Torna a indice

Dopo più di tre anni di malattia

 

Dopo più di tre anni di malattia, le persone vengono a trovarmi e fanno spesso questa domanda: Come fai ad essere così calma, serena?
Ho riflettuto sul mio presente di handicappata con tanti dolori  e mi  sono chiesta: come riesco a farcela?
Ogni mattina mi sveglio con atroci spasimi e per essere aiutata mi rivolgo a Dio con cui parlo e Lo prego   di darmi  l’energia per  resistere con calma alla sofferenza, poi prendo le diverse dosi di medicine. Faccio la ginnastica con il mio fisioterapista ed ho imparato  il rilassamento. Lo comando con il cervello, ed è indispensabile quando si presentono i  dolori, perché riesce spesso a diminuirli e certe volte a farli sparire.
La mia forza  si basa  nel voler essere sempre vicina a chi soffre più di me e  si sente solo. Mi dicono che il mio esempio nell’accettare la malattia li incoraggia ed io riesco ad insegnare loro la speranza ed a dimostrare come si può convivere con il dolore.
La sera recito il Rosario meditando la vita di Gesù attraverso i Misteri e visti da Maria. La Madonna mi sta vicino e questa presenza mi rende calma e serena. Per dormire accendo un programma della radio che trasmette musica classica la quale ha il dono di rilassarmi.
Per essere tranquilla mi affido all’affetto di coloro che mi sono vicini e mi aiutano materialmente; anche le telefonate e gli E mail riescono a farmi stare in compagnia.
Il  medico mi prescrive i farmaci solo per attutire i dolori e mi incoraggia, sia quando viene, che per telefono, perché la mia patologia è inguaribile. E’ difficile passare dalla normalità alla dipendenza, alla sofferenza ed accettarsi allorché non si é più quella di prima. E’ la forza della fede che mi insegna a non mollare mai, a gestire le mie emozioni anche quando sono sul punto di dire basta. La mia esistenza deve continuare ad essere al servizio degli altri, perciò sono stata capace a trovare un equilibrio nei  momenti di depressione e ad uscirne.
Per  me è molto importante l'amore dei figli e l'affetto della famiglia. Quando sono giù di  morale più delle medicine ho bisogno della speranza e della fede in Dio, insieme alla forza che mi trasmettono le persone che mi vogliono bene.
Mi sforzo, con le mie poche energie, ad assistere gli altri, perché aiutare il prossimo premia sempre e mi fa diventare  una persona attiva. Il mio operare non è soltanto un impegno per la vita, ma anche una speranza per la santità vista come una tendenza alla pienezza di una esistenza realizzata.
Riflettendo sulla mia malattia la considero un dono di Dio, perché la mia vita é cambiata in meglio, sono diventata più sensibile e capisco i problemi di coloro con cui parlo. 
Con il computer comunico con gli altri ed aumento le mie conoscenze. Da questo mezzo dipende il mio progresso intellettuale, la possibilità di  creare una  organizzazione capace di svolgere gli impegni delle varie associazioni di cui sono responsabile. Posso anche concentrarmi e mettere per iscritto il mio pensiero creativo per poi farlo circolare.
L'organizzazione mi permette di  eseguire varie incombenze durante la giornata. Divido le e ore a seconda del lavoro che debbo portare avanti e delego le persone intorno a me a espletare tutto quello che non riesco a sbrigare fuori casa.
Voglio mostrare, ad una società in cui si predilige  l’apparenza e dove l'essere belli è un imperativo, la mia  vita  che ha  un senso anche se sono disabile. Cerco di emozionare e  aprire nuove vie agli altri. L'esistenza è talmente importante che va vissuta in tutti i modi, specialmente con l’immensa speranza in Dio. Ho un patrimonio culturale da tramandare e da  insegnare perciò continuo a testimoniare giornalmente quanto io possa essere tenace e sappia andare oltre i limiti. La speranza non mi lascia mai, ne ho bisogno per essere un riferimento per coloro che desiderano dare un senso alla loro esistenza e per spiegare, ad una società pessimista, l’importanza di vivere.  Voglio far vedere che, pur essendo stata colpita nel mio fisico, posso avere una immensa fede in Dio ed una grande forza morale. Scegliendo di non arrendermi ho aiutato molta gente a pensare positivo. Disapprovo la  mentalità di coloro che accettano una persona perché esteticamente senza imperfezioni fisiche, mentre penalizzano ed emarginano i disabili privandoli di una vita sociale, della scuola, del lavoro, dell’amore e della felicità. 
Perché solo poche persone protestano di fronte alle barriere architettoniche ed alle umiliazioni che spettano agli handicappati: per le scale senza scivoli, gli ascensori troppo stretti, gli scalini troppo alti, le scuole e gli uffici inaccessibili, l’impossibilità di entrare negli alberghi, nei ristoranti e nei locali di divertimento? Forse per non guastarsi il buon umore alla vista ed alla vicinanza di noi "poveretti"?
Ho voluto scrivere i miei pensieri cercando di mettere in luce situazioni che non si  possono spiegare a parole, ma solo con il proprio vissuto, con il coraggio di continuare ad esistere dando dignità alla propria situazione di disabile. Credo che il nostro mondo interiore sia più grande e più ricco di quello di coloro i quali  vivono solo per il successo e per il potere. E’ la nostra forza di volontà, quella capace di abbattere ogni tipo di muro psicologico, ma specialmente è la certezza che Dio non ci abbandonerà mai.

Così   possiamo vivere calmi e sereni!