Ho
letto con interesse la seconda enciclica di Benedetto XVI che inizia con
il brano della lettera di san Paolo ai Romani (Rm 8,24) : “ nella
speranza siamo stati salvati”.
Il Vescovo di Roma si preoccupa di ripensare e spiegare i fondamenti
della scelta cristiana nelle lettere di San Paolo. Inoltre su alcuni
termini del Nuovo Testamento, radicati nella fede di Israele, fonda il
suo confronto con la tradizione cristiana. Infatti se Dio ha mandato Suo
Figlio in terra per noi,dobbiamo essere sicuri che ci aiuterà a
conservarla. Nella “Spe salvi” vi sono molti segni di questa virtù
teologale che raggiungono il cuore, sollecitano l’intelligenza ed
emozionano. E’ un’enciclica illuminante, incoraggiante e stimolante, con
uno stile discorsivo, il cui obiettivo è pastorale.
Vi sono pagine sui grandi testimoni della speranza cristiana come, per
esempio, nel ‘800 Bakhita (3).
Ognuno di noi ha bisogno delle speranze che giorno per giorno gli
permettono di andare avanti. Senza però “la grande speranza” quella in
cui siamo stati salvati, le altre non riescono a bastare.
Per poter affrontare il nostro presente, spesso segnato dal dolore e
dalla fatica del vivere quotidiano, abbiamo assoluto bisogno di questa
virtù teologale veramente valida e ferma.
Il Papa considera ”attentamente la testimonianza della Bibbia sulla
speranza”(2). “Speranza....è una parola centrale della fede biblica al
punto che in diversi passi le parole fede e speranza sembrano
intercambiabili”. Benedetto XVI osserva che il rapporto tra fede e
speranza viene espresso nella Lettera agli Ebrei (11,1) in “una sorta di
definizione della fede che intreccia strettamente questa virtù con la
speranza”(7).
Il Santo Padre riflette anche sull’evoluzione della mentalità moderna,
del progresso e della scienza nei confronti della speranza cristiana e
sostiene che non hanno mai esaurito la speranza in Dio, ma spesso sono
stati fonte di grandi dolori.
Spiega
poi come il progresso e la scienza non esauriscono la speranza delle
persone, anzi spesso sono stati fonte di spaventose sciagure e di grandi
dolori. Benedetto XVI, di fronte “all’ambiguità del progresso”,
considera necessario che la ragione, ”grande dono di Dio, all’uomo. Non
la scienza, ma una grande esperienza di amore umano dà un senso pieno
alla vita, ma “può essere distrutto dalla morte.....per questo l’essere
umano ha bisogno dell’amore incondizionato,”nè morte nè vita.. ....nè
presente nè avvenire, niente potrà mai separarci dall’amore di Dio in
Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 38-39).
L’enciclica contiene molte domande di invito ad interrogarsi a cui
Benedetto XVI propone le risposte, che restano aperte come: che cosa è
in realtà la vita? Introducendo la parola “direi”, invita così al
confronto, al dialogo ed alla riflessione perché ammettono la
possibilità di conclusioni diverse da quelle da lui proposte.
I cristiani devono imparare in che cosa consiste la loro speranza, cosa
hanno da offrire al mondo e che cosa invece non possono (22).“L’uomo ha
bisogno di Dio altrimenti resta privo di speranza”(23), perché non gli
basta solo la ragione, ha bisogno del Signore che gli viene incontro e
gli parla nella fede. I fondamenti dell’essere cristiano muove dalla
Scrittura e dall’esperienza dei santi, che il Vescovo di Roma considera
"guide” perché hanno “assunto la decisione di anteporre la verità: al
benessere, alla carriera, al possesso”(39), hanno saputo vivere
rettamente (49) avendo impegnato la vita e la mente, si sono interrogati
su come gli altri possono “essere salvati (48)” ed hanno goduto della
pienezza della vita.
L’enciclica contiene molte domande di invito ad interrogarsi alle quali
Benedetto XVI propone risposte,”che restano aperte come: che cosa è in
realtà la vita? Che cosa significa veramente eternità? (11)” ed
introduce la parola “direi”. C’è un invito al confronto, al dialogo ed
alla riflessione che ammettono la possibilità di conclusioni diverse da
quelle da lui proposte. “ I cristiani devono imparare in che cosa
consiste la loro speranza, che cosa abbiano da offrire al mondo e che
cosa invece non possono offrire (22)”. “L’uomo ha bisogno di Dio
altrimenti resta privo di speranza”(23), non gli basta solo la ragione,
ha bisogno del Signore che gli venga incontro e gli parli nella fede.
“Nelle prove veramente gravi”, scrive Benedetto XVI, “la certezza della
vera speranza diventa necessaria” ed è un dovere avere compassione e
soffrire per gli altri per amore della verità e della giustizia.
Considera guide coloro che hanno “assunto la decisione di anteporre la
verità al benessere, alla carriera, al possesso” (39), che “hanno saputo
vivere rettamente “( 49), impegnando la vita e la mente, interrogandosi
su come gli altri possano “essere salvati (48)”, godendo così la
pienezza della vita.
L’enciclica termina con la contemplazione di “Maria Stella della
speranza”, un bellissimo dialogo con Lei ed un’intensa preghiera:”Così
tu rimani in mezzo ai discepoli come la loro Madre, come Madre della
sperannza...Madre nostra insegnaci a credere,sperare ed amare con te.Indicaci
la via verso il suo regno! Madre Stella del mare, brilla su di noi e
guidaci nel nostro cammino.” (49)
Alla
mia domanda ricorrente di come posso vivere da anziana con la paralisi
ed il dolore, ho letto la risposta in questa enciclica che mi ha
comunicato la sua speranza in un mondo migliore ed indicato la strada
per realizzarlo attraverso la speranza in Dio. Infatti se Dio ha mandato
Suo Figlio in terra per noi, posso continuare a sperare.
La redenzione ci è stata offerta nel senso che ci è stata donata la
speranza affidabile, in modo da affrontare sempre la vita presente.
Io ho sempre creduto nella speranza, perché mi ha aiutata ad accettare
sia la disabilità di mio marito che la mia. Ho trovato molti segni di
questa virtù teologale nelle citazioni dell’enciclica, nelle
argomentazioni filosofiche e teologiche che hanno sollecitato la mia
intelligenza ed emozione.
L’essere cristiano è per Benedetto XVI l’incontro con Gesù, che davvero
cambia la vita ed io l’ho capito. Ho chiesto la speranza al Signore e
Lui me l’ha sempre concessa così potrò portare frutto. Mi sono chiesta
diverse volte come deve essere la mia vita e come sarà l’eternità.
L’enciclica mi ha aiutato a capirlo! Che cosa significa veramente:
eternità? (11).
Il Papa si domanda se la fede cristiana è anche per noi oggi una
speranza che trasforma e sorregge la vita e risponde: è “un messaggio
che plasma in modo nuovo la vita stessa”. Considera che da una parte non
vogliamo morire, soprattutto se chi ci ama non vuole che moriamo,
dall’altra non desideriamo neppure continuare a vivere. In fondo
vogliamo, come scrive Agostino: <la vita beata> che è <felicità> ed è
quello che chiediamo nella preghiera, anche se non sappiamo che cosa sia
conveniente domandare. (Rm 8,26) (11)
Deve esistere questa <vera vita>, un qualcosa che noi non conosciamo
verso il quale ci sentiamo spinti dalla “speranza”. Il suo essere ignota
è la causa di tutti gli slanci positivi.
Per capire la parola ”vita eterna” dobbiamo cercare di uscire con il
nostro pensiero dalla temporalità e pensare che l’eternità sia “qualcosa
come il momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e
noi abbracciamo la totalità” spiega Benedetto XVI è l’immergersi nelll’oceano
dell’infinito amore, nel quale il tempo < prima e dopo> non esiste più.
Gesù nel Vangelo di Giovanni così lo esprime: <vi vedrò di nuovo e il
vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra
gioia>(16,22) ” (12) .
Maria Caterina Chiavari Marini Clarelli
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