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UN FASCIO DI ROSE ROSSE
di Lea Mina Ralli

GildaNavarri, malinconica quindicenne, se ne stava  dietro i vetri della sua bella camera di signorina altolocata, guardando la pioggia cadere su quella piazza di paese che non offriva nessuno svago e pensava a quanto le era stato difficile ottenere il permesso di partecipare alla festa di compleanno di Mariuccia, sua compagna di banco, nell'Istituto di suore che entrambe frequentavano.
Mariuccia pareva sempre contenta, eppure, orfana dei genitori, era vissuta sempre con la sorella più grande, vivendo dei proventi della merceria materna, una semplice esistenza che a lei sembrava bastare.
Al confronto, Gilda, avrebbe dovuto sentirsi molto privilegiata. Ma non era così a causa di una madre di nobile famiglia che sentiva ancora il retaggio del suo rango e, malgrado i tempi fossero mutati,  l'occasione per far pesare la sua autorità dispotica  con tutti, non mancava mai. La voce autoritaria della signora, metteva a tutti tanta apprensione.
Anche a sua figlia non risparmiava aspre rampogne e non  le concedeva svaghi, facendola sentire costantemente in stato di soggezione. Questo era potuto accadere perché il marito, diplomatico sempre in viaggio, le aveva lasciato il compito di educare a suo modo la loro unica figlia. Per questo alla giovanetta era stata costata fatica carpirle il permesso di partecipare alla festa di compleanno dell'amica. Il fatto era che sua madre aveva molta stima delle sue merciaie che conosceva dall'infanzia e non voleva che poi in classe, un suo diniego , fosse stato commentato sfavorevolmente.
Il giorno atteso, alfine , giunse e figurarsi con quale batticuore Gilda  si presentò alla festosa riunione e a tutti fu evidente la timidezza della ricca signorina che, per la prima volta, appariva ad una festa di giovani.
Per la verità, una riunione molto modesta, ma dove l'allegria non faceva difetto e dove amici avevano portati altri amici perché la vecchia casa delle merciaie che sorgeva appena fuori l'abitato, era  molto spaziosa e c'era posto per ballare spensieratamente. Gilda, dopo aver consegnata la collana che aveva portata in dono alla festeggiata e salutate  le compagne che conosceva, si tenne in disparte perché non sapeva ballare. Di questo approfittò uno dei giovani presenti che le offrì da bere e, con un fare ardito, quasi la trascinò al centro del salone, dicendo allegramente: " Ad  una ragazza così bella tutti sarebbero felici di insegnare i primi passi e siccome io sono il più esperto questo compito tocca a me."  E i balli si susseguirono uno dopo l'altro. Gilda che alle parole rivoltele era avvampata, non ebbe la prontezza di spiccicare un rifiuto e, sgomentata da tanta spavalderia da parte di uno sconosciuto che nessuno le aveva presentato, si lasciò trascinare, coinvolta dalla musica che superava ogni voce e, pian piano si sciolse, tra le braccia del suo primo corteggiatore. Sul finire della serata il giovanotto che l'aveva fatta  bere in continuazione, tra un ballo e l'altro, si ritrovò accanto una ragazza divertita, spensierata e disinvolta e fu assai  contento di essersi dedicato soltanto a lei e lusingato nel vederla euforica e, forse un po’brilla, si offrì di riaccompagnarla a casa con la sua automobile e non fu affatto sorpreso di vederla così accondiscendente e fiduciosa.
Fortunatamenta la signora Navarri stava leggendo a letto quando sua figlia rientrò e ci fu tra loro un rapido saluto dall'uscio, senza troppe domande cosicché sua  figlia, accusando la stanchezza, si defilò immediatamente nella sua stanza. Fantasticando su quella serata insolita che le aveva recato gioia e turbamento,  restò insonne fino all'alba e nel levarsi accusò un forte mal di capo che le durò per alcuni giorni. Gilda si sentiva fra le nuvole perché non riusciva a mettere a fuoco perfettamente le sue sensazioni e, fra le novità che le erano accadute, capì di aver fatto qualcosa che non doveva e la cosa più grave fu che, dello sconosciuto cavaliere che era riuscito a soggiogarla, non conosceva neppure il nome.
Lo chiese a Mariuccia, ma neppure lei sapeva chi fosse perché degli amici avevano condotto alla sua festa altri loro amici e lei non conosceva tutti. "Stai tranquilla - le disse . m'informerò e te lo farò sapere. Poi, nel vederla in stato di agitazione, continuò: Dopotutto, avremo modo di rivederlo, non ti pare? Come mai ti ha colpito così tanto?  Quello, mi era sembrato molto più grande di noi e tu hai ci hai fatto subito coppia fissa. Non capisco cosa ci hai trovato!"
Dalla sua amica però non ebbe alcuna spiegazione e pensò che fosse soltanto curiosa di conoscere il suo nome. Poco alla volta , la ragazza cominciò a rifiutare il cibo e la madre che la vedeva stanca e svogliata la rimproverava perché credeva che volesse intraprendere una dieta dimagrante.
"Cos'è questa  novità di non mangiare? Vuoi far concorrenza alle indossatrici allampanate delle passerelle di moda?  Se vai avanti così ti ammalerai , sciocca che non sei altro!"
Gilda che in silenzio piangeva, si sentiva sola e tradita, ma ancora sperava che se fosse riuscita a rintracciare il giovanotto di quella serata, molte cose le si sarebbero chiarite, ma  Mariuccia che se ne stava interessando, non  riusciva ancora a conoscerne l'identità. Intanto erano passate tre settimane dalla euforica serata e, a scuola, si stava sotto esami.
Sarebbe finito così anche il triennio trascorso nell'Istituto religioso, le classi si sarebbero sciolte e, ogni allieva promossa, avrebbe seguito orientamenti diversi. Dopo la promozione, Gilda avrebbe dovuto decidere quale nuova scuola  frequentare ed era quasi scontato che i suoi l'avrebbero messa in un Convitto lontano da casa  perché sua madre aveva in mente , per il suo futuro, qualche facoltà universitaria.
Sua figlia avrebbe seguito i suoi consigli, non doveva esservi alcun dubbio. 

Questo era ciò che pensava l' aristocratica donna per l'avvenire della sua unica  figlia. L'amica Mariuccia , invece, sapeva già di dover lasciare gli studi perché doveva necessariamente inserirsi  nel mondo del lavoro. La sorella si era già informata presso la filanda della vicina frazione.
Era scontato, comunque, che diversi indirizzi  avrebbero diviso le strade delle due ragazze, ponendo fine alla loro amicizia scolastica. Era trascorso diverso tempo dalla festa quando a Mariuccia  fu dato conoscere delle notizie approssimative sullo sconosciuto che aveva fatto coppia con l'amica. Mariuccia era riuscita a sapere , però, soltanto il nome. Anzi , il soprannome cl quale era conosciuto dai compagni di allegrie.  Il Gitano  e un numero telefonico che faceva riferimento al vicino capoluogo fu l'informazione che giunse anche a  Gilda. Più volte l'interessata digitò quel numero, senza avere risposta e quando, finalmente, potè ascoltare la voce di colui che ricordava come una persona disponibile e premurosa, rimase costernata nell'udire ciò che gli andava dicendo con tono nervoso e quasi beffardo:  Chi era che lo cercava?  Ballava con tante ragazzacce alle feste in cui si recava che gli era impossibile ricordarsi di qualcuna. Che voleva infine? Lui non voleva essere più seccato … Anzi , doveva  scordarsi del tutto il  suo  numero di telefono…Per il suo bene e per quello della sua famiglia, le consigliava di non importunarlo mai più. Le ultime parole le pronunziò con voce stridula e cattiva che ferirono fino all'anima la povera ragazza che , da quel momento, cadde in una prostrazione profonda della quale sua madre non capiva la motivazione, tanto che decise di chiamare il loro medico per capire che male avesse sua figlia che non mangiava più ed era sempre pallida e spossata.
Il responso non fu di malattia e per la nobildonna, così severa e rigida , fu come una scudisciata: "Mia figlia incinta? Come è stato possibile, con l'educazione che le ho dato?"
Gilda a monosillabi e rossa di vergogna ammise che qualcosa era accaduto la sera della festa, quando brilla e confusa , uno sconosciuto aveva approfittato della sua ingenuità. La madre furibonda, non ebbe scuse per la sua sciagurata figlia e l'unico suo pensiero fu quello di trovare un sistema per soffocare lo scandalo che sarebbe ricaduto sulla loro famiglia.  
"Un nipote bastardo non lo accetterò mai ! Almeno si sappia chi è il padre".
Di fronte al mutismo ostinato di sua figlia che piangeva e non parlava, si sentì in dovere di agire a suo modo, facendole presente  che era indegna di essere sua figlia e che l'unico modo per lavare l'onta, era quello di abortire. A questa prospettiva la povera Gilda si sentì ancora più peccatrice e, per la prima volta, si ribellò all'iniziativa materna affrontandola con parole mature: "Mamma, preferirei prima uccidermi che rinunciare a questa creatura! E' vero che sono stata sciocca e ingenua. Me ne vergogno e ti chiedo di perdonarmi, ma questo bimbo non ha nessuna colpa, lo voglio e deve nascere. Aiutami in questo momento perché ne ho bisogno…Per l'avvenire ti prometto che imparerò a diventare una vera madre e ti sarò sempre riconoscente per l'aiuto che mi darai".
Si sentiva piena di coraggio nel pronunziare queste parole, ma il suo cuore doveva ricevere ancora un' altra, inaspettata, prova.
Colpita dalla veemenza di questa figlia caparbia e sprovveduta, la madre escogitò un altro piano: la creatura della colpa sarebbe nata, ma lontano dalla sua casa, predisponendo tutto in modo che la cosa restasse segreta, salvando così la famiglia dallo scandalo e l'indegna figlia, dalle chiacchiere del paese.
Sua figlia fu costretta ad accettare le decisioni materne perché  non era in condizioni di opporsi e dovette prepararsi ad una reclusione inaspettata in un lontano convento di religiose, abituate a certi compromessi, per restarvi il tempo necessario. Fu in quel luogo che nacque  il piccolo Alberto, subito affidato ad una balia  che dopo averlo allattato , lo crebbe fino all'età scolare, ricevendo, tramite banca, gli assegni per il suo mantenimento.
Da un anonimo tutore fu internato in un Convitto che ne curò l'istruzione fino ai 18 anni . Il ragazzo dimostrò ben presto molto  interesse per il mare, quasi per contrasto all'essere vissuto sempre rinchiuso e, senza sapere mai chi nascostamente lo aiutava, ebbe la possibilità di fare studi nautici fino a che fu in grado di provvedere a sé stesso ed immettersi nella società, divenendo un provetto subacqueo la cui opera veniva richiesta sempre più spesso per compiere imprese difficili e pericolose riportate dai giornali con articoli ammirati  e pieni di lodi per il giovane e coraggioso Alberto. Nel compiere un ultimo, spericolato salvataggio di alcuni naviganti su di una imbarcazione in fiamme, fu ripreso dai telegiornali che lo intervistò poi, ferito, in una clinica.
L'indomani del suo ricovero in clinica,  Alberto fu sorpreso di ricevere un fascio di rose rosse con la scritta: "Da chi ti ama tanto", ma senza una firma. Un amico presente lo schernì dicendo che le sue fans non lo perdevano mai d'occhio e pure con la gamba ferita e in tiraggio, trovavano il modo per inviargli omaggi. Ma né lui né Alberto potevano immaginare che la sua più grande fans era non altri che la madre da lui creduta morta alla sua nascita.
Proprio Gilda che, sganciatasi dall'oppressione della famiglia, si era costruita una vita di lavoro, espiando il suo peccato in solitudine, con l'unico scopo di provvedere in incognito alle necessità di quel figlio, suo unico bene del quale era orgogliosa anche se non aveva mai potuto godere dei suoi baci e delle sue carezze e solo con quel fascio di rose volle farle giungere il profumo del suo amore materno protettivo ed eterno.