo segnalo a chi non mi vede, ma mi sente al telefono o legge i miei
scritti. Ho constatato che ci vuole molto coraggio per resistere alle
difficoltà pronte a logorarti ed abbatterti. Si è tentati, dopo anni di
sofferenze, di smettere di lottare, di sperare e si cerca la pace, la liberazione.
Il silenzio aiuta a resistere, perché c’è la possibilità di ascoltare
la voce di Gesù crocifisso che accetta senza lamentarsi la Croce.
Leggendo il Vangelo di domenica 18 luglio (Lc 10, 38-42), improvvisamente
mi sono resa conto del cambiamento che si è prodotto in me. Durante la
mia vita mi sono sempre identificata in Marta, simbolo del lavoro, una
persona che vuol fare e non capisce perché la sorella stia ferma ai pedi
di Gesù ascoltandolo. Io ero una superattivista sovraccarica di impegni.
Quando ero “sana” ero spesso ansiosa ed in tensione. Ora “malata”
ho ascoltato l’affettuoso rimprovero di Gesù: “Marta, Marta tu ti
preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è
bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Così improvvisamente ho percepito di essere più vicina a Maria, simbolo della contemplazione, desiderosa nel silenzio di
ascoltare la voce di Dio. Marta è colei che accoglie Gesù nella sua casa
”tutta presa dai molti servizi” mentre Maria “sedutasi ai piedi di
Gesù, ascoltava la sua parola”. Anch’ io sono diventata una discepola
del Cristo!
Alla radice di questo episodio sta comunque l’accoglienza, l’effettiva
ospitalità data a Gesù. La verità di ciascuna di queste due sorelle si
intravede, non tanto nella superiorità dell’una sull’altra, quanto
piuttosto nel loro legame reciproco mediato dalla visita di Gesù. Il
“meglio”, detto da Gesù sulla scelta di Maria, ha senso sullo sfondo
dell’accoglienza delle due sorelle. Marta manca di apprezzare la qualità
di quella visita, non ha percepito tutto il prezioso valore di
quell’evento. Maria invece lascia all’ospite la disponibilità che la
sua predicazione richiede. E’ un incontro legato alla missione in atto
del Signore in chiave di insegnamento, dove emerge l’ascolto in quanto
tale. Dio chiede a Marta e Maria di essere ascoltato, è il suo primo
desiderio, ma solo Maria corrisponde alla richiesta di un atteggiamento di
fondo da assumere. Non è la celebrazione della superiorità della contemplazione sull’azione, ma il richiamo esigente
all’ascolto della Parola che deve precedere, alimentare e sostenere ogni
scelta religiosa ed umana. Maria diventa allora, il modello della vera
discepola a cui necessita la Parola di Gesù, “che non le sarà mai
tolta”, durante la sua vita.
L’ascolto nella fede e nell’adesione rende fecondi il tempo e lo
spazio di ogni mia azione umana. Non devo preoccuparmi della
mia vita, ma “Cercare il regno do Dio” sarà
la base di ogni mia azione perché “tutte le altre cose ci sono date in
aggiunta” (cf Lc 12,22-31).
Domenica 1° agosto mi tenevano compagnia Maria Vittoria, mia figlia con
il marito ed il Governatore Ecclesiastico della nostra Congregazione è
venuto a celebrare la Messa in casa mia. Al momento dell’omelia, don
Giovanni Cereti mi ha chiesto di fare alcune riflessioni sulle letture! Ho
parlato perché al mattino, nel silenzio, avevo letto la prima lettura (Qo
1,2; 2,21-23) ed il Vangelo (Lc 12,13-21), meditandoli dopo aver udito per
televisione il Papa dire prima dell’Angelus: “Stolto chi si
arricchisce senza pensare agli altri”. Ha infatti ricordato il passo del
Vangelo della XVIII domenica C in cui Gesù consiglia
di tenersi lontano da ogni “cupidigia”, perché anche se si è
nell’abbondanza, la propria vita non dipende dalle ricchezze
accumulate.
Il “ricco stolto” che mette al sicuro i suoi beni per goderseli ,
viene spiazzato dall’improvviso annuncio della sua morte e si spaventa. Mentre se lo avesse fatto per il
prossimo, la notizia non lo avrebbe sconvolto, perché sapeva di aver
predisposto i suoi beni per coloro che ne avevano bisogno!
La Tradizione di Israele, ripresa da Gesù, non è moralista verso la
ricchezza, essa viene considerata “una benedizione divina”. E’ invece attenta al modo di
gestirla e bandisce “la cupidigia”, quel desiderio di insaziabilità
che attanaglia il ricco.
Gesù non fa altro che inquadrare quel tremendo attaccamento alla ricchezza, già
bandito dai salmisti e dai profeti, perché rende la persona disumana.
Il Vangelo di Luca contiene molte allusioni a Qoèlet, in cui tutto viene
elaborato a partire dalla consapevolezza della morte, ma va oltre: Gesù dice ai poveri, ai
deboli, ai malati:”non preoccupatevi...cercate il Regno di Dio”!
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