Diverse persone mi chiedono perché sono tanto serena ed ho sempre una gran
voglia di aiutare coloro che mi chiedono aiuto. Ho risposto: ho fede in
Dio! Egli ha operato in me dandomi la grazia della fede. Ho ricevuto
“una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: ....
la fede”(1Co 12, 7-9).
Infatti "Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; è questa la
vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede." (1Gv 5,4).
.La fede è l’attitudine della persona di fronte a Dio salvatore, cioè
della Sua volontà salvifica. Noi dobbiamo essere pronti ad accoglierLo
in Gesù. Questa adesione è opera di Dio ed è una vocazione gratuita del
Padre salvatore in Gesù Cristo rivolta ad ognuno di noi.
Questa virtù teologale non fonda l’unione con il Signore, ne è il
frutto, perché Egli ha congiunto a sé l’umanità in Gesù. Con i miei
atteggiamenti mi riconosco nata da Dio e comprendo di avere un buon
rapporto con Lui.
Mi è vicino e da questa unione iniziano tutte le mie attività perché da
essa traggo il vigore e l’impegno per la pace e per aiutare gli altri.
L’unione con il Padre diventa così per me, il contesto, la sorgente ed
il vertice della perfezione umana, lo scopo supremo del vivere. Sono
sicura che il Signore ha tracciato una strada per me ed io la devo
percorrere con il Suo aiuto. Nella consapevolezza di vivere nell’unione
con Dio, che tutto riconcilia con sé, mi accorgo che la vita di fede è
per tutti. Io la vivo con fedeltà creativa, docile al Suo appello,
perché lo amo con tutta la mente, il cuore e le opere (cf Mt 22,37).
Unita
a Lui, sento la mia responsabilità quotidiana verso il mio prossimo.
Questo rapporto è integrante e costitutivo della verità di essere
creatura adottata alla figliolanza divina. L’adozione filiale è per me
opera di Dio, riconoscerla mi fa sentire nella verità, ancorata alla
sorgente ed al contesto del mio bene.
Mi ha permesso di verificare e valutare il mio orientamento di vita ed
ha favorito la costruzione della mia esistenza orientata verso di Lui.
La mia fede nell’Onnipotente è passata attraverso la lettura della
Scrittura, il riconoscermi nata da Lui, ma specialmente sentirmi
chiamata a vivere in Dio (cf At 17,28). La mia vita si sviluppa
armonizzando l’unione con il Signore e l’impegno continuo per una
crescita personale nel bene.
La relazione con Dio rappresenta per me la più grande consolazione ed il
maggiore sostegno quando la malattia mi sottopone a forti dolori e mi
accorgo di dipendere sempre dagli altri. E’ proprio in questi momenti
che ho la necessità di trovare un senso nella mia esistenza e di capire
il significato della mia situazione. Ero abituata ad inquadrare i miei
problemi quotidiani e risolverli da sola. Diventata disabile non
riuscivo a controllare la mia nuova situazione. Mi ponevo tante domande
: perché e successo? perché proprio a me? sono stata punita per
qualcosa? La ricerca per rispondere agli interrogativi mi ha molto
riavvicinato al Signore, a Colui che ha dato senso alla mia esistenza
attuale. Quello che ho capito durante questi ultimi anni è che il
Signore mi ama, perciò mi sono rivolta a Lui perchè mi aiuti a restare
serena e sempre pronta ad occuparmi del mio prossimo. La fede che ho in
Dio è di grande importanza perché mi sprona nella ricerca di dare un
ruolo alla mia vita con i dolori.
Non posso farcela senza di Lui! Egli mi ha dato lo spirito di fede ed il
coraggio per avere la forza di andare incontro al futuro con fermezza e
pazienza, confidando nella Sua bontà.
La Bibbia si occupa della
sofferenza in storie, preghiere e pensieri ed è per me di grande aiuto.
In questi Scritti Sacri trovo spesso alcuni
passi nei quali mi è facile identificarmi.
Nell’AT il salmo 22 (”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato.....chiamo
di giorno e non rispondi , grido di notte e non trovo riposo!“) esprime
bene il mio lamento. Rileggo spesso il libro di Giobbe, perché illumina
il mistero della sofferenza presentando il caso di un giusto sofferente
che lotta disperatamente per ritrovare Dio che egli continua a credere
buono. Ho imparato il messaggio religioso di questo libro, esso mi ha
aiutato a capire come devo persistere nella fede, anche quando la mia
situazione non mi appaga. Paolo risponde alle domande angosciose di
Giobbe nella lettera ai Romani (8,18): "Le sofferenze del tempo presente
non sono paragonabili alla gloria che deve rivelarsi in noi” ed in
quella ai Colossesi (1,24) :”Io completo nella mia carne quello che
manca alle prove di Cristo per il suo Corpo che é la Chiesa”.
Nel libro di Isaia (25, 8) ho letto parole di consolazione: “il Signore
asciugherà le lacrime su ogni volto”.
La fede esprime e sintetizza il mio vissuto quotidiano, infatti la mia
esistenza si snoda nel contesto della comunione con Dio, che in Gesù ha
manifestato il piano secondo cui conduce la storia. Sono consapevole di
vivere vicino al Signore, che è il creatore di tutto e che tutto
riconcilia con sé.
Questo rapporto non mi è indifferente, è invece integrante, costitutivo
della mia verità di creatura adottata da Dio. L’adozione filiale è opera
Sua, lo riconosco e voglio essere ancorata alla sorgente ed al contesto
del mio bene. “In Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (At
17,28)”.
In questa partecipazione si è fondata la mia volontà di conoscerLo,
di accettare di vivere in Lui, di amarLo, e di onorarLo perché per
me è fonte di gioia!
Tutto viene da Dio tutto deve portare a Lui.
Ecco
la meta e la sfida di ogni giorno per la mia inventiva.
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
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