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CINEMA

Il nostro giornale

Moro, il rimorso dei terroristi 
nella critica al film "Buongiorno notte" di Giuseppe Trabace

LONTANO DAL PARADISO
 FILM DI RIEVOCAZIONE DEGLI ANNI 50
UNA DONNA CORAGGIOSA
di GIUSEPPE TRABACE

Quella famiglia americana, immersa in una natura splendida, pare vivere dolcemente addormentata nel benessere. Tutto nell’anno 1958 sembra andare per loro nel migliore dei modi, eppure stranamente quella felicità sembra sfiorata da ombre misteriose che pian piano si trasformeranno in  realtà dolorose.  
Questo il significato del film “Lontano dal paradiso“, ambientato in una città di provincia nello Stato del Connecticut, che vede il giovane regista Todd Haynes  affrontare le vicissitudini di un nucleo familiare all’interno di una realtà ovattata ma in cui i problemi del sesso e della emarginazione razzista covano sotto la cenere pronti a venir fuori nei momenti di crisi.
La famiglia Whitaker vive agiatamente e tranquillamente in una bella villa. Il padre Frank è l’impegnatissimo direttore delle vendite di una importante società. La madre Cathy è una tranquilla signora biondo platino dell’alta borghesia, sempre esageratamente  sorridente e vana,   spesso circondata da altre signore dedite solo a frequentare mostre d’arte ed a chiacchierare con un pizzico di cinismo sui guai degli altri. Due frugoli, un maschio e una femmina, un po’ scalpitanti, completano la famiglia.
Dura si affaccia la realtà quando Cathy scopre che il consorte ha una seconda vita da molti anni. Lui è un omosessuale e allaccia relazioni con uomini diversi. Frank piagnucola la propria infelicità  ma non si esime  dallo scaricare rudemente sulla moglie le sue insoddisfazioni e la paura che la sua “colpa” si venga a conoscere. Cathy reagisce con dignità ed è pronta ad occultare tutto anche perché si rende conto che la comunità perbenista in cui vive  non avrà dubbi nell’ espellere quel frutto infetto. Donna inaspettatamente coraggiosa, non aiutata in nulla da un uomo egoista,  trova consolazione nell’amicizia del nero Raymond, giardiniere nella sua casa. Siamo ai tempi della segregazione verso la gente di colore e la reazione della gente verso questo innocente rapporto giunge alla violenza. L’amicizia tra i due, che sembrava preludere a qualcosa di più profondo, sfiorisce per volontà della donna., decisa a tutelare la sua famiglia. La situazione si complica quando quel marito decide di andare a convivere stabilmente con un uomo. Cathy è sola abbandonata sprezzantemente anche  dalle presunte amiche che ormai sanno. Questa donna  non cesserà di battersi per sopravvivere fra l’ostilità di tanti. La sua vita per le chiusure del mondo che la circonda è segnata ma lei, priva della libertà di scegliere, farà fino in fondo il proprio dovere di madre e di donna priva di pregiudizi.
Film scritto e diretto con abilità da un Todd Haynes che ha voluto ricostruire in stile melò  quel mondo spesso ipocrita della provincia americana negli anni 50. L’ambientazione è perfettamente ricostruita, la fotografia di Edward Lachman si sofferma morbidamente su quelle ville così linde e raffinate, su quella vegetazione tanto stupenda per mostrare il contrasto con le tensioni e i dolori di chi vive in quei luoghi. Gli interpreti sono efficaci. Protagonista della storia  è Julianne Moore che per questo film  ha vinto alla Mostra di Venezia la coppa Volpi come migliore attrice. Riconoscimento meritato per come ha saputo mostrare da prima la maschera fatua impressa sul suo volto e poi quello stesso viso ormai segnato dal dolore e dalle umiliazioni.  Il marito è ben disegnato con le sue nevrosi e i suoi scatti isterici da Dennis Quaid, anche se la sceneggiatura non sempre è di aiuto per comprendere i suoi comportamenti. Dennis Haysbert recita con misura e umanità la parte del nero Raymond.
Un film da vedere per chi predilige storie intense che mostrano senza reticenze lo spaccato sociale di mondi a noi lontani.  


Pasolini: Le Borgate di Roma
PASOLINI, LE BORGATE DI ROMA
di Giuseppe Trabace

La scoperta di un autore come Pier Paolo Pasolini, artista poliedrico costituisce sempre un viaggio  affascinante. Fu poeta, scrittore, polemico giornalista di costume, critico letterario, autore teatrale ed, infine, sceneggiatore e regista cinematografico. Per quest’uomo e artista, amato ma anche discusso, gli approfondimenti sui suoi diversi mezzi espressivi sono indispensabili per entrare nel complesso contesto culturale delle sue opere.
Marcello Teodonio, animatore al teatro Vittoria dei “Tè letterari”, ha proposto venerdì 13 dicembre ad un attento pubblico il tema della Roma “borgatara” descritta dal cinema del poeta friulano. Il discorso critico è stato integrato dalla proiezione di spezzoni di alcuni film da lui diretti negli anni 60.
Pasolini, già poeta e critico affermato, iniziò negli anni cinquanta  un’apprezzata attività di sceneggiatore che ebbe il suo apice nel film del regista Mauro Bolognini “La notte brava”. La poetica degli emarginati della Roma “palazzinara” traeva spunti evidenti dai suoi romanzi di successo ”Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”. Era un mondo che lo affascinava, nelle sue brutture ma anche nella sua “naturale” prepotenza. Nel 1961, spinto dalla voglia di parlare al pubblico con l’immediatezza dell’immagine, da sceneggiatore passa al ruolo demiurgico di regista con il film “Accattone”. Il film si distinse per la disincantata “semplicità” delle immagini e per un dialetto romanesco finalmente non farsesco ma che si eleva al ruolo di una lingua diversa. Particolare quest’ultimo corroborato da una recitazione, forse poco professionale, ma autentica di persone prese dalla vita. La storia è quella del sottoproletario di borgata, detto Accattone, la cui vita infelice si trascina tra piccoli furti e la sua attività di lenone. Amici irridenti attorniano il protagonista ma anch’essi paiono condannati dal loro vivere la sconsolante realtà delle borgate romane. L’unica fuga dalla realtà Accattone la trova nel sogno ma anche questa evasione sfocia in un senso di morte e nella consapevolezza di un fato avverso. Accattone, infine, tenterà un ultimo furto. Scoperto in flagrante dalla polizia fuggirà disperato con la sua moto e in un tremendo impatto  perderà la vita. Significative sono le  ultime parole di quest’uomo prima di spirare: ”Mò sto bene”.
Il pubblico e la critica mostrarono di apprezzare quest’opera con le sue immagini coinvolgenti e di sofferta verità e Pasolini, ormai entusiasta della macchina cinema, diresse nel 1962 “Mamma Roma”. Un film che segnò l’incontro artistico con la grande attrice Anna Magnani, autentica portavoce del cinema neorealista inventato dal regista Rossellini. La trama è quella di una ex prostituta che ritorna alla vita normale per essere vicina all’amatissimo figlio sedicenne e dargli finalmente una casa, sia pure nel ghetto di una borgata. Illusorie saranno le speranze di riscatto della donna. Ricattata con ferocia dal suo vecchio protettore tornerà al “mestiere” tanto odiato. Il figlio, deluso e condizionato dall’ambiente sordido della periferia romana più povera, entrerà nel giro della piccola delinquenza. Il film si conclude tragicamente. Il ragazzo sarà arrestato e, abbandonato da tutti e con la madre impossibilitata ad aiutarlo, dopo una lunga notte di agonia morirà di freddo su un letto di contenzione del carcere. Film di cruda denuncia sulle ingiustizie di una società egoista ci mostra nella scena finale una Magnani stravolta nel suo atroce dolore  di madre cui viene strappato senza pietà l’unico vero affetto della sua triste vita. Questa pellicola , che ci mostra da lontano l’immagine della Roma dei privilegiati,  ebbe accoglienze disuguali dalla critica che ne apprezzò la sincerità ma rilevò alcune pecche, come la disomogeneità tra la recitazione professionale della Magnani e quella spontanea ma approssimativa degli altri interpreti.
L’ultimo film su Roma di Pasolini è un episodio del film “Rogopag” del 1965 intitolato “La ricotta”. Cinema nel cinema, la storia è ambientata nei prati della periferia romana dove si girano delle scene sulla crocifissione di Gesù Cristo, sotto la regia del mitico Orson Welles, nella parte di sé stesso. La trama si sofferma,  usando la chiave grottesca, sui caratteri di tutti coloro che partecipano alla realizzazione del film. C’è il regista che esibisce tutta la prepotenza culturale di un marxista “benestante”. Vi sono gli attori protagonisti gonfi di spocchia divistica. Le immagini si soffermano soprattutto su comparse ,del tutto indifferenti alla realizzazione del film, ma che si adoperano con disinvoltura per sbarcare il lunario. Fanno parte degli emarginati della capitale e tra essi il più disastrato è un buffo ometto detto Stracci. A quest’uomo, oppresso da una fame terribile, viene offerta dai compagni di lavoro con scherzoso dileggio della ricotta. Stracci si ingozza senza alcun freno e muore di indigestione. Per suprema ironia, condita di amarezza, il decesso avviene  durante le riprese del film, mentre si gira la scena della crocifissione con Stracci nella parte del ladro cattivo.
Favola simbolica, servita da immagini stupende, questo piccolo film è considerato da molti critici il capolavoro di Pasolini, che concluse brillantemente la sua trilogia su Roma.    

Pasolini