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L'OBLIO
di Annemarie Lenz


E’ fatta - da una quindicina di giorni sono una madre in pensione. Il matrimonio di mia figlia è stato bellissimo, come lo è stato quello di mio figlio. Abbiamo lavorato sodo per organizzare due feste memorabili, e se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, la vita dovrebbe riservare loro tanta felicità. Ma allora perché mi sento nell’oblio, sguazzo nell’autocommiserazione, ne sono letteralmente intrisa? Dopo il matrimonio di mio figlio ho versato qualche lacrima alla vista della sedia vuota a tavola, della sua stanza troppo ordinata; ma i preparativi per mia figlia hanno lasciato poco spazio alla nostalgia. Cristina ha energicamente reclamato la mia collaborazione ed io sono stata felice di afferrare questa ancora di salvezza. Ma adesso è finita, i riflettori sono spenti, i vestiti riposti negli armadi. 
Che silenzio in casa! La sveglia non è cambiata, gli orari di mio marito non hanno subito variazioni; è il mio ritmo che ha fatto una brusca sterzata. Giro per le stanze eternamente ordinate. Strano - questo è stato un mio sogno per lunghi anni e adesso non riesco proprio ad apprezzarlo. Sono finite le montagne di panni, finito il caos nelle stanze dei figli; nella preparazione del pranzo sbaglio quantità ed il cane che da anni riceve gli avanzi della nostra tavola ingrassa a vista d’occhio.
Ogni tanto mi siedo nella stanza di mio figlio e contemplo le sue macchinette ed i suoi libri, apro i suoi armadi e trovo una gran quantità del suo vestiario, ma invece della creazione di un “sacrario” mi domando che cosa aspetta a liberarmi armadi e scaffali perché sotto sotto avrei un progettino per ingrandire la cucina, togliere la sua stanza e parte del corridoio per fare un grande ambiente dove accogliere tutti, figli, genero e nuora e tra un po’ anche la loro prole. Le lacrime non hanno fatto in tempo a sgorgare e mi sposto nella camera di Cristina dove troneggiano ancora tutti i suoi peluche.


Magari qui posso dare libero sfogo alla mia disperazione, ma aprendo un suo armadio mi accorgo che ci sarebbe posto per mettere le camicie di mio marito che sulle stampelle rimarrebbero più stirate, e magari anche i vestiti belli che nel mio armadio sono troppo pressati. Cacciate indietro le lacrime metto in atto i miei propositi. Mi devo ricordare di dirle che voglio anche i cassetti liberi!
Mi sento come una tartaruga che dopo la tempesta tira fuori la testa per vedere se il mondo ancora esiste. Mi vengono in mente i tanti sogni nel cassetto che si sono accumulati. Adesso avrò finalmente il tempo di andare per musei, godermi dei concerti e, perché no, realizzare il sogno dei sogni: prendermi finalmente una laurea. Non ho le idee chiare sull’argomento perché la laurea in medicina agognata da giovane non è più attuabile. Meglio che rinuncio anche a matematica fino che scambio i logaritmi con i bioritmi e le equazioni mi fanno ricordare un temporale tropicale. La storia dell’arte sarebbe oltremodo interessante, ma dato che non dispongo di alcun talento artistico, temo che non sarei molto credibile. Meglio imparare qualche lingua nuova.......
Ma dove è andata la mia disperazione, dove le mie lacrime? Da un po’ di giorni mi alzo la mattina e non so dove trovare il tempo per fare tutto: mio marito ha bisogno di me, i miei figli mi interpellano per le cose più svariate, il volontariato che avevo interrotto un anno fa mi reclama, i miei suoceri hanno bisogno di aiuto. Il cassetto dei miei sogni si richiude, i progetti sono rimandati ad altra data.
Non sono in pensione, ho solo cambiato posizione: avrei voluto continuare a suonare il primo violino nell’orchestra e non avevo capito quale onore consiste nell’essere invece il maestro del primo violino.