Per la prima volta le
consorelle della “Congregazione della Madonna della Misericordia
di Savona” hanno eletto me priora, una consorella che si muove con la
carrozzina. Sono venute a trovarmi in ospedale e mi hanno vista serena nell’accettare la malattia che mi ha reso invalida.
La votazione è stata un “segno dei tempi”, si è privilegiata la
mente e non si è badato al corpo!
Nei 7 mesi di ospedale ed anche ora che sono a casa ho
la speranza di poter
di nuovo camminare, pur dicendo al Signore: “sia fatta la tua volontà”.
Essa mi sostiene perchè Gesù è sempre vicino a me dandomi la forza di
sopportare i dolori, il coraggio di andare avanti e l’umiltà di
accettare l’aiuto degli altri da cui dipendo completamente.
Ho scoperto, così dei valori a cui non davo importanza durante la mia
esistenza vissuta di corsa per far fronte a tutti gli impegni.
Prima di tutto l’efficacia della preghiera, questo colloquio con un Dio
che ti è vicino e non ti
abbandona e l’affetto degli altri. L’importanza di essere accanto a
chi soffre e poterlo aiutare, perchè sei come lui, di combattere per i più
deboli che non hanno voce e facilmente
vengono schiacciati ed infine di riuscire a rasserenare tante persone
depresse, perchè anch’io
sto passando questi momenti.
Come priora voglio mettere al
servizio delle consorelle ed anche dei confratelli l’esperienza
di sofferenza che ancora vivo
e la difficoltà di accettare
il disegno di Dio!
La
malattia
ha cambiato la mia scala di valori,
sono
diventata più sensibile verso gli
altri e trovo
sempre il tempo di ascoltarli e
capirli, cercando di dir loro le parole giuste. Voglio mettere in raffronto le mie esperienze con quelle di coloro che mi sono vicini per capire insieme che cosa il Signore vuole da noi e far emergere tutte le
dinamiche che ne conseguono
e le variabili che innescano. Dopo ogni incontro, mi sento più
arricchita, avendo cercato di cogliere il positivo del colloquio e questo
è necessario per essere poi portatrice di speranza. Desidero accompagnare
le persone ad una autoformazione, essere punto di riferimento per coloro
che vogliono modificare il loro stile di vita ed una presenza positiva,
capace di dar fiducia, senza mai sostituirmi agli interlocutori. Questo
perchè è importante arrivare, con l’aiuto dello Spirito Santo,
a vivere una vita cristiana conforme all’età, alle proprie basi
culturali e spirituali.
Per essere veri cristiani nella vita quotidiana“...si devono soccorrere
i deboli ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse:Vi è più
gioia nel dare che nel ricevere”(At 20,35).
E’ questo il cammino che voglio
fare per vivere in modo
propositivo e stimolante la mia testimonianza verso coloro che sono alla
ricerca del senso della propria esistenza.
La preghiera, un incontro con Dio molto forte, ed i carismi della
congregazione e della confraternita, mi aiuteranno nel mio compito.
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Roma,18
marzo 2002
Carissime
Consorelle,
nel
mio letto d'ospedale ho saputo che mi avete eletto vostra priora e questa
scelta mi ha profondamente commossa. Questa lunga malattia mi ha lasciato
tanto tempo per pregare, riflettere e offrire le mie sofferenze.
Quando
ho letto il Vangelo di ieri sulla resurrezione di Lazzaro ho sentito nelle
parole di Gesù la ragione di una possibile speranza:“questa malattia
(di Lazzaro) non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per
essa il Figlio di Dio venga glorificato" (Gv 11,25). Inoltre la Sua
affermazione “Io sono la resurrezione e la vita" (Gv 11,25)
ha richiamato in me la certezza che potrò trasformare una mia situazione
di dolore, vissuta con fede in Dio, in possibilità di trasmettere agli altri tutto quello che la
sofferenza mi ha portato. Le lacrime di Gesù davanti alla tomba di
Lazzaro, me Lo hanno fatto sentire più vicino e Lo sento camminare e
soffrire con me.
L'autorealizzazione
personale implica per me il ritrovarmi impegnata nella realizzazione di
quanto può tornare utile a tutte voi. E' un impegno che mi prendo con
voi, anche se dovessi restare in carozzella.
Vi abbraccio con affetto
Maria
Caterina
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“Venite
benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi
fin dalla fondazione del mondo. Perchè...io ero...malato e mi avete
visitato”(Mt 25,34-36). Questo è quello che l’ammalata augura a
tutti quelli che sono venuti e verranno
a trovarla!
Secondo la logica
dell’economia della salvezza, Dio si
immedesima in lei ed insieme attendono i visitatori. Infatti ella ha
bisogno della comprensione, del sorriso, dell’aiuto degli altri. Aspetta
che si sprigioni in loro la bontà, l’amore e la pazienza in tutte le
varie forme, perchè Gesù vuole che dalla sofferenza e attorno ad essa
cresca la solidarietà dell’amore,
quel bene che certamente è in ognuno di noi e che assume i
connotati della condivisione (essere-con), del dono totale di sè (essere-per)
e si identifica infine con la gratuità. Come insegna la parabola del buon
samaritano(Lc 10,25-37), chiunque incontri un sofferente ha il preciso
dovere di intervenire con tutti gli accorgimenti affinchè il dolore sia
diminuito. I credenti, in quanto partecipi
dell’amore divino, devono impegnarsi a mettere in pratica il detto di
Gesù:“Amatevi, come io vi ho amati”(Gv 13,34).
L’ammalata
ha avuto la fortuna di ricevere questa solidarietà, che richiama
soprattutto l’idea dell’unità operosa nel condividere la sua
situazione, nell’essere a suo servizio, progettando e realizzando un
soccorso efficente. Ella apprezza tanto tutti coloro che hanno saputo
trovare il tempo ed il modo di
venirla a trovare, sempre disponibili per sbrigarle le commissioni di cui
ha avuto bisogno. Ha perciò il desiderio di rivolgere loro la propria
valutazione, il proprio affetto e ringraziarli di cuore. Sono tutti
ricordati nelle sue preghiere, perchè
non l’hanno mai fatta sentir sola, nè abbandonata.
Così
tra di loro è nata o si è consolidata
un’amicizia voluta da Dio, un’intesa reciproca e
disinteressata. Gesù autenticandola con il Suo stesso esempio l’ha santificata,
rendendola soprannaturale e possibile. C’è un affetto di benevolenza,
disinteressato, che comporta una comunicazione reciproca, una promozione
che va da una persona all’altra e aiuta l’ammalata ad accettare la
sofferenza. Avviene infatti qualcosa di misterioso e a tutta prima
incomprensibile. L’ incontro genera la gratitudine
che diventa, con il tempo, molto
tenace e proietta
fuori di sè la forza dell’amore divino.
Colei che soffre, in una reciproca crescita e maturazione, percepisce la
gioia di ricevere, ma anche quella di donare. Si realizza un incontro
interpersonale, risultante da una libera inclinazione sperimentata nella
comunicazione spirituale, fondata sulla
simpatia, su una
durevole unione e su una comune visione e valutazione delle cose.
Si sprigiona un influsso tra le
persone dovuto alla loro ricchezza spirituale e non alla loro
cultura. Non ha importanza quello che esteriormente si
comunicano, ma quello che sono. La vera potenza non è tanto sul
piano del dare, quanto su quello dell’essere. Ciò che in ogni caso è
da assicurare è l’atmosfera divina in cui l’amicizia può vivere e
conservarsi. “Niente è così potente tra le cose umane, per
mantenere lo sguardo rivolto sempre più intensamente
a Dio che l’amicizia
degli amici di Dio”( Simone Weil “Attente de Dieu”).
La malattia è una realtà atroce, straziante, misteriosa, sconvolgente vi
sono i dolori fisici, morali e spirituali, che solo chi è credente può
accettare con serenità dicendo con Paolo: “sono lieto delle
sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che
manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa”(Col
1,24).
Credere in Dio non fa guarire, ma dà la forza di accettare
secondo il proprio carattere e le proprie abitudini, anche se non
è una cosa facile. Non toglie il dolore, ma lo illumina, lo eleva, lo
purifica, lo sublima, lo rende valido per l’eternità.
Solo
chi è vicina al Signore può accettare con serenità, perchè supera la
sfiducia con una rinnovata decisione di fede accompagnata dalla speranza,
che trasmette a chi le è vicino.
Il senso di precarietà e di fragilità viene maggiormente sentito quando
il male si presenta
come una forza disgregatrice che minaccia l’integrità della persona
stessa. In questa situazione nascono sentimenti di sfiducia, di angoscia,
di rifiuto assieme a fasi di depressione, che generano nell’inferma la
percezione di uno stato umanamente insuperabile, specialmente quando i
dolori sono forti e durano a lungo. Avendo studiato teologia e fatto
un’esperienza religiosa, si è più sensibili e si riesce ad offrire la
malattia a Gesù come partecipazione all’opera della Sua Redenzione. Per
l’inferma è un merito e per la sua anima un mezzo sicuro di
purificazione e di elevazione. Inoltre chi soffre capisce meglio i
visitatori e tenta di comunicar loro le ricchezze che ha accumulato dentro
di sé. E’ un modello nuovo di incontro più umano e più divino in cui
si scopre che l’attenzione reciproca è un bisogno fondamentale. Chi è
riuscita a vivere il suo quotidiano in chiave di speranza deve
ritrasmetterla.
Dio è per lei Colui con cui sta facendo l’esperienza della chiamata a
diventare un’altra e nello stesso tempo si sente trasformata da Lui.
Non solo l’amicizia, ma anche l’accoglienza esige delle condizioni:
vivere nella Verità che libera(Gv 8,32),
ed esser sinceri e fedeli alle sue
esigenze. San Agostino ci dice “ama e poi fa ciò che vuoi”;
infatti solo coloro che sono ben integrati e maturi sono in grado di
amare, rispettando la sofferenza dell’ammalata. Nel quadro
teologico-biblico l’inferma fa un grosso sforzo per comprendere quello
che le sta succedendo. L’emergere del senso della malattia le appare
pian piano come una realtà più vasta
della guarigione in senso clinico e intuisce di
partecipare al carattere trascendente della salvezza. Averlo capito
fa sì che dalla passività distruttiva della malattia, in cui si sente
sottoposta insieme all’esperienza della radicale povertà del suo essere
creatura, scaturisca una crescita spirituale. La tentazione della sfiducia
deve essere superata da una rinnovata decisione di fede accompagnata dalla
speranza.
Per riuscire in tutto ciò è necessaria una grazia speciale che si riceve
con l’unzione degli infermi. Questo sacramento aiuta a trasformare la
condizione critica del male in un luogo di salvezza. E’ stato detto da
Gesù Risuscitato:“quelli che credono nel mio nome....imporranno le
mani ai malati e questi guariranno”(Mc 16,16-18). Chi comprende
l’importanza di queste parole diventa
protagonista dell’evento sacramentale, perchè l’ha chiesto
liberamente rinnovando così
la sua fedeltà alla volontà
di Dio.
Nel libro della Bibbia,
Giobbe viene descritto come un uomo ricco e religioso, il quale perde
i suoi beni, i suoi figli ed è
afflitto da una grave malattia.
Egli però rifiuta di imputare a Dio le sue disgrazie, dicendo “
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome
del Signore” (Gb1,21).
Vengono a visitarlo gli amici che
vogliono spiegargli cosa gli sia successo, ma lui risponde rivolgendosi a
Dio, con la convinzione che soltanto la fede rende tollerabile il male:“Comprendo
che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te”(Gb 42,1-2) ed
infatti il Signore“accrebbe, anzi del doppio, quanto,Giobbe aveva
posseduto.“(Gb 42,10).
Giobbe insegna che chi soffre deve
persistere nella fede, anche quando è sfiduciato.
L’ammalata cristiana va oltre; ella deve vivere il valore della
sofferenza insieme a quella di Gesù, perchè come dice San Paolo:
“le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria
futura che dovrà essere rivelata in noi”(Rm 8,18).
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