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KARL POPPER: EVVIVA L’ERRORE
di Paolo Francardi

Finalmente, un filosofo che si fa capire.
Concreto e alla ricerca della verità non per il gusto della pura   conoscenza ma per risolvere i problemi contingenti che affliggono la società contemporanea,  l’austriaco Carl Popper appare il prototipo del pensatore moderno.
Di lui, liberale autentico,  colpiscono non tanto le  convinzioni politiche  sugli Stati a regime dittatoriale o  sulle “ società aperte”, quanto quelle  sul  ruolo  della  filosofia. Il cui  compito, fa sapere  Popper, non deve essere mirato al  possesso della verità, ma ad avvicinarsi il più possibile ad essa. Il percepire l’origine delle cose  è stato sempre  l’obiettivo e il miraggio di tutti i grandi pensatori  del passato e  del presente,  da Talete  ad Eraclito,  da Platone ad Aristotele e via via   tutti gli altri, fino ad arrivare a Kant e ai romantici. Popper, ecco la sua modernità, socraticamente si rende conto  che si tratta di una pura illusione. La verità, afferma,   è irraggiungibile in quanto in continua trasformazione.  Quando ci sembra  di averla raggiunta, è il momento che sta cambiando. Ciò non significa che non esista un’essenza delle cose, una verità metafisica. C’è, ci sarà,  ma la mente umana  non possiede le capacità di farla  sua. A suo parere il compito del filosofo dovrebbe essere quello di  impegnarsi, evitando voli pindarici e fantasie fuorvianti, in una ricerca continua e razionale della conoscenza che lo possa  condurre in un angolo visuale più prossimo ad essa. Un po’ come il  Dante dell’ultimo canto del Paradiso che riesce a malapena  a gettare gli occhi nella  verità assoluta prima di rimanere  abbagliato dalla luce  divina.  E come il Vate non può percepire Dio,  così nessun  essere umano, per quanto dotato, può afferrare  la verità. Chi afferma di averla individuata, per il pensatore austriaco dice una grossa castroneria.
Con simili premesse  Popper   mette in discussione l’intera filosofia . E dei tanto osannati monumenti fa di tutta  l’erba un fascio: altro che miti, sono dei ciarlatani o peggio ancora,sostiene. Certo, non tutti.  Qualcuno disinteressato e con i piedi per terra c’è. E fa i nomi di Socrate e di Kant. Ma chi  non  sopporta proprio sono  gli idealisti, gli utopisti,  nonché   i pensatori che parlano solo con se stessi. Così come punta l’indice accusatore contro gli storicismi e contro quelli che filosofeggiano per giustificare o legittimare determinate situazioni politiche . Insomma  a lui non vanno bene     Platone ed Aristotele da una parte, né tanto meno  Fiche ed Hegel dall’altra.  E noi, memori delle angosce  patite sui banchi di scuola per capire cosa volessero significare le teorie di questi signori  e  cosa c’entrassero con noi "il  mondo delle idee", "l’atto puro" o "la dialettica",  glie ne siamo grati. 
Soprattutto ci piace il fatto  che non si occupa delle teorie  astruse  ed assurde  che tanto ci hanno appesantito la vita a quei tempi  ,   ma  rivolge la sua attenzione alla soluzione dei problemi concreti di questo mondo.  Perché ce lo sentiamo vicino? Perché con un colpo di spugna  cancella  verità assolute, dogmi, metodi deduttivi e metodi induttivi per assumere come solo strumento di conoscenza  l’errore. Si, proprio l’errore  che tutti, proprio tutti commettono e che costituisce la caratteristica  universale dell’uomo. E’ l’errore che ci dice che la strada intrapresa  è sbagliata .  Che induce a prendere un’altra  strada e poi un’altra ancora  innescando un processo di avvicinamento alla conoscenza che non ha fine. Processo che diventa organizzato e razionale con la scienza. La quale  è comunque "fallibile, dinamica e mai compiuta", sostiene Popper e si serve dell’errore per migliorarsi continuamente e per determinare il progresso.
Evviva l’errore, quindi,  ma soprattutto evviva Popper.  Dopo tanti tromboni  si sentiva la necessità di uno che pensasse chiaro, e ragionasse  mettendosi davvero dalla parte della gente comune...