Torna a marzo

home

Gli articoli delle pagine 2-3-4-5-6:
Nuovi itinerari e vecchie tradizioni
Nanni all'attacco
Talk-Show purchè se ne parli
Scrittura e personalità





Grafologia
Mamma mia dammi cento lire
Elemosina o integrazione?
Vanilla Sky

pagina 2


IL SORRISO DELLA REGINA
di Barbara Felici 

La poesia che pubblichiamo, tratta da una rivista del 1909, è dedicata "a Sua Maestà Elena Regina d'Italia", moglie di Vittorio Emanuele III, nonno dell'attuale Vittorio Emanuele. Ormai che l'esilio dei Savoia, iniziato con Umberto II detto 'il Re di Maggio' perché regno' solo nel maggio del 1946, sta per terminare, forse è opportuno conoscerli meglio. I Savoia dell'unità d'Italia non sono dei Savoia "puri", il cui ultimo rappresentante fu Carlo Felice, ma appartengono a un ramo cadetto, quello dei Carignano. Carlo Alberto infatti non era figlio di Vittorio Emanuele I mai bensi' di Carlo Alberto di Carignano. Fu la legge salica, quella che vietava la successione al trono alle donne, a consentirgli di succedere a Vittorio Emanuele I, il cui figlio maschio era morto. Ma non bisogna pensare che le cose per Carlo Alberto fossero andate tanto lisce, non erano mancati infatti intrighi volti ad escluderlo dalla successione. Dopotutto la prima figlia di Vittorio Emanuele I era sposata al Duca di Modena, un Asburgo, e Metternich avrebbe volentieri abolito la legge salica pur di favorirne l'ascesa al trono. Non ci riusci' per la fiera opposizione di Talleyrand; i francesi non avevano nessuna voglia di vedere un austriaco a Torino. Tornando ai giorni nostri, c'è un altro Savoia che abbiamo imparato a conoscere. Si tratta di Amedeo, III Duca d'Aosta, garbato signore che le cronache indicano impropriamente come cugino di Vittorio Emanuele, e preferito a quest'ultimo da una parte consistente dei monarchici. Ma quale posto occupa nella linea dinastica dei Savoia? Ebbene discende da quell'omonimo Amedeo, I Duca d'Aosta, figlio di Vittorio Emanuele II; questi era il primo dei due figli di Carlo Alberto e padre di Umberto I, bisnonno dell'attuale Vittorio Emanuele. Abituiamoci a sentir parlare di loro perché nonostante i proclami dai quali si sono fatti precedere, è improbabile che rientrino per passare inosservati. E speriamo bene. Tanto per la cronaca, non sarà male ricordare che Umberto I lasciò l'Italia il 13 giugno 1946: cioè quando già si conosceva il risultato (favorevole alla Repubblica) del Referendun Popolare del 2, ma prima dell'annuncio ufficiale da parte della Corte di Cassazione, avvenuto solo il 18. Questo 'tempismo' gli consentì di non riconoscere esplicitamente, né allora né poi, il verdetto popolare. 


FIORE POETICO

Qual sorriso d'aurora a noi venisti
Dal balzo opposto dell'adriatica riva;
T'avvolse onda di plausi, e ne gioisti
Mite, Modesta e pur fulgente Diva

Sposa, madre, regina, in Te s'avviva
L'alta idea della donna: e al trono acquisti
Affetto nuovo e salda fede e viva,
Vincol di pace, il cui valor sentisti.

Dolcezza di pietà t'arride in core
Il duol temprando al misero; e il tuo serto
Virtù, saggezza ingemmano ed amore,

Salve, o Donna regal, ti danzin l'ore
Festose, agili, care, e ben n'hai merto,
A Te che sei d'Italia il più bel fiore.


Carlo Augias

 

 

 

 

 

 

 


NUOVI ITINERARI
E VECCHIE TRADIZIONI
di Lea Mina Ralli

Che il mondo sia cambiato non è una novità, ma mai come ora c'è una ricerca appassionata per riportare in auge le antiche tradizioni . Ne sono interessati, specialmente, gli Enti preposti alla promozione turistica che organizzano speciali gite e viaggi al solo scopo di rivalutarle. 
Pertanto i nuovi itinerari si orientano verso le date delle feste patronali di ogni luogo, per riunire le persone del posto magari per ridare lustro alle vecchie ricette di piatti usuali che acquistano, in questo modo, il sigillo DOC al quale tutti aspirano. Abbiamo visto che i mass media, riserbano spazi rilevanti ai costumi di ogni paese presentato e, soprattutto ai prodotti tipici del luogo. 
I nuovi itinerari delle guide turistiche mirano, soprattutto, a far conoscere questi aspetti senza trascurare le visite culturali nel senso stesso della parola.
Questa rubrica intende presentarne qualche aspetto significativo prendendo in esame alcuni luoghi che più attraggono i viaggiatori della "domenica" che stanchi dalla vita cittadi
na intendono conoscere meglio la Provincia. 
E la provincia di Roma ha molto da offrire se si considera che molte tradizioni sono etrusche e sabine.
Un itinerario attraente potrebbe essere quello naturalistico, che prendendo il via dalle aree nord ovest e litorale sud della capitale si spingono alle verdi vallate della Tolfa fra boschi Da Civitavecchia a Torre Astura si susseguono spiagge e centri abitati che dal mare hanno tratto vita e sostentamento. Come affascina la visione di ruderi che raccontano vite campestri svolte fra campi di grano e vigneti. 
Come non parlare dei Castelli che sono il polmone della città in cui convogliano prodotti ancora coltivati coi sistemi primordiali che conservano gli antichi sapori che sono la base insuperabile di una cucina semplice e sempre ricercata dai buongustai di ogni parte del mondo
Volta a volta prenderemo nota degli itinerari più visitati e delle tradizioni che non debbono essere dimenticate. 


pagina 3

NANNI ALL'ATTACCO
di Giuseppe Trabace


Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Nanni Moretti, il regista feticcio della sinistra, dimentica il suo mestiere di uomo di cinema spesso efficace, parte all'attacco contro i politici attualmente al vertice dell'Ulivo ed, infine si scatena guidando un girotondo alternativo di delusi della sinistra.
La prima scena si svolge a Roma in Piazza Navona. Il giorno è sabato 2 febbraio, la manifestazione politica è stata indetta dalla coalizione dell'Ulivo per denunciare per l'ennesima volta la politica del Governo Berlusconi sul tema della giustizia. Il rito, in una piazza semivuota, comincia con i soliti, forse scontati, interventi dei leaders dei vari partiti. Un "carneade" di Firenze, tale professor Pardi, sale sul palco e scalda la piazza accusando i vertici dell'ulivo di tiepidezza verso le malefatte del Governo di centro destra. E' il momento giusto. Il regista romano afferra il microfono e, con voce un po' afona per la rabbia repressa, denuncia la crisi che attanaglia gli uomini del centro sinistra da Rutelli a Dalema a Fassino. Moretti predica che altro ci vorrebbe, sul piano della lotta politica senza quartiere, contro un Berlusconi che, attraverso l'imbonimento delle televisioni di sua proprietà, si accaparra i voti dei poveri elettori. Lancia, infine, il suo monito che ci vorranno generazioni per scacciare l'odiato centro destra dal governo del paese "perché con questi dirigenti non vinceremo mai. Gli elettori della sinistra di oggi non meritano lo spettacolo penoso dei loro vertici". La seconda scena si svolge a Roma in Piazza Cavour domenica 17 febbraio. La manifestazione consiste in un girotondo attorno al Palazzaccio, sede della Corte di Cassazione, di rappresentanti della società civile per protestare - tanto per cambiare! - contro "le recenti iniziative politiche del Governo sui temi della giustizia". Il girotondo è convocato non da politici di mestiere per carità. 
Ci pensano un gruppo di donne, naturalmente "apolitiche", ma che - guarda un po'! - si dichiarano "stufe di assistere impotenti all'autodistruzione dell'Ulivo". Arrivano circa 5000 persone tutte apolitiche. E chi ne dubita? 
Al centro della scena il divo Nanni con i capelli scomposti e elegante giacca di velluto sulla camicia azzurro mare. Il suo sguardo si fissa sulla folla vociante e poi maestosamente respinge la richiesta dei suoi fans di candidarsi alle prossime elezioni. Infine guida allegramente il girotondo mentre la gente urla: "resistere, resistere!", naturalmente contro l'antidemocratico Governo di centro destra. Ci sarebbe un terzo scenario ed è il raduno degli intellettuali convocato dallo stato maggiore dei DS il 22 febbraio a Roma all'Istituto S.Michele. 
Il problema è che in questa sede ufficiale il Moretti alternativo presenzia ma non parla. Questa la cronaca che ci dà anche l'immagine della crisi di un'opposizione statica e dei suoi capi divisi fra loro ma ben attenti a non perdere fette di potere personale. Pare abbastanza evidente che le sparate populistiche di Moretti hanno certamente fatto breccia nei militanti più radicali e che i responsabili dei DS si sono affannati ad esibire aperture verso lui e verso quella classe intellettuale che milita a sinistra. Marcata peraltro l'insofferenza del celebre attore -regista verso chi non la pensa come lui. Non è una novità. In passato le sue rabbiose invettive si sono rivolte verso il centro destra ma anche verso il mondo della sinistra rappresentato da Rifondazione comunista. Moretti- assieme a molti intellettuali schierati a sinistra- sogna semplicisticamente che con una valanga di no ad ogni iniziativa del Governo in carica si possa raggiungere l'optimum. A lui importa poco il ruolo delle opposizioni nelle democrazie avanzate o che le critiche distruttive siano di scarsa utilità ai cittadini desiderosi di risposte concrete ai molti problemi sul tappeto, quali la disoccupazione, la malasanità, la progressiva distruzione dell'ambiente naturale. Le sue performance pubbliche con evidente, forse studiato, impatto mediatico hanno vasta eco e questo a lui sta bene. Non a caso l'acuto critico televisivo Enrico Ghezzi, inventore di "Blob", in sede di commento al "fattaccio" di Piazza Navona, ha detto: "Nanni è affetto da narcisismo come un eroe del grande fratello". 


Talk
-show, 
purchè se ne parli
di Giuseppe Trabace

Apriti cielo! Il miniscandalo del momento è il gran rifiuto dei tre parlamentari del partito della Quercia Angius, Melandri e Morando a partecipare al popolarissimo talk show della prima rete televisiva Porta a porta. Le roventi critiche di Nanni Moretti sui comportamenti degli uomini al vertice dei DS avevano indotto a programmare una trasmissione che avrebbe affrontato il tema della crisi della sinistra.
Piccate le rimostranze di Bruno Vespa, navigato ideatore e conduttore del programma, per il quale le ragioni del rifiuto consisterebbero nel timore di quei dirigenti politici di mostrare al pubblico le divisioni sulle linee politiche esistenti all'interno del loro partito. L'unghiata potrebbe aver colpito nel segno e, purtuttavia, sembra che nel bel paese commetta peccato mortale chi dice di no a Vespa…. Il dato è che i programmi televisivi sull'attualità, mandati in onda di solito a tarda sera, hanno un grande successo di pubblico. Si spazia dalla politica ai truci delitti che ammorbano l'Italia dai festival di canzonette alle infinite discussioni sulla giustizia e via continuando. I Vespa, i Costanzo, i Santoro sono i grandi manovratori di questa poltiglia mediatica sapientemente manipolata. La notizia, l'avvenimento, lo scoop vengono serviti a caldo, a volte superando i limiti del buon senso . Un esempio per tutti. Ai primi del 2001 il Presidente del Consiglio in carica, Amato, annuncia durante una trasmissione di Porta a Porta che non sarà il leader dell'Ulivo nella prossima campagna elettorale e che cede il "posto" a Rutelli. Evidentemente Amato ritenne, ed evidenti fini di immagine, che fosse quello il luogo "istituzionale" ove rilasciare cotanto annuncio! Trasmissioni, inoltre, tutte costruite a tavolino secondo tempi e rituali molto simili. Gli ospiti sono politici, esperti, giornalisti, studiosi accuratamente selezionati a seconda delle loro appartenenze di partito, culturali, sociali. Non manca mai per fare spettacolo la presenza di una diva o di una valletta che certamente mostrano le loro beltà ma che ben poco hanno a che fare con l'argomento della trasmissione. Il vero "dramma" è che il personaggio, per evidenti scopi autopromozionali, parla di ciò che non sa e l'informazione per l'utente perde colpi. Per la felicità della platea televisiva sempre presenti i sondaggi di esperti lautamente compensati. Infine, accuratamente scelto, l'ospite scomodo, quello che non ci stà e provoca senza freni. Passa dalle accuse agli insulti e, in casi estremi, alza pure le mani con chi lo contrasta. Interviene alla fine il conduttore sbraitando che non sono ammissibili tali comportamenti e minacciando di chiudere la trasmissione. L'audience nel frattempo sale e l'ospite "scorretto" dopo qualche settimana si ripresenta e con indubbia professionalità continua con le sue provocazioni su altro tema. Non può certo disconoscersi che a volte il talk show colga nel segno e attivi seri approfondimenti sui problemi della salute, della droga, delle battaglie civili. Purtroppo il virus dell'audience e dello spettacolo ad ogni costo è in agguato, pronto a produrre effetti perniciosi a fronte di avvenimenti di particolare e immediato impatto emotivo. In quei casi si rischia di dimenticare il nocciolo della questione e di assistere ad una scadente fiction con situazioni improbabili ed attori inadeguati.


pagina 4

Un corso alla volta
SCRITTURA E PERSONALITA'
di Barbara Federici


Mentre mi avvio per raggiungere l'aula indicatami, cerco di raccogliere le idee per vedere cosa so sull'argomento: mi rendo conto che non è granché. Non vado oltre la vaga convinzione che l'analisi di una calligrafia consente ad un esperto di determinare con buona approssimazione se una firma sia o meno autentica, nonché di delineare un profilo della personalità di chi scrive. Ebbene, sto andando nel posto giusto per saperne di più. Vengo accolta cordialmente dalla classe. 
L'insegnante, Eliana Baia, e le allieve Anna Maria, Giuliana e Carmela accettano di buon grado di rispondere a qualche domanda.
-Perché si sceglie un corso di grafologia?
-Carmela: naturalmente perché alla base c'è un grande interesse per la psicologia.
-Giuliana: certo, ma anche perché intriga l'idea di 'poterne sapere di più' (sugli altri naturalmente ndr). 
-Esiste un albo professionale specifico?
-Eliana: purtroppo no. Ci troviamo nella stessa situazione degli psicologi fino a pochi anni fa e questo crea spazio per i ciarlatani.
-Qual è il termine esatto per definire correttamente la professione dell'esperto in grafologia?
-Eliana: siamo periti grafici ed esperti calligrafi.
-Oltre all'insegnamento, evidentemente, quali sono gli sbocchi professionali 'classici'?
-Eliana: per lo più si tratta di consulenze peritali: i tribunali si servono della nostra consulenza per dirimere questioni legali incentrate sull'autenticità o meno di firme e testamenti olografi.
-Mi sono sempre chiesta: ma davvero da poche righe si riesce a determinare sesso, età, carattere di chi le ha scritte?
-Eliana: non esageriamo. Per analizzare una grafia anche noi abbiamo bisogno di focalizzare prima l'autore conoscendone sesso, età e possibilmente livello culturale.
-Sembrate affiatate, vi conoscevate già prima?
-Anna Maria: no, ci siamo incontrate qui. Io sono la più 'anziana' visto che frequentavo il corso già lo scorso anno. Se altri vorranno unirsi, saranno i benvenuti.
Il tempo è tiranno e devo scappare, quindi mi congedo ringraziando dell'ospitalità. 
Ma se volete saperne di più, andate a trovarle anche voi, vi accoglieranno con simpatia.
@ I siti di grafologia sono riportati nella rubrica “Internet” di questo giornale.

LA GRAFOLOGIA
di
Lea Mina Ralli

Scrutare dentro l’anima di ognuno
è stato sempre il sogno d’un poeta.
Un mezzo per far ciò si può trovare
nell’osservar scritture estrose e rare.

Difficile è vedere i sentimenti
che stanno proprio in fondo
alla coscienza
con i difetti che affiorano sovente
da un tracciato poco appariscente
e ciò che sembra sgorbio 
a prima vista 
è la rivelazione dell’artista.

La cosa misteriosa e più attraente
è comparare il rigo con la mente
ed ogni curva o linea o trattino
purché tracciato d’impeto, al naturale
notifica un carattere speciale
che potrà essere d’un genio 
o di un cretino.

Ma sempre il “forniveau” e “l’armonia”
usciranno nel modo più lampante
da una vocale o da una consonante.


 

 

 

 


pagina 5

"MAMMA MIA DAMMI CENTO LIRE"
di Giuseppe Trabace


La storia del nostro paese ha aspetti complessi ma certamente non può disconoscersi che gli italiani hanno saputo affermarsi nel mondo e conquistare l’apprezzamento degli altri popoli grazie anche a quel tumultuoso fenomeno migratorio che trovò il suo acme tra la fine dell’ottocento e i primi trent’anni del novecento. Una rievocazione di quel periodo storico in cui l’emigrazione esplose può essere di utilità per meglio comprendere quel fenomeno dei tanti stranieri che da circa vent’anni continuano ad entrare nel nostro paese con mezzi legali o, per la maggior parte, in clandestinità .
In Italia il censimento generale del 1861 attestò la presenza di numerose colonie di nostri concittadini in Europa e in America. Negli anni successivi la nostra emigrazione assunse caratteristiche di massa. Si ebbero picchi nel primo decennio del novecento di 1500-2000 italiani che emigrarono in tutte le parti del mondo per ogni 100.000 abitanti. Il paese ove maggiormente si sviluppò l’emigrazione italiana fu gli Stati Uniti d’America. Questa nazione per frenare questo flusso che pareva inarrestabile fu costretta per motivi di ordine pubblico ad adottare politiche duramente restrittive. Nel 1924 solo 4000 italiani riuscirono ad entrare legalmente negli Stati Uniti. Il flusso migratorio in quel primo periodo proveniva dalle zone contadine più povere del meridione, dall’Abruzzo e dal Veneto. Una massa di umanità senza lavoro o che dalle terre arse dal sole ed attraversate da una forte siccità ormai non ricavava nemmeno l’indispensabile per sopravvivere. 
Questi italiani, dimenticati dai Governi dell’epoca, con sacrifici enormi mettevano per anni da parte un gruzzolo per pagarsi il viaggio per quelle terre lontane. Sono rimasti tristemente famosi i viaggi per mare dei clandestini verso le due Americhe. Ammassati a centinaia su navi fatiscenti viaggiavano per circa 30 giorni in condizioni sub umane con scarso cibo, acqua rigidamente razionata, servizi igienici inesistenti. 
Una parte di essi lasciavano la vita in quell’inferno ed i sopravvissuti talvolta, a fronte dei controlli delle guardie costiere, venivano abbandonati in mare da chi era stato lautamente compensato. Coloro che arrivavano con mezzi legali erano sottoposti, specie negli Stati Uniti, a controlli sanitari accurati e fiscali e anche se affetti da malattie non infettive rimandati indietro nella loro patria di origine. Questi uomini, forse temprati dalle traversie per raggiungere la terra promessa, riuscirono, per la maggior parte ad affermarsi in paesi che, per molti anni, li accolsero soltanto per utilizzarli nei lavori più umili, se non umilianti. Persone, abituate alla sofferenza che lavorarono a testa bassa e si adattarono a tutto.Certamente ci fu chi, sviato dalle tentazioni di società opulente ed ed egoiste ovvero privo di lavoro e di ogni mezzo di sopravvivenza, entrò nella malavita del luogo o formò con altri connazionali gruppi di delinquenza organizzata ma fu una minoranza. Quella moltitudine di uomini e donne disperati riuscirono dopo anni di fatiche e di emarginazione sociale a scoprire un nuovo e più civile modo di esistere, diedero in molti casi un contributo essenziale allo sviluppo economico di quelle nazioni ove erano emigrati e oggi sono inseriti in pieno in quelle società. 
Nel periodo di più intensa emigrazione i Governi italiani dell’epoca non predisposero alcuna assistenza né morale né materiale ai connazionali in difficoltà. Eppure quelle persone con le loro rimesse in favore delle famiglie rimaste in Italia diedero un rilevante contributo al saldo positivo della bilancia dei pagamenti nazionale.. 
Solo nel secondo dopoguerra allorchè il flusso migratorio era calato il Governo italiano favorì l’emigrazione a carattere sia permanente che temporaneo istituendo apposite strutture presso il ministero degli esteri.. 
Gli eventi storici riassunti dovrebbero indurci a volgere uno sguardo diverso verso quell’umanità dolente che si rovescia quasi giornalmente sulle nostre coste. Uno sguardo che non può significare acquiescenza verso certi fenomeni criminosi ma che deve comprendere le esigenze insopprimibili di chi cerca seriamente una possibilità di sopravvivenza.


pagina 6

ELEMOSINA O INTEGRAZIONE?
di Barbara Felici


Per chi frequenta la metropolitana è uno spettacolo consueto: vedere arrivare accattoni con bimbetti al seguito, in braccio o tenuti per mano, e dopo aver proclamato con un discorsetto cantilenante il loro stato di indigenza, chiedono “solo cento lire per mangiare”. Pochi offrono, i più distolgono pudicamente lo sguardo fingendo interesse per un libro o una pubblicità, altri mostrano apertamente insofferenza, ma questi ultimi per fortuna sono una minoranza. Salta subito all’occhio che il mendicante tipo è cambiato: ormai solo quelli con evidenti problemi mentali o di alcolismo appaiono laceri, sporchi o emaciati; gli altri sono mediamente in buone condizioni generali. Le associazioni di volontariato per l’assistenza hanno fatto notevoli progressi, tanto che in questa nostra opulenta Europa occidentale nessuno muore più di fame. Talvolta è vero, qualcuno muore di freddo, ma gli addetti ai lavori ci hanno spiegato come taluni rifiutino di alloggiare nei ricoveri predisposti per i senza tetto perché insofferenti anche a quel minimo di norme indispensabili per usufruire di uno spazio comune. Il problema vero, quindi, più che di sussistenza è di integrazione. Non di facile soluzione certo, ma forse un buon inizio è quello di cominciare a porci delle domande. Cosa succede quando diamo l’elemosina a un bambino? Di sicuro noi ci sentiamo a posto con la nostra coscienza, ma purtroppo lui si ritrova a essere un soggetto economico. Se produce reddito i genitori continueranno ad utilizzarlo in questo modo senza mandarlo a scuola, e c’è poco da scandalizzarsi visto che anche nell’Italia contadina di poco più di mezzo secolo fa i figli lavoravano nei campi fin da piccoli. La differenza è che nei campi imparavano un mestiere, ma soprattutto imparavano a “faticare” per vivere, mentre chiedere l’elemosina li abitua a prendere dove c’è. Fin che sono abbastanza piccoli da intenerire servono per l’accattonaggio, una volta più grandicelli passano ai borseggi per finire la carriera come ladri. E’ un percorso obbligato, le cui tappe sono sotto gli occhi di tutti noi che ne subiamo le conseguenze, non hanno scampo. Le eccezioni devono essere rare. Cosa succederebbe invece se, per tacito accordo, nessuno facesse più l’elemosina ai minori? Di sicuro nulla di percettibile nell’immediato, ma per gente abituata da sempre a contare sul fatto che basta uscire in strada con un pargolo in braccio o per mano per ‘guadagnarsi’ la giornata, non si tratterebbe di un cambiamento di poco conto. Non abbiamo modo di sapere con certezza come reagirebbero, ma non è irragionevole sperare che sarebbero comunque più incentivati a mandare i bambini a scuola, se non altro per essere più liberi. In fondo succede anche a noi, tanto è vero che uno dei motivi per i quali l’introduzione della settimana corta nelle scuole non decolla è dato dal fatto che quei genitori che lavorano non saprebbero come “parcheggiare” i figli. Ecco quindi il primo vantaggio concreto: gli adulti costretti a considerare il bambino come una entità di cui occuparsi e non come uno strumento per sopravvivere. Ci sono poi da considerare i vantaggi offerti dalla frequentazione scolastica. E’ riduttivo pensare solo all’istruzione, anche se importantissima, perché altrettanto importante è l’influenza che può esercitare su una giovane mente il contatto diretto e quotidiano con una società tanto diversa. Che certo non è perfetta, ma almeno presenta il merito innegabile di essere incentrata sul concetto sacrosanto che per vivere si deve lavorare. 
Chi lo dice che solo le soluzioni complesse siano efficaci? A volte piccole strategie mirate possono produrre effetti sorprendenti. Inoltre, non è forse caritatevole offrire una opportunità di integrazione? Quanto meno, pensiamoci su. 


VANILLA SKY
di Gabriele Ponti

Il confine tra la realta’ e il sogno:la linea di demarcazione che li separa e’ cosi’ sottile che facilmente non si e’in grado di distinguere in quale di questi due stati ci si trovi.
Il lungometraggio che e’ stato presentato in anteprima nelle sale cinematografiche italiane all’inizio del mese di febbraio ha riscontrato un grande successo presso il pubblico, probabilmente per la sua trama che affronta in modo sorprendentemente critico e analitico un tema comune a tutto il genere umano: l’esistenza. In realtà la produzione di questa pellicola e’stata possibile grazie al thriller romantico “Apri gli occhi”del quale puo’ considerarsi una “cover”. 
La vita di David Aames e’ perfetta:forse troppo, non c’e’ piu’ nulla che riesca a regalargli delle emozioni vere e proprie finche’ un giorno non incontra la ragazza dei suoi sogni grazie alla quale la sua esistenza riceve nuova linfa vitale,che pero’non dura a lungo poiche’ a causa di un imprevisto la perde.
Da questo momento lo stato psicologico del protagonista precipita sempre di piu’ in un baratro senza fine profondo come i misteri della mente umana,dal quale David uscira’grazie all’ausilio di una nuova tecnologia,con la quale si riesce a controllare il pensiero umano a proprio piacimento in base a dei parametri inseriti in un computer al momento del decesso,con la speranza che un giorno la scienza consentira’ di risvegliare il corpo precedentemente congelato.
Non e’necessario aggiungere altro alla trama della pellicola; a voi lettori,se seguirete con attenzione ogni piccola sfumatura,sara’ riservato un finale apparentemente poco attinente ma in realtà perfettamente congruo con il filo logico che traspare sin dalle prime scene.
Per concludere un film che merita di essere visto anche se, potrebbe essere stato sconsigliato,da chi probabilmente non avendo percepito il messaggio del regista, lo ha ritenuto un esperimento mal riuscito di cinema psicologico contemporaneo alquanto prolisso e discontinuo.